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Omelia IV PASQUA A del 3 maggio 2020

Domenica 3 maggio 2020 In questa domenica si legge una parte del discorso del capitolo 10 del Vangelo di Giovanni che è quello dedicato al buon pastore. Viene suddiviso nei tre anni A-C e in ognuno di questi anni si legge una parte di questo capitolo¸ ma sostanzialmente il senso globale è identico in tutta la presentazione del testo¸ per cui possiamo dedicarci alla riflessione sull’immagine del pastore. La frase di partenza è quella classica: Gesù incontra le folle e si rende conto che sono come “un gregge senza pastore”. Questo lo si legge già in Marco; subito prima della moltiplicazione dei pani si legge proprio questo. Vede la folla che lo segue¸ lo cerca¸ vuole toccarlo e lui si rende conto che sono dei poveretti che avrebbero bisogno di un pastore. Voi capite che parlare in questo modo oggi sarebbe offensivo. Voi oggi ve la sentireste di andare in chiesa¸ non so¸ mettete di essere voi che fate la predica e dite ai fedeli che vi ascoltano: “Cara la mia gente¸ voi avete bisogno di un pastore che vi guidi perché siete un gregge di pecore. E sapete come sono le pecore. Ci vuole un cane o due cani che le tengano da conto¸ si perdono¸ non sanno dove andare¸ hanno paura dei lupi. Siete della povera gente che ha bisogno di essere guidata”. Se io dicessi cosí in una predica mi caccerebbero via perché oggi siamo abituati a dire “Ogni uomo è capace di pensare a se stesso¸ ha diritto di essere libero e anzi quello che deve fare chi dirige la societภquello che deve fare la politica praticamente¸ è favorire la libera espansione delle scelte e delle decisioni dei cittadini. Certo nel momento in cui viviamo¸ con il virus che ancora non è scomparso¸ effettivamente noi invece dobbiamo ubbidire come delle povere pecore¸ ma come ben capite tutti speriamo di andarne fuori e c’è qualche regione che comincia a ribellarsi dicendo “Comando io¸ non comandate voi. Rischio io la mia vita¸ lasciatemi fare”. Ecco¸ volevo spiegare la lontananza culturale dalla frase “Povera gente¸ sono delle povere pecore senza pastore”. Da dove viene questa necessità del pastore? Dunque¸ prima di dire questo voglio fare una precisazione che mi pare molto utile. Quando Marco dice per la prima volta che Gesù ha visto le folle e si è accorto che erano come pecore senza pastore Marco dice che Gesù ha fatto una cosa molto interessante: “Si mise a insegnare loro molte cose”. Marco non dice mai che cosa ha insegnato Gesù¸ ma questo è modernissimo. Marco ci dice: ha visto questa povera gente che gli correva dietro¸ certamente avevano dei bisogni a cui non sapevano rispondere¸ ma lui cosa ha fatto? Li ha istruiti¸ cioè ha evitato che cessassero di essere pecore bisognose di un guardiano e ha fatto in modo che diventassero capaci di gestirsi da sole. Quindi in fondo il testo di Marco direi che è modernissimo. E’ quello che noi faremmo oggi. Se io trovo una località dove le persone sono smarrite¸ disturbate¸ turbate cerco di incoraggiarle¸ di renderle capaci di arrangiarsi da sole. Il pastore deve essere qualcosa di temporaneo¸ se è proprio indispensabile quando una persona è in un momento in cui è priva di forze. E di fatto¸ storicamente parlando¸ questa idea del pastore è nata proprio nell’epoca più infelice e disastrosa della storia dell’antico popolo di Israele. La prima volta che si comincia a parlare di pastori non come un simbolo qualunque come quello del fabbro¸ dell’agricoltore¸ del seminatore¸ del pescatore¸ no¸ no¸ quando si comincia a parlare della necessità di qualcuno che si prenda cura degli altri perché non sono in grado di farcela da soli¸ comincia con la tragedia della distruzione di Gerusalemme da parte dei babilonesi. Si trovano le prime tracce in Geremia¸ c’è qualche ripresa in Ezechiele¸ ma soprattutto il momento in cui diventa quasi protagonista l’idea del pastore è il tempo del secondo Zaccaria e qui è interessante fermarsi un momento per capire come è nata questa idea del pastore. Nel periodo del secondo Zaccaria¸ diciamo che potrebbe essere il 400 – 390¸ la Giudea dove abitano i nostri protagonisti è una delle sottoprovince del grande impero persiano. Non ha un governo proprio. Una volta c’erano i re¸ una volta c’era… c’è