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Omelia V QUARESIMA A del 29 marzo 2020

V domenica di Quaresima - 29 marzo 2020 Oggi dobbiamo leggere il racconto della resurrezione di Lazzaro. Come ho già detto tante altre volte¸ gli storici sono molto perplessi perché nessuno degli altri Evangelisti racconta questo prodigio e sembra inverosimile che nel caso fosse veramente accaduto lo abbiano tralasciato. Ma non è di questo che voglio parlare perché il testo contiene tante cose molto curiose¸ che hanno intrigato i commentatori. Per esempio ci sono dei nomi propri di persone: Marta¸ Maria¸ Lazzaro. Le persone che vengono designate con questi nomi da Giovanni negli altri Evangelisti sono il contrario di quello che sono in Giovanni. Lazzaro¸ per esempio¸ è il povero mendicante che raccoglieva il cibo che cadeva dalla tavola e i cani gli leccavano le piaghe¸ era una persona miserabile. Lazzaro è una persona importante¸ cioè lo stesso nome in Giovanni si riferisce ad un ricco signore amico di Gesù¸ la cui famiglia è conosciuta da tutti¸ tanto è vero che si dice che sono venute perfino da Gerusalemme delle persone per onorare la memoria di Lazzaro e consolare le due sorelle¸ Marta e Maria. Anche Marta e Maria sono in posizione opposta in Giovanni rispetto a San Luca che ne parla¸ perché in San Luca Maria è quella che ascolta Gesù e direi che è la teologa fra le due¸ mentre Marta si occupa di varie faccende. Invece nella storia di Lazzaro Marta è la prima¸ è la più importante - infatti si dice che Gesù amava Marta e poi nomina Maria - ed è quella che interviene per prima ed ha la più chiara comprensione del potere di Gesù di risuscitare il fratello¸ mentre l´altra Maria che in Luca era la più teologa adesso ha una posizione assai diversa. Sembra perfino¸ come forse dovrò ripetere¸ che sia preoccupata che Lazzaro non vada all´inferno. È stranissimo tutto questo. Oltre a ciò in questo capovolgimento dei ruoli sociali dei nomi¸ certo che possono essere due persone¸ una ricca e una povera che si chiamano entrambe Lazzaro¸ una Maria e una Marta¸ ma è evidente che sembra che Giovanni voglia capovolgere volontariamente un tipo di figure che erano presenti negli altri Vangeli. Oltre a ciò fa delle precisazioni topografiche come se il lettore potesse fare un viaggio in Palestina e andare a verificare i luoghi dove si trova Betania. Lo fa perché vuole che si vada a verificare o lo fa perché scrivendo attorno al 90 dopo Cristo sa bene che nessuno potrà andare a verificare e può quindi inventare tutto quello che vuole? Non è facile rispondere a questa domanda. All´inizio c´è poi una piccola stranezza: dice che Marta era quella che gli aveva unto il corpo in vista della sua sepoltura. Ma in questo racconto lui usa il passato¸ quella che “aveva” unto il corpo di Gesù¸ ma mentre Lazzaro viene raccontato nel capitolo 11 l’unzione di Marta è al capitolo 12. Perché presenta come già avvenuta una cosa che viene raccontata come posteriore a questo episodio? Qui si potrebbe ricordare la vecchia interpretazione secondo la quale il Vangelo di Giovanni era una serie di fogli preparati per scrivere un Vangelo che l’evangelista non riuscí a mettere in ordine e alla fine un redattore non volle perdere nessuna di queste pagine preparatorie¸ cercò di metterle in ordine ma molte volte non riuscí a farlo in maniera precisa perché c´erano delle contraddizioni: prima¸ dopo¸ questo in un punto¸ quello in un altro. Per cui il nostro Vangelo sarebbe la sistemazione provvisoria di un´opera che l´autore non era riuscito a completare in maniera completa. Ma questa è una cosa molto secondaria. Vediamo adesso il contenuto di quello che accade. Dunque¸ all´inizio si avverte il lettore che Lazzaro era malato e che le sorelle hanno avvertito Gesù di questa malattia. Lo chiamano: “Il tuo amico è malato”. È interessante perché la parola “amico” non è la normale parola con cui negli altri Vangeli si pensa ai discepoli e ai seguaci di Gesù. Si parla appunto di “discepoli”¸ qui invece si usa la parola “amico”. Questa è una caratteristica di Giovanni perché anche nei discorsi che precedono la crocifissione Gesù dirà chiaramente: “Voi siete miei amici e io vi ho rivelato tutto quello che si rivela agli amici”. La categoria di amico come seguace di Gesù è caratteristica del modo di parlare di questo Vangelo¸ non degli altri. Bene¸ “Il tuo amico è malato”: Gesù spiega subito che questa malattia non è per la morte¸ ma per