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Omelia IV Dom Tempo di Pasqua, Anno A del 17 aprile 2005

Sintesi dell´omelia odierna*************************** 17 Aprile 2005 - IV PASQUA – A; At 2¸14a.36-41; 1Pt 2¸20b-25; Gv10¸1-10 In questa prima parte del capitolo 10 del Vangelo di Giovanni c´è un accenno alla figura del pastore¸ ma l´immagine dominante è quella della porta. - Chi non entra per la porta. Io sono la porta -. E´ come se si dicesse - Chi non entra nel recinto delle pecore attraverso Gesù¸ che è la porta¸ è un ladro e un brigante-. Nella seconda parte del discorso Gesù dirà di essere anche il pastore¸ per cui identifica porta e pastore. Gesù qui si definisce la porta. Sullo sfondo c´è l´ovile delle pecore¸ ma gli ovili delle pecore non hanno porte. L´ovile di cui si parla qui non è propriamente l´ovile delle pecore¸ come è invece nella parabola della pecora smarrita. Il greco parla della ή delle pecore¸ dell´aula¸ che ha il significato della sala di ricevimento del re ( aulico = nobile¸ regale). Quindi è un´immagine metaforica per dire - Chi entra nel luogo sacro e solenne e regale dove si raduna il popolo di Dio¸ nel tempio-. Con la parola ή si indicavano anche i grandi¸ sontuosi cortili del tempio di Gerusalemme¸ equivalente del foro delle città romane. Quindi l´allusione non è alla sorte di poveri animali timidi e paurosi come le pecore. Si usa la parola pecore nell´antico significato che risale ad Omero per cui il re è il pastore e i sudditi sono le pecore. Allora le figure della porta e del pastore hanno una connotazione di tipo elevato¸ nobile; non fanno riferimento alla professione del pastore di pecore ma alla immagine¸ già simbolica da secoli allora¸ del pastore dei popoli¸ come Omero chiama i re protagonisti dei suoi poemi. Quindi il retroterra simbolico che sta dietro questo brano è quello della guida suprema¸ regale del popolo di Dio radunato. Gesù sta dicendo cosa rappresenta lui come signore¸ come re. E infatti viene messo in risalto il contrasto tra l´unico¸ vero pastore¸ autentico¸ onesto¸ e tutti gli altri¸ che sono venuti prima di lui e che sono ladri e briganti. A chi vuole alludere l´evangelista? Chi sono questi che non entrano attraverso Gesù Cristo che è la porta¸ e quindi sono ladri e briganti? C´è quel -tutti- poi; non -alcuni che sono venuti prima di me sono ladri e briganti-¸ ma - tutti-. Quello che inquieta in questo testo è che Gesù¸ lui solo¸ ad esclusione di tutti gli altri¸ è la porta delle pecore. Se l´immagine del pastore ha a che fare con il governo¸ la guida¸ allora vuol dire che lui solo merita di essere seguito¸ lui è l´unico punto di riferimento¸ è l´unico che si può considerare Signore e Messia cioè Re¸ cioè capo¸ guida¸ colui che dice da che parte si va. La drammaticità di questo passo è il confronto con l´esclusione di tutti¸ tranne Gesù; quello che la teologia chiama il cristocentrismo esclusivo. Questo è l´opposto di quello che oggi il cristianesimo ha assunto¸ cioè che tutti hanno una qualche piccola luce da portare¸ insieme con errori. Gesù Cristo non avrebbe errori. Budda¸ Maometto¸ il taoismo¸ Confucio¸ Marx¸ Fidel Castro¸ Che Guevara¸ Hegel¸ Tommaso Campanella¸ non parliamo poi di quelli messi al rogo¸ Giordano Bruno¸ il Savonarola sarebbero tutti¸ non dico dei buoni maestri¸ ma maestri che hanno dato all´umanità cose buone¸ e la vera saggezza cristiana è raccogliere da tutti quello che c´è di bene. Questo oggi in teologia lo chiamano cristocentrismo inclusivo: anche gli altri hanno cose buone¸ Cristo più di tutti. Questa è la chiave teologica che sostiene l´attitudine del dialogo. Questa è una svolta copernicana rispetto al testo di Giovanni. Ci siamo distaccati dalla lettera e dallo spirito del Vangelo di Giovanni. Come si fa a far dire a questo testo che anche qualcuno che non è Gesù e che non entra attraverso di lui¸ che è la porta¸ non è un ladro e un brigante¸ che sono ammesse altre voci oltre quella di Gesù? Il pensiero della chiesa si è discostato molto da quello che il testo evangelico sembra dire. Bisogna purificare il cristianesimo da questi residui di durezza giovannea o bisogna recuperare qualcosina di questa antitesi giovannea: Gesù da una parte e tutti gli altri che si oppongono? Possibile che sia tutto sbagliato quello che è scritto in questo testo evangelico? Cosa rimane di vero?