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Omelia X Domenica Tempo Ordinario anno A del 5 giugno 2005

5 Giugno 2005 - X DOM. T.O. A - Os 6¸3-6; Rm 4¸18-25; Mt 9¸9-13 Questo episodio del Vangelo¸ che sembra facile¸ è anche questo complicato. Io segnalo soltanto alcune cose¸ poi ci pensate voi. Per capirlo¸ bisognerebbe¸ per esempio¸ sapere cosa si intende quando si dice “Molti pubblicani e peccatori”. La parola pubblicano fa parte del gergo ecclesiastico¸ cristiano. Si ritiene che i pubblicani fossero gli esattori delle tasse¸ cioè¸ erano gli esattori delle tasse. Ma bisognerebbe precisare bene¸ nel mondo in cui Gesù viveva o¸ se volete¸ nel mondo nel quale Matteo scriveva¸ che è già diverso dall’ambiente nel quale viveva Gesù. Perché quando Matteo scrive il suo Vangelo¸ la Giudea è già stata invasa¸ distrutta¸ rasa al suolo dai Romani. Il tempio non c’è più. Perché il Vangelo di Matteo circola certamente dopo il 70 e i pubblicani non ci sono più. Quindi¸ per capire quali sono queste persone con le quali Gesù mostra di essere indulgente e misericordioso¸ bisognerebbe decidere cosa si intende¸ cosa si capiva allora di questa parola pubblicano¸ che¸ essendo seduto al banco delle imposte sembra essere uno incaricato di riscuotere le tasse. Questo per dire quanto è diffide interpretare i Vangeli in maniera onesta e corretta. Per esempio¸ trattando bene i pubblicani¸ che gli ebrei del tempo di Gesù odiavano¸ non soltanto perché riscuotevano le tasse – e dà sempre fastidio pagare le tasse – ma perché lo facevano in nome di un potere che¸ secondo loro¸ non era legittimo. In realtภessendo in Galilea¸ le tasse le avrebbero dovute riscuotere per Erode Antipa (non per i Romani¸ perché lí il governo era di questo tetrarca¸ arciduca che¸ a sua volta¸ doveva versare un contributo ai Romani) ma le tasse¸ di per se¸ erano riscosse da un sovrano indipendente. Gli ebrei ce l’avevano con lui. Però¸ trattando bene i pubblicani¸ questo voglio dire¸ Gesù faceva capire ai suoi ebrei contemporanei che bisognava invece rispettare l’autorità governativa? Cioè¸ c’è una scelta politica a favore del regime che sta dominando in quel tempo¸ nel modo di fare di Gesù? Il pubblicano lo segue¸ va in casa dei peccatori e pubblicani e dice “Questi hanno bisogno del medico! Certo vanno aiutati¸ ma io sono a favore di questi impiegati del governo che voi disprezzate.” Questa dimensione politica c’è nel testo? C’era nelle intenzioni di Gesù? Andrebbe valorizzata e sviluppata¸ per esempio¸ per ragionare se Gesù avesse uno spirito di lealtà nei confronti di chiunque governasse “Date a Cesare quel che è di Cesare”. Non so se avete mai riflettuto che per rispondere alla domanda Ma Gesù che cosa pensava del fatto che molte volte la popolazione non è contenta dei suoi governi¸ e Gesù¸ nel suo mondo¸ da che parte si è messo? Dalla parte della gente o dalla parte del governo? Si da per scontato che Gesù è contro il governo e dalla parte della gente¸ ma questo è un pregiudizio di sinistra¸ entrato dentro nella lettura evangelica che è tutto da dimostrare. Gesù sembrerebbe essere filo-governativo¸ non oso dire filo-cileno¸ ma è certo che Erode Antipa assomigliava di più a Pinochet¸ chi lo sa? Adesso salta fuori che Gesù era fascista! Un’altra piccola cosa. Siamo d’estate¸ quindi… Qui interrogate qualche grecista¸ se lo conoscete. Voi leggete il testo “Mentre Gesù sedeva a mensa in casa¸ sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui ed i suoi discepoli”. Checché ne dica il Veronese ed altri pittori¸ questa casa dove si svolge la cena¸ per uno che legge il Vangelo¸ cosí come suona in italiano¸ è la casa di Gesù. Non c’è scritto che sedeva a mensa in casa di Matteo¸ c’è scritto “Mentre Gesù sedeva a mensa in casa” e¸ per ogni buon lettore¸ è casa sua. Discutono gli esegeti su questa inezia¸ certamente¸ dove si è svolto questo banchetto¸ in casa di Matteo come hanno deciso i pittori o in casa di Gesù? Ma Gesù aveva una casa dove poteva fare i banchetti? E possibile che Matteo abbia invitato a casa Gesù¸ tutti i discepoli? “Si misero a tavola con lui e con i discepoli” . Dopo arrivano anche gli osservatori¸ perché è vero che nei banchetti antichi si andava a vedere il banchetto: loro mangiavano e attorno c’era la gente che guardava¸ ascoltava. Ricostruire tutte queste cose sarebbe interessante . Lo lascio a voi. Andate dalle Paoline a comperare qualche libro di esegesi¸ qualche vecchio libro sulla Palestina. Informatevi sulla realtà storica¸ sociale di questi ambienti. Risvegliate il vostro interesse per questo mondo¸ dal quale noi facciamo derivare le conseguenze che riguardano la nostra visione della vita. E le cose bisogna farle con accuratezza perchè ci sono tanti piccoli particolari¸ che forse io dico in maniera troppo scherzosa¸ ma sono di grande interesse. Detto questo a mo’ di antipasto¸ io volevo riflettere ancora con¸ se volete¸ un po’ di superficialità magari¸ su un tema che¸ liturgicamente¸ viene consigliato come il tema dominante questa domenica¸ cioè la frase di Gesù “Misericordia voglio e non sacrificio”. E qui c’è un altro piccolo problema¸ che purtroppo è irrisolvibile¸ quello delle traduzioni. Perché la stessa frase che è presa dal profeta Osea nella prima lettura¸ l’avete sentita¸ dice Perché voglio l’amore¸ non il sacrificio la conoscenza di Dio più che gli olocausti. In Osea c’è una parola ebraica che in italiano qui è tradotta amore¸ nel vangelo c’è misericordia. E qui se avessimo tempo¸ bisognerebbe star qui un’ora a ragionare su questa cose perché bisognerebbe andare a vedere se la parola ebraica è giusta tradurla amore¸ perché in molte bibbie è tradotta fedeltà. Come mai nella traduzione greca divenne una parola che¸ di per se¸ va tradotta pietà “eleos” in greco¸ che è come la “pietas” latina. Che non è la misericordia¸ è la venerazione¸ è una virtù religiosa¸ la “pietas”. Che poi viene tradotta misericordia. E anche qui bisognerebbe stare attenti perché da questo slogan si tiran fuori poi dottrine¸ concezioni. Quello che poi volevo dire¸ infine¸ è un’altra cosa ancora.. Che questo slogan Misericordia voglio non sacrificio¸ se viviamo in un regime dittatoriale¸ oppressivo¸ come forse era quello dei farisei del tempo di Gesù¸ dove il peccatore vien segnato a dito¸ dove quello che ha commesso un’infrazione viene emarginato¸ umiliato¸ allora è giusto dire che Dio si ribella di fronte a questa discriminazione verso il peccatore e dice: “Ma no¸ misericordia voglio. Non andate in chiesa a fare sacrifici e poi maltrattate l’adultera¸ maltrattate il peccatore ¸ trattate male l’agente delle tasse. Misericordia”. Ma in una società permissiva come la nostra¸ in una società dove è lecito tutto¸ dove si liberalizza la droga¸ dove è reato soltanto lo sfruttamento della prostituzione ma non la prostituzione¸ dove si può praticare l’eutanasia¸ c’è ancora bisogno di misericordia? Voi avete l’impressione che in Olanda ci sia bisogno di misericordia? Per i poveri drogati e oppressi¸ per i poveri peccatori incatenati e schiavizzati? Forse c’è bisogno di un po’ di rigore¸ non di misericordia. Misericordia per chi poi? La frase¸ strappata dal suo contesto¸ dove il rigorismo farisaico effettivamente era come da noi al tempo dell’inquisizione. Ecco¸ capisco lí sí¸ si poteva dire “Un po’ di misericordia¸ un po’ di tolleranza”. La frase trasportata in un altro mondo¸ come il nostro¸ è controproducente¸ dice l’opposto di quello