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Omelia VI PASQUA A del 17 maggio 2020

Domenica 17 maggio 2020 Il brano di Vangelo che leggiamo questa domenica è la continuazione di quello che abbiamo letto domenica scorsa senza saltare nessuna parola e c’è una relazione tra i due testi. Vi ricordate che la finale del testo di domenica scorsa era che “se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome io ve lo darò”¸ quindi era la certezza di essere esauditi nella preghiera. E il testo di oggi parla proprio di Gesù il quale è disposto ad ascoltare la preghiera che gli verrà fatta a una certa condizione come spiegherò fra poco. Quindi il tema è diventato¸ mentre là veniva esaltata la fede in Dio Padre e in Gesù adesso si continua parlando della necessità della preghiera. Posso fare anche un’altra osservazione cioè che anche questa volta quello che accade¸ quello smarrimento¸ quella specie di assenza di Gesù che è durata una quarantina di ore da quando è uscito dalla cena fino alla mattina della risurrezione¸ quella specie di vuoto e di smarrimento rimane sempre direi la fotografia anticipata di quello che poi accadrà continuamente nella storia. Per cui quando si leggono questi discorsi che Giovanni sta facendo – vi ricordate che tutti questi discorsi sono fatti dopo la lavanda dei piedi¸ prima di uscire e prima di andare nell´orto dove verrà arrestato¸ lo abbiamo detto anche domenica scorsa - ora quello che lui vuol dire è che questa specie di vuoto nel quale Gesù non è più accessibile¸ i discepoli non riescono più a capire dov’è¸ cosa vuole¸ come andrà a finire¸ questa specie di smarrimento totale si ripeterà molte volte nel corso della storia fino al ritorno di Gesù. Anche questa è una cosa che forse non ho detto la volta scorsa che però caratterizza questi brani di Giovanni. L’Apocalisse fa più o meno gli stessi ragionamenti¸ ma in una maniera cosí fantastica che noi non riusciamo a sfruttarlo quel libro¸ mentre il Vangelo di Giovanni in maniera molto più (…) ci fa capire che quei tre giorni della Passione¸ quelle poche ore¸ in quelle poche ore c’è dentro in un certo senso la chiave per interpretare come è difficile e cosa può succedere nel rapporto tra la miseria dell’umano e la grandezza del divino¸ quello che può succedere in questo incontro tra la volontà di Dio di spingere l´uomo a diventare buono sforzandosi di farlo e l’uomo che non capisce. Questo per comprendere la profondità di questo testo giovanneo. Allora vado avanti e spiego di che cosa si tratta. La condizione perché la preghiera sia esaudita può essere espressa in tre forme diverse. Questa è una parentesi un po´ scolastica però mi pare utile qualche volta dirle queste cose. I testi del Nuovo Testamento sono trasmessi a noi da antichi codici in pergamena normalmente¸ i più antichi risalgono al 900¸ prima del 1000¸ ma poco prima del 1000. Non ne abbiamo di più antichi¸ quindi sono codici che sono stati scritti¸ sono stati copiati continuamente¸ ma i testi in pergamena più antichi che noi possediamo sono del 900¸ prima del 1000. Per fortuna abbiamo trovato in Egitto recentemente¸ cioè nel corso del secolo scorso¸ fine del 1800¸ primi del 1900¸ abbiamo trovato dei papiri¸ alcuni anche con numerose pagine¸ il 46 e il 66 sono i principali¸ papiri che risalgono o alla fine del secondo secolo o all’inizio del terzo¸ ma sia nei codici sia nei papiri si trovano delle formulazioni di frasi molto differenti. Monsignor Ravasi¸ che è quello che insegnava la critica del testo al Pontificio Istituto Biblico¸ che ho avuto anch’io come professore¸ dice che ci devono essere almeno 500.000¸ ma lui pensava molti di più¸ 500.000 