manifestare la gloria di Dio e questo è un ragionamento simile a quello che c´era già stato domenica scorsa per il cieco nato. È per manifestare la gloria di Dio. I discepoli sentono questo e ritengono che si tratti allora di una malattia facilmente guaribile. Infatti Gesù aspetta due giorni prima di andare a trovare il malato e poi avverte¸ direi senza nessuna tristezza nell’affermarlo¸ che Lazzaro è morto¸ spiegando che non c´è motivo di piangere perché verrà dopo la necessità di piangere. Per ora ritiene che non c´è motivo di piangere perché questa morte è semplicemente una morte apparente¸ è un sonno¸ tanto è vero che i discepoli dicono: “Ma allora se dorme certamente guarirà”. Gesù deve spiegargli: “Ma no¸ è perché la morte in questo caso equivale ad un sonno” sottointeso “perché Lazzaro verrà risuscitato”. Vi ricordate che anche la figlia di Giairo viene presentata da Gesù più o meno in questo modo: la bambina non è morta ma dorme. Gli esegeti fanno notare che questo dormire dei bambini¸ come anche il figlio della vedova di Naim¸ che viene resuscitato da Gesù proprio appena morto mentre lo portano di corsa al cimitero perché loro usavano non tenere in casa i morti ma a farli uscire subito dalla casa¸ e si dice spesso i ragazzi possono sembrare morti ma in realtà sono semplicemente in uno stato che può recuperare la vita. Può capitare ai giovani questo¸ non ai vecchi¸ e allora qualcuno dice che Naim e la figlia di Giairo forse erano davvero delle persone in catalessi¸ non delle persone veramente morte. Lazzaro non è cosí perché poi verremo a sapere che quando Gesù lo incontra sono quattro giorni che è nel sepolcro. I discepoli comunque vanno con Gesù e siccome poco prima era stato raccontato che i gerosolimitani volevano arrestare Gesù e lapidarlo i discepoli lo seguono dicendo “E va bene¸ andiamo a morire insieme con lui” e questa è evidentemente un´affermazione direi quasi ironica. Loro dicono “Andiamo a morire con lui” e Gesù infatti morirà veramente¸ ma loro non moriranno. Quindi è chiaro che uno dei temi di questo testo è: che cos´è veramente la morte¸ che cosa si può chiamare veramente morte. La tendenza dell´autore sembra essere quella di dire: la morte biologica non è la vera morte. La vera morte dalla quale si deve essere liberati è quella che un tempo si sarebbe chiamata “la morte dell´anima”¸ oggi si direbbe è la relazione del figlio di Dio con noi¸ il figlio di Dio che si è fatto uomo proprio perché è nello stesso tempo anche Dio¸ è capace di mantenere una relazione con la profonda natura¸ con la nascosta autentica natura del nostro essere¸ che è qualcosa -noi diremmo con la nostra terminologia- qualcosa di immateriale o se volete qualcosa di spirituale¸ qualcosa che può rimanere anche quando la morte fisica ha distrutto la massa¸ la parte corporea dell´uomo. Quindi in fondo la vera morte -era un´idea questa che si poteva già intravedere del libro di Ezechiele- è la perdita del contatto con Dio¸ quando il contatto con Dio rimane allora si è nella vita¸ che non è una vita come quella che sperimentiamo noi¸ non è più la vita della carne¸ è la vita di un uomo trasformato¸ ricreato. Forse qui bisognerebbe osservare che il modo di usare il termine “Risurrezione della carne” che si usa nel Credo è secondo questa visione giovannea un termine improprio¸ eventualmente è il Credo che deve essere corretto¸ non il Vangelo di Giovanni. La morte può essere paragonata ad un sonno perché in realtà la vera morte sarebbe il distacco da Dio¸ che è praticamente impossibile perché l´amore di Dio rimane unito alla persona umana. Andiamo avanti: la prima donna che viene incontrata è Marta e¸ come dicevo prima¸ Marta è già preparata¸ ha già capito come stanno le cose¸ dice la famosa frase “Se fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto”. Non è un rimprovero¸ non è neanche un lamento¸ direi che è quasi un´anticipazione di quello che stavo dicendo¸ cioè “Sei venuto a fare quello che potevi fare anche prima” perché questa non è una morte autentica. Infatti Gesù dice a Marta in maniera chiarissima “Io sono la Risurrezione e la vita” e qui su questo punto se ci sarà tempo farò una riflessione alla fine perché in realtà questo modo di parlare di Giovanni è molto diverso dal modo di parlare di Paolo e dà al concetto di Risurrezione una dimensione diversa da quella che viene data da Paolo. E questo vi può bastare per il racconto con Marta. A un certo punto salta fuori