******************************************** OMELIA DEL 17 APRILE 2005 Come tutti gli anni¸ in questa quarta domenica di Pasqua più o meno tutti gli anni si legge un pezzettino del capitolo X del quarto Vangelo che è il cosiddetto “Capitolo del Buon Pastore”. Quest’anno si legge l’inizio del discorso¸ i primi dieci versetti e l’anno prossimo si legge il seguito e il terzo anno si legge l’ultima parte del capitolo. E in questa prima parte c’è un cenno alla figura del pastore¸ logicamente non del tutto coerente perché si mescola con l’altra immagine che è invece dominante in questa prima parte che è quella di Gesù che è la porta: “Io sono la porta¸ in verità in verità vi dico chi non entra nel recinto delle pecore per la porta…”. E poi siccome Gesù spiega: “In verità vi dico io sono la porta” è come se la frase significasse: “Chi non entra nel recinto delle pecore attraverso Gesù¸ che è la porta¸ ma vi sale da un’altra parte è un ladro e un brigante”. E la piccola incongruenza sta nel fatto che poi si dice che invece chi entra per la porta è il pastore delle pecore¸ e poi nella seconda parte del discorso Gesù dirà di se stesso di essere anche il pastore¸ per cui praticamente identifica porta e pastore. Ma queste sono piccole sottigliezze che non cambiano il significato globale del testo. Direi che anche se le altre letture sono state scelte anche perché contengono dei piccoli accenni all’immagine del pastore¸ per esempio la seconda lettura nell’ultima frase “Eravate erranti come le pecore¸ ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime” e la frase è stata scelta perché c’è questo cenno al pastore. Ma¸ dicevo¸ l’immagine che oggi è dominante nel testo è quella della porta¸ quella del pastore è collegata¸ ma l’idea è quella della porta. Gesù si definisce la porta. Sullo sfondo c’è l’ovile delle pecore ma gli ovili delle pecore non hanno porte¸ al massimo hanno un cancelletto. Anche adesso¸ quindi a maggior ragione allora¸ quando si economizzava su tutto¸ il recinto delle pecore ha dei paletti ed ha un cancelletto. Per cui tutti i commentatori hanno sempre giustamente pensato che l’ovile di cui si parla qui non è propriamente l’ovile delle pecore come¸ poniamo¸ nella parabola delle pecora smarrita. Tant’è vero che il greco non lo chiama ovile¸ il greco parla della aulè delle pecore. E la aulè è la stessa parola che in italiano si dice aula¸ che c’è in greco¸ c’è in latino ed è passata nella nostra lingua. Solo che in greco la parola aulè ha¸ come uno dei suoi significati¸ quello della sala del re e difatti noi diciamo aulico per dire nobile¸ regale. Quindi anche nella nostra lingua è rimasta questa connotazione della parola aulè che non indica qualunque sala ma indica la sala di ricevimento dell’imperatore o del re. Quindi la aulè delle pecore non fa pensare all’ovile normale delle bestiole ma è chiaramente un’immagine metaforica per dire “Chi entra¸ qualche commentatore dice chiaramente “nel tempio” cioè nel luogo sacro¸ solenne e regale dove si raduna il popolo di Dio. L’aulè indicava anche i grandi cortili del tempio di Gerusalemme che Erode aveva fatto costruire e che erano sontuosi ed erano l’equivalente del foro nelle piazze delle città romane. Quindi è chiaro che l’allusione che viene fatta non è tanto l’allusione alla sorte di poveri animali¸ un pochino ingenui e paurosi o timidi come possono essere le pecore. Si usa la parola pecore ma nel vecchio¸ antico significato che risale a Omero per cui il re è il pastore e i sudditi sono le pecore. E allora la figura della porta e del pastore hanno una connotazione di tipo elevato¸ nobile. Non fanno tanto riferimento alla professione del pastore di pecore¸ ma fanno riferimento all’immagine già simbolica da secoli allora¸ che è quella di pastore dei popoli come Omero chiama i re¸ che sono poi i protagonisti dei suoi poemi