correzioni da fare nel Vangelo¸ che non sono importanti perché la maggioranza sono piccole cosette¸ piccoli sbagli¸ ma un 500 almeno sono importanti¸ vale a dire bisogna scegliere perché un testo scrive una cosa un altro ne scrive un’altra. Alcune volte si tratta di cambiamenti del testo che sono stati fatti per errore o che sono innocui e si possono subito capire come mai sono avvenuti¸ per distrazioni evidenti¸ altri sono voluti dal copista perché qualche volta i copisti cercano di armonizzare un testo con un altro¸ di rendere più elegante o corretta una forma grammaticale¸ per esempio di evitare certe ripetizioni che secondo loro potrebbero essere inutili e cambiano verbo¸ usano “eipol” invece di dire “eredon” per dire “disse” (…) quale sarà il testo originario che tra l’altro poi spesso non è neanche greco ma è aramaico. Insomma¸ questo per dirvi come anche la materialità di quello che chiamiamo “la Parola di Dio” è continuamente influenzato dagli errori umani. Allora¸ la condizione di cui stavo parlando viene espressa con tre formule diverse. La prima è “Se mi amate osserverete”. E’ semplicemente un futuro¸ “Se voi mi amate osserverete certamente i miei comandamenti”¸ punto. E questa è la formula del Codice Vaticano che è il più bello tra i codici. Si chiama Vaticano perché è custodito in Vaticano ed è un regalo che gli orientali fecero al Papa. Un altro testo dice “Se mi amate e osservate e” e poi va avanti¸ cioè pone la condizione non con una frase isolata¸ ma “Se voi amate e osservate allora io pregherò il Padre” e la condizione è espressa in maniera condizionale. Una terza dice “Se mi amate osservate i miei comandamenti”¸ punto. Anche questa tronca la frase e è un imperativo cioè un comandamento. Vedete¸ talvolta sono minime però sono interessanti¸ si possono tradurre in maniera diversa e ognuna delle tre ha un suo senso. Chi lo sa qual era quella scritta dall’evangelista¸ magari nessuna delle tre. Bene¸ non è questa la cosa importante che ci possa servire per la vita¸ ma serve per la cultura. La condizione è osservare i comandamenti al plurale. Normalmente quando si dice “comandamenti” al plurale si dice che sono i comandamenti di Dio¸ quelli che ha dato nell’Antico Testamento e anche nella prima lettera di Giovanni¸ che è lo stesso autore del Vangelo probabilmente¸ quando si dice “comandamenti” al plurale si parla sempre dei comandamenti di Dio. Questo è praticamente l’unico caso in cui i comandamenti al plurale vengono considerati “i miei comandamenti” da parte di Gesù¸ come se Gesù mentre sta per finire la sua presenza tra di noi voglia ribadire quello che ha già detto molte volte: “io e il Padre siamo una cosa sola¸ i comandamenti Suoi sono i comandamenti miei¸ e lui¸ Filippo¸ non c’è bisogno che tu dica di farmi vedere Lui¸ chi vede me vede Lui”. L’identificazione di Gesù con il Padre spiegherebbe perché adesso secondo me i comandamenti sono diventati suoi e allora vanno osservati in questo modo. La cosa più interessante è un’altra. Ad un certo punto lui dice: “Non vi lascerò orfani¸ vado poi tornerò da voi”. E qui si potrebbe aprire una parentesi: questo “tornare da voi” quando avverrà? Lui effettivamente non tornerà più da noi se non alla fine del mondo¸ quindi sotto sotto vedete che come vi dicevo prima quello che lui sta dicendo adesso è quello che può riguardare tutta la storia del mondo. In un certo senso si può dire che Cristo continuerà ad avvicinarsi a noi¸ ma non sarà il ritorno totale perché il ritorno sarà soltanto alla fine. Nel frattempo¸ dice Gesù¸ “io vi manderò o il Padre vi manderà” – qui si può discutere¸ alle volte si dice che lui manda¸ altre volte