ancora una Torah¸ una legge da rispettare¸ ma non c’è nessuno che è capace di adattarla ai tempi. Molti di loro sono tornati dall’esilio e non hanno più trovato le loro case. Sono tornati dall’esilio e si sono accorti che i loro terreni erano stati occupati da altri. E’ la situazione che si legge nei libri di Esdra e Neemia. Col passare del tempo questa situazione peggiora sempre perché in Palestina loro non hanno nessuno che veramente li governi. La sede centrale del governo è troppo lontana e si occupa di un impero enorme¸ grandissimo¸ fa guerre con altri paesi¸ è una piccola provincia desolata e loro pensano che “ci deve pur essere qualcuno che si occupa di noi”. Allora il pastore diventa una specie di sostituto di un governo che lascia fin troppa libertà di agire e che non è capace di mantenere l’ordine sociale. E il pastore è un supplemento di conforto¸ di sostegno per una località abbandonata e priva di protezione. E’ un sostituto provvisorio e il secondo Zaccaria parla proprio di questi pastori i quali vengono presentati come delle persone che in fondo hanno una buona volontà di fare¸ ma non hanno esperienza sufficiente¸ non sono all’altezza del loro piccolo compito. E allora si parla di pastori che vengono licenziati¸ pagati 30 denari e mandati via¸ addirittura salta fuori l’idea di un pastore che alla fine¸ lo dico in maniera molto dialettale non rispettando alla lettera del testo biblico¸ però vien fuori pian piano l’idea di un pastore il quale si affatica con tutta la sua buona volontà e ad un certo punto muore¸ direi¸ nel fare il suo dovere e questo pastore per fare il suo dovere potrebbe essere diventato uno dei primi esempi di quello che accadrà in Gesù Cristo¸ cosí come lo è nel profeta Isaia il famoso quarto canto del Servo¸ il servo che tutti disprezzano perché sembra che non valga niente¸ ma invece è colui che è colpito perché su di lui sono cadute tutte le pene e le accuse che meritavano i peccatori. Anche nel Deutero-Zaccaria c’è questa idea di qualcuno il quale viene scartato¸ viene licenziato¸ alla fine ci perde la vita perché non è stato capace di fare quello che fa¸ ma diventa direi il punto di partenza di una speranza: “verrà un giorno qualcuno che sarà capace di occuparsi dei nostri bisogni”. Attenti bene¸ il pastore non corrisponde al concetto di “Regno di Dio” che è caratteristico della predicazione di Gesù. Questo è molto interessante secondo me¸ anzi direi che in un certo senso Gesù è proprio colui che è venuto sulla terra¸ si è fermato un anno e mezzo¸ due¸ ha incontrato un po’ di ammalati¸ anche molti se volete¸ qualche volta ha dovuto avere a che fare con le folle¸ ma era ben consapevole che la sua vita terrena non sarebbe stata la soluzione definitiva dei problemi¸ non era la venuta del Regno. Lui era soltanto uno che lo preparava¸ diceva che il Regno “sta per venire”¸ è prossimo. Ma il Regno è di Dio¸ non è di un uomo. Solo Dio può essere un vero pastore che non umilia le pecore e non dice “voi siete delle povere pecore incapaci”¸ ma cerca invece di elevarle alla sua stessa dignità e grandezza. Cerca di divinizzarle¸ dopo averle umanizzate addirittura cerca di divinizzarle. Il Gesù terreno non è arrivato a questo livello. Il Gesù terreno è semplicemente stato una sorta di pastore. Per questo¸ vedete¸ nel momento della Passione lui fa capire ai suoi discepoli (che lo abbandoneranno)¸ fa capire che non ha la possibilità di tenerli uniti¸ di salvarli¸ dovrà pensare a sé stesso¸ dovrà affrontare lui personalmente i dolori che gli procureranno le somme autorità e dovrà lui essere crocifisso. Necessariamente dovrà lasciare che il piccolo gregge che gli stava attorno venga disperso. Per cui in fondo è vero che quello che diceva Zaccaria si è in un certo senso realizzato nella Passione di Gesù o¸ se volete¸ che coloro che hanno raccontato la Passione di Gesù e l’abbandono dei discepoli a sé stessi… ecco perché i discepoli si sono sperduti¸ sono stati lontani dalla croce e soltanto alcune donne erano vicine. E i discepoli sono davvero delle pecore sperdute nel momento della Passione di Gesù¸ quando lui prega nell’orto per esempio e Gesù non ha il potere di tenerli svegli. Cerca di dire “Svegliatevi¸ state attenti¸ lo spirito è pronto¸ ma la carne è