che già allora sono chiamati pastori dei popoli. Quindi è questo il retroterra. E anche nel popolo ebraico¸ nella cultura ebraica c’è questa idea che deriva poi dalla storia o dalla leggenda di Davide che era pastorello e venne fatto diventare la guida e condottiero del popolo¸ che il re merita il titolo di pastore. Quindi quello che è in gioco non è come nella parabola sinottica della pecora smarrita la situazione appunto del povero piccolo animale che si è perduto e del pastore che va a cercarlo e poi lo mette sulle spalle. Il retroterra simbolico che sta dietro a questo discorso è quello della guida regale¸ suprema del popolo di Dio radunato. E Gesù sta cercando di dire cosa rappresenta lui come signore¸ come re. Un po’ come nella prima lettura di Pietro “Lo ha costituito Messia e Signore” cioè dietro alla parola pastore¸ come dietro all’immagine della porta¸ direi che è più corretto vedere non l’umiltà di un gregge di pecore ma l’elevata simbologia¸ addirittura di carattere quasi cortigiano¸ aulico di colui che guida e regge il popolo di Dio. E difatti quella che viene messa in luce è un’immagine – curiosamente anche questo può far pensare¸ può dar fastidio ma può far pensare è il contrasto tra l’unico vero pastore autentico¸ onesto che qui si definisce porta¸ e poi dirò qualcosa anche sull’immagine della porta¸ in contrasto con tutti gli altri che il testo dice sono venuti prima di lui.“In verità vi dico: tutti coloro che sono venuti prima di me” che sono ladri e briganti e le pecore non li avrebbero ascoltati. E ci si domanda¸ i commentatori si chiedono¸ che cosa intende dire l’evangelista quando presenta Gesù in questa specie di ritratto¸ di guida e condottiero di persone. E si mette a confronto con tutti quelli che sono venuti prima di lui e li qualifica ladri e briganti. Chi sono? A chi vuole alludere l’evangelista? A governatori¸ maestri¸ filosofi¸ pastori di gruppi del mondo pagano? Chi sono questi che non entrano attraverso Gesù Cristo che è la porta e quindi sono ladri e briganti. Chi sono? Già è interessante il fatto che tutto si giochi sul contrasto per cui Gesù è contrapposto a tutta una serie di altre persone. Sarebbe interessante cercare di intuire con chi viene fatto il contrasto¸ soprattutto perché c’è quel “tutti” che preoccupa. Che può essere una semplice svista dello scrittore¸ però non “alcuni che sono venuti prima di me sono ladri e briganti” ma “tutti coloro che sono venuti prima di me”. Detto in altre parole¸ quello che inquieta in questo testo del quarto Vangelo¸ è la concezione che Gesù¸ lui solo¸ ad esclusione di tutti gli altri¸ è la porta delle pecore o il pastore delle pecore. Se¸ ripeto¸ l’immagine del pastore o della porta ha a che fare con il governo¸ la guida¸ l’indirizzo che un capo da al popolo¸ allora vuol dire che¸ con l’esclusione di tutti gli altri¸ Gesù è l’unico che merita di essere seguito¸ cioè è l’unico punto di riferimento. E’ l’unico che si può considerare Signore e non dimentichiamo che la parola Messia significa Re. Si fa presto a dire Messia¸ Messia vuol dire Re. Io lo so che re è parola antiquata però significa capo¸ significa guida¸ significa colui che dice da che parte si va. Cammina davanti a loro e le pecore lo seguono. Ecco la drammaticità di questo passo di Giovanni¸ è questo cioè il confronto con l’esclusione di tutti tranne Gesù. E’ quello che la teologia con le sue parole riassuntive chiama il “cristocentrismo esclusivo”. Cioè Cristo è l’unico e gli altri sono ladri e briganti. Non sono dei deboli. degli incapaci¸ dei criticabili ma sono ladri e briganti cioè una qualificazione nettamente negativa. E’ strano tutto questo e soprattutto è strano perché è l’opposto dell’orientamento che oggi il cristianesimo ha assunto. Cioè il modo di parlare e di fare di tutti gli ecclesiastici al nostro tempo è l’opposto di quello che dice questo brano di Vangelo. Perché tutti hanno una qualche piccola luce da portare¸ insieme con errori. Gesù Cristo non avrebbe errori¸ questa è la differenza. Però Buddha¸ Maometto¸ il taoismo¸ Confucio¸ Marx¸ Fidel Castro¸ Che Ghevara¸ Hegel¸ Tommaso Campanella¸ non parliamo di quelli messi al rogo: Giordano Bruno¸ il Savonarola hanno tutti una buona quantità di buone cose da insegnare¸ insieme a qualche errore¸ sul quale si è calcato esageratamente la mano. Altro che ladri e briganti! Sono tutti dei maestri¸ non dico dei buoni maestri¸ ma dei maestri che portano all’umanità cose buone e la vera saggezza cristiana è raccogliere da tutti quello che c’è di bene. Cioè oggi il cristianesimo – ed è giusto probabilmente – insegna ad essere attenti osservatori di quello che è accaduto nel passato e che accade oggi nel presente per cercare di assorbire quello che ci può essere di buono e di saggio in ogni voce che si è alzata nel corso della storia e che anche adesso si alza per essere suggerimento¸ guida e maestro. In tutti ci sono parole¸ fedi e luci di verità e questo in teologia¸ con parola sempre sintetica¸ lo chiamano – secondo me impropriamente – cristocentrismo perché Cristo non è più proprio il centro¸ ce ne sono tanti di centri¸ però se non altro si dice “cristocentrismo inclusivo”¸ non esclusivo¸ tutti gli altri ladri¸ ma anche gli altri in parte buoni. Cristo più di tutti include. Ed è questa la chiave teologica che sostiene l’attitudine del dialogo. Guardate che questa è una svolta copernicana¸ avvenuta nella vita della Chiesa. Vale a dire¸ si è capovolta la situazione rispetto a questo testo di Giovanni. Io non dico che tutto il N.T. sia su questa posizione cosí drastica del quarto evangelista¸ probabilmente è un testo abbastanza isolato nell’insieme del N.T. Non ho fatto in tempo a spiegare la porta e la spiegheremo tra tre anni¸ se saremo ancora al mondo¸ ricapiterà il vangelo¸ cercherò di ricordarmi che devo spiegare l’immagine della porta. Ho spiegato soltanto la centralità con cui Gesù parla di se e si contrappone agli altri. Mi sembrava la cosa più urgente su cui riflettere. Pare anche a me che abbia più ragione la Chiesa di oggi che non il testo evangelico. Questo però crea evidentemente dei problemi perché¸ in fondo¸ noi attraverso un’evoluzione che è stata prodotta dalla storia che abbiamo vissuto e su cui abbiamo pensato¸ mi pare che ci siamo distaccati dalla lettera di Giovanni. Però a me pare anche dallo Spirito¸ non solo dalla lettera. Perché vorrei sapere come si fa a far dire a questo testo che anche qualcuno che non è Gesù e che non entra attraverso di lui che è la porta¸ cioè passando attraverso di lui¸ cioè che ha fatto un altro percorso dove lui non c’era non è un ladro e un brigante. Come si fa a far dire a un Vangelo che sono ammesse altre voci oltre a quelle di Gesù. Non è facile. Io una soluzione ce l’avrei¸ ma adesso non ho tempo di esporla qui. Voi intanto¸ cercatene una per vostro conto. E’ certo che questa durezza del Vangelo serve ancora¸ se volete per dire “D’accordo¸ tutti possono portare la verità ma¸ mi raccomando¸ gente mia¸ non siate ingenui¸ non prendete tutto per oro colato¸ non correte dietro al primo maestro che arriva. Guardate che ci possono essere dei ladri e dei briganti. Si tira via il “tutti” e si dice “Siate prudenti e soprattutto siate prudenti voi giovani e siano prudenti quelli che educano i giovani. Perché non è detto che l’ultimo che insegna sia quello che ha indovinato tutto. L’invito alla prudenza rimane¸ questo vale sempre. E’ la durezza perentoria¸ esclusiva del testo che viceversa fa grande difficoltà. Bisogna rendersi conto che il pensiero della Chiesa si è discostato molto da quello del testo evangelico sembra dire. Dico “Sembra dire” per far la pace con il testo. Ecco¸ riflettete come ma questo è accaduto¸ è un bene che sia accaduto¸ certamente sembra che sia un bene. E come bisogna purificare il cristianesimo da questi residui di durezza giovannea? E’ questo il nostro dovere? O bisogna forse recuperare qualcosina di questa antitesi giovannea tra Gesù da una parte e tutti gli altri che si oppongono. Lo so che sembra proprio sbagliato tutto questo. Ma possibile che sia tutto sbagliato quello che è scritto in questo testo? Cosa ci rimane di vero? Eh¸ avete da pensare per un sacco di giorni!