si dice che è il Padre che manda¸ e sia detto tra parentesi questo è servito agli orientali per dire che lo Spirito Santo non viene anche dal Filioque¸ ma lasciamo perdere questa questione¸ però ci sarebbe anche questa nascosta nel testo che stiamo leggendo¸ la lasciamo perdere – allora¸ lui dice: “vi manderò un altro paraclito”. Non so se la traduzione che leggete¸ quella della Conferenza Episcopale scrive “un altro paraclito” oppure scrive “vi manderò un altro –virgola- il paraclito”¸ aggiungendo noi l’articolo¸ vale a dire “vi manderò un’altra persona¸ la quale è il paraclito”. Molti commentatori dicono che il testo originario probabilmente diceva proprio “io vi manderò un altro paraclito” e questo sottintende che Gesù è stato il primo paraclito. Ripeto¸ è una possibile lettura¸ ma questa possibile lettura per me è molto affascinante perché vuol dire che Gesù dice: “Guardate che il paraclito fondamentale sono io”. Cosa vuol dire paraclito? Vuol dire letteralmente l’avvocato difensore¸ questo è il termine tecnico¸ vuol dire una persona la quale ti sta accanto. “Pará” significa “vicino/accanto”¸ “caléos” significa “chiamare”. Una persona che tu puoi chiamare e dire “venga che ho bisogno”¸ la persona che ti aiuta¸ il confortatore¸ il sostegno¸ anche se vuoi quello che ti rimprovera se occorre¸ il maestro¸ il vigile¸ chiamatelo come volete. Gesù si identifica¸ dice di essere stato questo. A dire il vero è stato molto più di questo¸ non è stato semplicemente l’aiutante¸ però lui è stato il primo paraclito e ne verrà un altro. Lo manderà il Padre¸ lo manderà Gesù. E di nuovo qui c’è la questione del Filioque sottintesa. L’altro paraclito è diverso dal primo. Il primo è venuto nella carne¸ vi ricordate il prologo “il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare tra noi e noi abbiamo visto la sua gloria”¸ cioè abbiamo capito che era il paraclito anche se la parola non è stata usata allora¸ salta fuori soltanto adesso¸ come se Gesù dicesse prima di scomparire del tutto in cielo “mi merito anche questo titolo¸ per voi sono stato quello che vi ha aiutato in tutti i modi”. Era¸ ripeto¸ simile all’uomo¸ è venuto in carne ed ossa. L’altro paraclito viene soltanto in maniera invisibile¸ spirituale. E’ meno o più? Non è né meno né più¸ è semplicemente un altro modo di avvicinarsi all’umanità. Viene l’altro paraclito¸ non sarà visibile¸ non è più esteriormente incontrabile¸ ma lavorerà all’interno della coscienza. Questo è il punto chiave. Il paraclito è lo Spirito Santo. Notate bene che lo Spirito Santo è cosí in tutta la letteratura del Nuovo Testamento. In altri testi qualche volta lo Spirito Santo viene presentato più come una forza¸ una specie di ricostituente della intimità religiosa dell’uomo¸ come una facoltà che viene donata. Qui in Giovanni ha un carattere più nettamente personale. Attenti bene: “personale” non vuol dire persona come siamo noi¸ di nuovo in carne ed ossa. “Personale” vuol dire che è una persona che lavora sulla conoscenza¸ l’intelligenza¸ la libertภla volontà. Questo è il paraclito Spirito Santo¸ il quale ci cambia il nostro modo di pensare¸ di volere¸ di decidere¸ di valutare¸ di amare. Entra dentro in noi¸ ci educa dall’interno¸ un po’ come Socrate cercava di fare. Ecco perché lo vediamo come simile a qualcosa di cristiano. Allora¸ questo paraclito lavora diversamente da Gesù Cristo. Gesù Cristo non ha fatto molti miracoli nella sua vita¸ però si mostrava paraclito quando faceva capire che quel miracolo che aveva compiuto era un segno per capire un’altra cosa. I miracoli in Giovanni sono sempre segni che rimandano a una riflessione interiore. Vi ricordate quello