che probabilmente Matteo voleva dire. Io direi che oggi sarebbe più¸ non so se è più cristiano¸ ma sarebbe più logico dire “Un po’ di rigore” non di misericordia. Si tollera tutto. Non si può più criticare niente! Di fronte al “Gay pride” in corso a Milano si dice “Vogliono anche loro misericordia¸ possono fare tutto¸ ostentare tutto”. E devo predicare misericordia o tollerare? Eh no¸ al massimo predico buon gusto¸ ecco¸ buon gusto non sacrificio¸ un pochino di riservatezza¸ bon ton. Ci sarebbe altro di più serio da dire perché con la frase Misericordia¸ non sacrificio è nata anche l’abolizione protestante del culto che dal mondo greco – romano¸ e anche in quello ebraico¸ se volete¸ fosse necessario dire “Piantatela di far consistere la religione in un’attività di macelleria”¸ perché anche nell’impero romano tutti i santi giorni si ammazzavano delle bestie per offrire agli dei il sangue e il grasso e quella era considerata religione. Io capisco che in quel mondo era indispensabile e ci vogliono tre o quattro secoli per dire “Basta¸ la religione è un’altra cosa! Pietà voglio¸ amore voglio”: come diceva bene Osea “Conoscenza di Dio non sacrificio”. Ma in un mondo come il nostro¸ nel quale la religione non solo non fa più sacrifici di animali¸ e giustamente¸ ma in cui sta scomparendo anche qualsiasi manifestazione esterna di culto¸ perché è piccolo il passaggio Misericordia voglio non sacrificio¸ misericordia voglio non riti¸ misericordia voglio non esterioritภmisericordia voglio non culto¸ misericordia voglio non l’andare a messa alla domenica. E¸ allora¸ la frase serve per demolire la manifestazione pubblica della religiosità e¸ soprattutto¸ per abolire la dimensione sacramentale. E¸ al tempo dell’origine del protestantesimo¸ soprattutto nella sua forma riformata il Misericordia voglio non sacrificio¸ inteso nel senso “religione del cuore¸ religione della coscienza¸ voglio – non del rito esterno”¸ si spogliarono le chiese. Ecco perché le chiese protestanti¸ soprattutto riformate¸ sono sempre chiuse e di dentro non c’è niente. Perché interiorità voglio¸ non sacrifici. La religione è una questione di coscienza. Tutto questo non è cattolico. Perché poi¸ andando avanti nella messa¸ prima della consacrazione¸ voi dovete fare attenzione alle parole che si dicono “La notte in cui fu tradito¸ ci ha comandato di celebrare questi misteri”. Il non sacrificio significa non sacrificio di vitelli e di agnelli¸ ma Gesù ci ha comandato di celebrare questi misteri. Si chiama sacrificio della messa. Secondo la fede cattolica¸ Gesù vuole il culto¸ vuole la celebrazione dei misteri¸ ritiene che la religione interiore non sussiste se non c’è la forza del sacramento che la sostiene e il sacramento passa attraverso un rito. Attenti¸ quindi¸ a non applicare una parola che demolirebbe tutta la spiritualità cattolica¸ e¸ anche in parte anglicana e luterana non riformata. A Bari hanno fatto un congresso eucaristico dove hanno cercato di dire che è il rito sine dominica non possumus vivere. Non è senza la domenica non possiamo vivere. Anche. Ma vuol dire senza la presenza del Signore nel rito non possiamo vivere¸ dissero dei vecchi martiri. E a Bari i vescovi italiani han cercato di ribadirlo. Senza la celebrazione¸ senza la ritualitภsenza la manifestazione pubblica¸ senza il sacramento non c’è cristianesimo. Se voi prendete una frase¸ la estrapolate dal contesto¸ dimenticate che fu detta ad un mondo opposto al nostro¸ Misericordia voglio allora che cosa? La tenerezza al posto della preghiera? Il cip cip al posto del culto della messa? “Non conta venire a messa alla domenica¸ quello che conta è amare”. Ecco¸ se Gesù ha detto questo¸ allora io da domani non sono più cristiano.