Maria. Maria era in casa¸ e come dicevo all´inizio è quella che rimane nascosta in casa e stava ricevendo le condoglianze da parte di coloro che erano venuti da Gerusalemme a consolarla. E ho già accennato all´inizio questa stranezza¸ dev´essere stata una famiglia importantissima quella di Lazzaro perché c´erano persone che erano arrivate da Gerusalemme¸ che non era lontanissima¸ ma erano venuti apposta per confortare Maria soprattutto. Maria quando interviene ripete la stessa frase di Marta “Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto”. È una ripetizione per dire che è la stessa cosa? Qualcuno ha osservato che dopo che Maria dice queste cose¸ per 4-5 volte entra il tema del pianto¸ cioè in questa zona dove arriva Maria piangono e anche Gesù finirà per piangere. Mentre la prima parte del Vangelo era tutta fatta di speranza¸ quasi direi addirittura di “Non preoccupatevi del morire¸ la morte non c´è¸ la morte si scavalca” e anche i discepoli avevano percepito questo¸ adesso qui c´è il pianto e qualche commentatore osserva forse qui “morte” arriva a quel significato che avevo prima indicato cioè è la condanna¸ è l´abbandono da parte di Dio¸ quello che noi con una parola molto volgare chiamiamo l´inferno. Allora quella di Maria non sarebbe una ripetizione¸ che sarebbe stata inutile¸ delle stesse cose che ha detto Marta. Maria sarebbe quella la quale si domanda “Ma Lazzaro meriterà di rimanere sempre con Dio¸ sarà stato veramente dalla parte di Dio?”. Ecco¸ vedete¸ questa nuova atmosfera potrebbe spiegare anche un´altra caratteristica del racconto che ha sempre interessato i commentatori¸ cioè si dice che Gesù rimane sconvolto. Si usano dei verbi che indicano una specie di rabbia che si manifesta fisicamente al di fuori¸ col cambiamento del volto¸ non è semplicemente una tristezza interiore¸ ma è qualcosa che rende Gesù furioso¸ arrabbiato con sé stesso¸ adirato e l´evangelista potrebbe proprio aver voluto creare questa atmosfera. Gesù ad un certo punto si trova di fronte a qualcosa che lo spaventa¸ diciamo a qualcosa che gli è totalmente estraneo e contrario¸ che lo fa soffrire. Non è la morte¸ è il peccato¸ e la paura¸ l´idea che si possa pensare che un uomo a causa del peccato viene perduto. È direi il rifiuto violento da parte di Gesù di questa ipotesi: non deve accadere che un uomo venga allontanato da Dio¸ che ci sia qualche forza che lo tiene lontano da Dio¸ e siccome Maria ha insinuato questa paura allora Gesù si trova a disagio e cerca di superare questo fatto. Mi pare che se voi rileggete il testo con calma potreste rendervi conto almeno della diversa atmosfera¸ della diversa sceneggiatura: la prima sorella è una sorella che crede¸ che spera e che è serena e tranquilla. La seconda pone l´unico vero grande interrogativo “Rimarrà la pace di Dio in contatto con questa persona?”. Ecco¸ questo penso che sia alla fin fine il vero significato e la vera utilità di questo discorso¸ di questo racconto¸ perché il resto¸ quello che segue quando si va alla tomba¸ il cadavere che puzza¸ i quattro giorni¸ Lazzaro tutto legato di bende¸ direi che - non offendetevi - direi che è una scena volutamente irreale. I commentatori hanno osservato quante cose poco chiare: se era tutto fasciato come ha fatto ad uscire fuori dalla tomba camminando? Avrà saltellato forse su due piedi perché poi si dice “Scioglietelo e lasciatelo andare”. Allora prima non era sciolto. E come ha fatto ad uscire? Come ha fatto a sentire la voce? Tenete presente che l’idea della voce di Cristo che chiama c’è al capitolo 5 del Vangelo¸ quando parlando dice che verrà un tempo nel quale lui alzerà la sua voce¸ chiamerà e i morti risorgeranno. Quindi in fondo la scena di Lazzaro è una specie di raffigurazione visiva di un evento che accadrà alla fine del mondo quando Gesù chiamerà per nome coloro che possono partecipare alla comunione con Dio¸ mentre altri Vangeli parlano di un libro scritto dove ci sono i nomi dei salvati. Cioè mentre Matteo immagina una grande congregazione dove ci sono le pecore¸ i capri¸ e gli uni sono a destra e gli altri a sinistra¸ Giovanni usa questa immagine “la voce che chiama¸ pronuncia il nome” e i nomi sono quelli dei salvati¸ evidentemente¸ dei risorti. Ecco allora come la finale è la parte direi che dovrebbe fare maggiore effetto sul lettore¸ ma che in realtà è la meno coerente dal punto di vista di una verosimiglianza di qualcosa di realmente accaduto e¸ soprattutto¸ la