che abbiamo detto domenica scorsa sul cieco e sulla samaritana. Cambia la persona¸ cambia quello che c’è dentro alla vita umana. Il paraclito numero due¸ il paraclito Spirito Santo fa questo e lo fa in nome di Gesù perché come dice ancora il testo in un altro punto “prenderà del mio e ve lo darภvi dirà tutto quello che io vi ho detto”¸ quindi è l’equivalente di Gesù. Ecco perché le persone trinitarie sono sempre l’una dentro nell’altra. Sono tre distinte¸ ma sono continuamente nello stesso tempo anche fuse insieme¸ perché una è sempre anche l’altra¸ perché Dio in fondo è unico oltre che essere trino. Non sono tre individui che vanno d’accordo¸ ma sono una unità che si triplica. Il primario è l’essere uno non essere trino¸ chiudiamo anche questa parentesi. “Prenderà del mio e ve lo darà”¸ cioè il mio che prende da Gesù è quello del Padre. Ciò che è paterno¸ filiale e comunicato¸ questa è la trinità. E’ la triplicità della capacità di Dio di raggiungere il cosmo¸ il mondo. Questo è il paraclito. E qui arriviamo all’altro punto: il mondo. Questo paraclito riuscirà ad entrare nella coscienza di alcuni che sono i discepoli che Gesù sta preparando¸ ma il mondo non lo può ricevere perché non lo conosce. Come mai? Perché Gesù non si occupa del mondo? E a questo punto devo ricordare una cosa per voi forse abbastanza nuova: che nella descrizione del rapporto Gesù/mondo¸ la parola per indicare mondo è “cosmos” cioè comprende anche la natura¸ però Giovanni la adopera anche per indicare il mondo umano forse perché riteneva che l’uomo è la cosa più importante che c’è nella natura e che quindi riassume in sé tutta la natura¸ è un piccolo universo tutto racchiuso nella dignità dell’uomo¸ in fondo può darsi che sia questo il senso. Poteva usare la parola “ecumene” che è la parola che significa “l’insieme degli uomini”. Lui usa sempre la parola “cosmos” vale a dire l’umanitภl’umanità nel suo insieme¸ ora¸ la totalità degli uomini¸ è questo il punto. Nella prima parte del Vangelo¸ nei primi dodici capitoli¸ si dice con chiarezza evidentissima¸ soprattutto al capitolo 3 nel dialogo con Nicodemo¸ “Dio non ha risparmiato il Suo figlio¸ ma l’ha mandato nel mondo non per giudicare il mondo¸ ma per salvare il mondo”¸ il cosmo¸ l’intera umanitภla totalità. E’ la luce che rompe le tenebre e come nel prologo le tenebre non l’hanno soffocata¸ ma non l’hanno neanche recepita. Sono convissute insieme¸ ma l’idea è che la luce vincerà le tenebre¸ un’idea che tra l’altro c’è anche in Matteo. La Galilea che… nelle tenebre ha visto una gran luce. L’idea che la luce vince le tenebre è un’idea che c’è già nel momento della creazione¸ all’inizio della Genesi. Ora¸ ecco perché Cristo è luce e la luce vince le tenebre e i cristiani devono anche loro diventare luce e non stare sotto il moggio perché devono anche loro essere illuminati. Nella prima parte del Vangelo c’è questa specie di continua sottolineatura che Gesù ha preso su di sé i nostri peccati¸ li ha sollevati e se ne è appropriato per eliminarli¸ per salvarli¸ è l’Agnello di Dio che solleva i peccati del mondo. Quindi è continuamente presente questa idea che Gesù non è venuto per condannare¸ ma per salvare. E’ venuto per perdonare¸ come ha perdonato tante persone. Ad un certo punto¸ però¸ dal capitolo 13 in poi questa posizione cambia¸ cioè è come se Gesù affrontando prima di tutto Giuda e poi i sommi sacerdoti che vengono con i bastoni e con le spade a prenderlo¸ che hanno paura di lui¸ che non si fidano¸ non credono più in lui¸ ecco quando affronta questo Gesù diventa il giudice. E’ come se ad un certo punto non è lui che cambia¸ è il mondo che rivela sé stesso