debole”¸ ma loro dormono¸ non capiscono¸ ecco diventano pecore che avrebbero bisogno di un pastore¸ ma il pastore non c’è. Dopo la risurrezione tutto si risolve¸ è interessante questo. E’ bello soprattutto in Matteo¸ dove rapidamente si dice “tornate in Galilea¸ tornando in Galilea voi ritroverete il Gesù pastore”¸ il Gesù pastore di Marco¸ quello che quando vedeva delle persone in difficoltà le istruiva¸ insegnava loro come potevano arrangiarsi a fare da sole. Li guariva e li mandava a casa perché dicessero “adesso vivi la tua vita”¸ dava loro libertà e fiducia nel futuro¸ ecco il pastore. Il pastore di Giovanni assomiglia a questo pastore¸ ma ha una caratteristica tipica di questo evangelista: è un pastore il quale spiritualmente contatta le pecore¸ direttamente persona per persona le ascolta¸ le capisce¸ è uno psicoterapeuta in senso pieno. “Loro ascoltano la mia voce¸ quando le chiamo vengono perché mi conoscono. Io conosco loro¸ loro conoscono me”. Gli altri non sono pastori¸ gli altri sono degli impiegati¸ gli altri sono dei badanti pagati¸ lui li chiama addirittura “ladri”¸ dirò poi una cosa sulla questione dei ladri. Quello che vuol dire Giovanni è che il vero pastore è Gesù Cristo che contatta personalmente le singole persone¸ le singole anime¸ le singole psicologie. E’ colui il quale¸ ecco il punto importante che è valorizzato più dai protestanti che dai cattolici¸ senza bisogno di intermediari. Non c’è bisogno di organizzazioni ecclesiastiche¸ di preti che confessano¸ di diaconi che pregano¸ di don Cavedo che fa la predica. C’è una diretta presenza di Cristo nell’anima della persona¸ questo è Giovanni. In Giovanni Gesù contatta direttamente le pecore e si crea una comunione immediata¸ senza nessuna mediazione in mezzo. Se volete è il più protestante dei Vangeli¸ sotto questo aspetto¸ non per altri. Questa è la visione ideale di Giovanni. Direi che di questo pastore di Giovanni noi oggi abbiamo bisogno perché purtroppo vivere nella società contemporanea con le polemiche politiche continuamente presenti¸ con questa incapacità delle autorità mondane di andare d’accordo¸ di trovare la strada giusta¸ con questa continua oscillazione tra il bene comune e il bene particolare¸ tra i sovranisti e coloro che vorrebbero essere viceversa mondialisti¸ oggi davvero le persone sentono il bisogno di avere qualcuno o qualcosa che si occupi personalmente di loro e che li aiuti ad essere sé stessi¸ per le loro forze¸ direi indipendentemente da tutti. Oggi le persone hanno bisogno di una fede in un Dio – lo pensino come vogliono questo Dio: lo pensino trinitario¸ lo pensino in un altro modo – hanno bisogno di qualcosa di immaginario convinti però che in realtà funziona¸ che li aiutino a tirare avanti nella vita. Ultima osservazione meramente storico-sociale. Al tempo di Gesù i pastori venivano considerati dai farisei e in genere dalla gente che si credeva di essere buona e onesta¸ venivano considerati delle persone un po’ spregevoli e ladri perché siccome loro potevano vagare con il gregge e avevano libero accesso dappertutto la gente pensava¸ e forse era anche vero¸ che approfittavano per rubacchiare qua e là. Una volta rubavano una pecora da un altro gregge¸ un’altra volta andavano a rubare il frumento oppure i fichi o la vite o l’olivo o l’olio e altre cose per cui nacque l’idea che i pastori sono dei furbacchioni ladri che con la scusa appunto che girano con le pecore e hanno accesso dappertutto si approfittano di queste cose¸ pernpiccole inezie certamente. Rubano le galline praticamente. E infatti ci sarà a suo tempo una norma rabbinica la quale proibiva di comperare latte o formaggio o altri prodotti o lana direttamente dai pastori¸ perché altrimenti sarebbero stati coinvolti come se fossero stati dei ladri. Curioso un fatto¸ lo accenno soltanto poi ci pensate voi¸ che Luca invece nel suo Vangelo sceglie la posizione ellenistica¸ quella di Virgilio praticamente: i pastori sono libere persone¸ che cantano di notte davanti alla luna¸ persone materialiste se volete¸ povere¸ un po’ ignoranti¸ ma gente piacevole¸ gente di cui ci si può fidare come le sardine. Ecco¸ ci sono due visioni completamente diverse. Vedete quanta ricchezza di umanità c’è nella Bibbia. Vogliate bene a questo libro! Amen