cosa meno verosimile di tutte è che quando Lazzaro esce Gesù dice “Slegatelo e lasciatelo andare”. Ma scusa se era l’amico¸ se hai fatto tanta strada per venirlo a trovare¸ ma digli almeno “ciao”¸ che lui ti ringrazi¸ salutalo! Ecco¸ questa incoerenza è difficilissima da spiegare. Sei venuto apposta¸ hai detto che era il tuo amico¸ l´hai chiamato fuori¸ “scioglietelo e lasciatelo andare”¸ “vada per i fatti suoi¸ chi se ne frega di Lazzaro”. È stranissimo questo modo di terminare le cose¸ però forse è voluto dall´evangelista per dire “io non sto raccontando una storia veramente accaduta¸ io non sto dicendo che Gesù ha salvato Lazzaro perché era suo amico e aiuta soltanto gli amici. Io ho voluto dirvi attraverso questo testo che quello che conta è la fiducia nella volontà di Dio di non abbandonarci mai anche se noi tentiamo di dimenticarlo e di non stare dalla sua parte”. Detto questo aggiungo una piccola osservazione per far capire perché ho parlato di una differenza tra Paolo e Giovanni. Se voi vi ricordate Paolo nella lettera ai Corinti quando parla della Risurrezione cerca di superare una obiezione che i Corinti gli avevano fatto. I Corinti gli dicevano “Non è sicuro che ci sia Risurrezione” e Paolo dice “Ma se non c´è Risurrezione allora neanche Cristo è risorto” e considera la Risurrezione come se le cose fossero andate in questo modo cioè in Gesù Cristo noi abbiamo preso coscienza¸ ci è stato detto con chiarezza che per natura sua l’uomo nasce per risorgere¸ cioè in Paolo la Risurrezione è diventata una caratteristica della natura umana come Dio l´ha creata. Il destino di tutti è quello di risorgere¸ risorgere fa parte della natura umana come Dio l´ha pensata. Tanto è vero che possono risorgere tutti e questo si è infilato dentro anche nel Vangelo di Giovanni al capitolo 5¸ ma non qui. Risorgono tutti perché per natura devono risorgere¸ i buoni per la felicitภi cattivi e i peccatori per la condanna. Questa è la visione paolina¸ cioè ci è stato fatto conoscere¸ ci è stato fatto capire che la natura umana per natura è risorgibile. Giovanni non è a questo punto. Giovanni non considera la Risurrezione qualcosa di naturale di cui siamo stati informati da lui mentre gli altri uomini -gli ebrei per esempio non lo sapevano prima che Gesù lo insegnasse¸ perché per molti secoli gli ebrei pensavano che i morti sono delle ombre¸ ma non vivono più e soprattutto nello Sheol non sono in contatto con Dio- allora noi avremmo imparato che invece è nella natura¸ nella logica delle cose che ci sia la Risurrezione. L´unico problema è che si può risorgere per una felicità eterna oppure una condanna eterna¸ questo è Paolo. Giovanni invece fa capire che il risorgere è il frutto di un rapporto personale¸ intimo con Dio¸ che bisogna tenere vivo e preparare durante questa vita. La Risurrezione è una cosa che Dio può fare¸ la farà magari per tutti¸ ma non deve essere considerato un elemento caratteristico dell´uomo come tale¸ ma un dono e una grazia di Dio. È una sua super bontà non esigita dalla natura¸ quello che una volta con la terminologia che oggi i teologi non usano più si chiamava soprannaturale¸ nel senso che l’uomo non può pretendere di aver diritto a un dopo morte. Se c’è un dopo morte ringrazi Dio perché è un dono che non merita¸ è un dono al quale non ha diritto di aspirare. Questo è quello che Gesù intendeva dire quando disse a Marta “Io sono la Risurrezione e la vita”. Non la natura¸ direi neanche la tua fede¸ non la Chiesa¸ non le cose che fai¸ “Io”. Ecco la famosa centralità di Gesù Cristo come punto di riferimento per tutti che è caratteristica del Vangelo di Giovanni. Già nelle altre domeniche io vi ho detto: tutto questo che per noi è vero¸ che è la nostra caratteristica¸ è difficilissimo comunicarlo oggi ad altri popoli e a altre nazioni¸ perché noi siamo diventati una piccola minoranza e forse non riusciamo a far capire che questa centralità indispensabile di Gesù non è una svalutazione o un’offesa delle altre religioni. Bisogna presentarla come qualcosa che chiarifica ciò che nelle altre religioni o perfino nell´ateismo è nascosto e sottinteso¸ ma che è -attenti bene- non un aspetto della natura umana¸ ma quello che si deve pensare della grandezza e della potenza e della bontà di Dio. È veramente la grandezza della divinità quella che il Vangelo di Giovanni ci raccomanda di credere¸ di mantenere ferma nella nostra coscienza e di comunicare anche ad altri popoli. Amen.