nella Passione di Gesù perché non soltanto lo rifiuta¸ ma si accanisce contro di lui¸ vuole eliminarlo¸ vuole che al suo posto venga liberato un bandito¸ vuole - soprattutto lo vogliono i capi - che venga consegnato per essere crocifisso mentre Pilato vorrebbe salvarlo. E con Pilato parlano di “veritภcos’è la verità”¸ il discorso non si chiude però rimane aperto. Mentre ci sono il popolo¸ i sommi sacerdoti¸ magari in buona fede perché Giovanni li presenta come delle persone le quali dissero quella famosa parola “Meglio che muoia uno purché si salvi tutto il popolo”¸ persone che forse più per sbaglio che per cattiveria si sono accanite contro di lui e sono diventate nemiche. Allora a questo punto Gesù diventa il giudice e dice ai suoi discepoli: “Quando verrà il secondo paraclito state bene attenti perché il mondo non lo può ricevere” perché non lo conosce¸ non lo individua¸ non ne comprende il valore¸ forse ha anche paura di lui. Qualche volta¸ devo dirlo onestamente¸ il Vangelo parla anche di Satana che si è impadronito del mondo e se vogliamo essere moderni basta che alla parola Satana diciamo semplicemente¸ come del resto nel Padre nostro¸ “il maligno¸ il male” che è una bella scelta¸ migliore come terminologia di quella di “Satana”¸ il male che in tutte le sue forme si insidia dappertutto¸ anche nei buoni¸ anche nei santi¸ che non è il peccato originale – lasciamolo perdere Adamo – è la storia¸ è la fatica della vita¸ è quello che succede che ci rende tutti sospettosi¸ che ci rende tutti mai contenti. Ecco¸ queste tenebre il mondo non riesce a superarle e Gesù dà l’impressione di dire: “Non tocca a me intervenire¸ eventualmente sarà il paraclito. Il paraclito vi renderà capaci di far capire al mondo quello che il mondo non può capire”. Cioè uno dei compiti del nuovo paraclito che è lo Spirito Santo oltre a essere quello di aiutare la loro capacità di volontภdecisione¸ amore per il bene¸ osservanza del comandamento¸ li rende anche missionari¸ apostoli¸ persone che devono sforzarsi di far capire alle tenebre del mondo che c’è una luce che le illumina che è la luce di Gesù Cristo. Tutto passa attraverso la nostra mediazione. Questo devo dire che è un pensiero che c’è in tutti i sinottici. Nel discorso della montagna si dice continuamente che “voi siete la luce del mondo¸ il sale della terra”. Le stesse cose le dice il Vangelo di Giovanni applicandole al paraclito. Il secondo paraclito è veramente lo stesso Gesù perché prende da Gesù: “Tutto quello che vi ho detto ve lo dirà lui. Vi dirà di più. Vi farà capire. Prende del mio e ve lo dà” e il “mio” è la stessa cosa che ha il Padre¸ come ho detto prima. Allora¸ c’è tutta questa specie di potenzialità dentro nello Spirito Santo che diventa il protagonista della nostra storia¸ della nostra vita vissuta¸ e noi dobbiamo cercare di essere quelle persone che sono capaci anche a costo di qualche sacrificio¸ di qualche brutta figura¸ di qualche fatica¸ magari di qualche sberla -non voglio il martirio¸ per carità – dobbiamo essere capaci di far capire alle persone che in Gesù –non siamo esagerati a dire che Gesù è l’unica luce – che in Gesù c’è molta luce¸ forse più che altrove¸ una luce diversa magari da quella che c’è altrove¸ una luce che ha una luminosità particolare¸ che non fa male agli occhi¸ che riesce a vedere bene¸ una specie di laser innocente e soltanto utile¸ che ti fa capire le differenze tra bene e male¸ ti fa capire qual è il comandamento. Ecco¸ questa è la missione del cristiano. A Pentecoste¸ cioè praticamente fra due settimane¸ noi vivremo questa esperienza¸ cioè cercheremo di riflettere di nuovo su questa azione dello Spirito.