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Omelia III QUARESIMA A del 15 marzo 2020

Domenica 15 marzo 2020 C´è una differenza notevole tra i Vangeli sinottici - Matteo¸ Marco¸ Luca - che abbiamo commentato domenica scorsa e il Vangelo di Giovanni perché Matteo¸ Marco¸ Luca presentano un Gesù che dedica tutta la sua vita a singole persone che hanno bisogno di essere aiutate perché sono malate¸ ma soprattutto alle folle e pensa che il suo compito sia quello di salvare il popolo d´Israele. È venuto perché tutte le pecore perdute del popolo di Israele possano ritrovare finalmente la pace¸ la serenità e la protezione di Dio. Gesù è il salvatore del popolo. Nel Vangelo di Giovanni Gesù viene presentato come il Salvatore di singole persone. È una cosa interessante questa. Non dimentichiamo che il quarto Vangelo viene scritto probabilmente tra il 90 e il 100 quando ormai un popolo Israelitico non esiste più. Gerusalemme è stata distrutta¸ esistono ancora gli ebrei sparpagliati nel mondo¸ ma non costituiscono più una nazione e non hanno più speranza di poter diventare un popolo organizzato. E allora Giovanni scrivendo il suo Vangelo preferisce presentare la persona di Gesù come una persona che incontra singoli personaggi. Poco prima della persona di cui parliamo oggi che è la samaritana c´è stato l´incontro con Nicodemo¸ che era un membro del Sinedrio¸ un importante ebreo probabilmente sadduceo. E adesso c´è l’incontro con una samaritana. È una differenza notevole¸ vuol dire che non si pensa più alla costituzione di un popolo che assomigli ad una nazione¸ ma si pensa a gruppi di persone che magari si organizzano per vivere insieme¸ si vogliono bene gli uni con gli altri¸ ma non costituiscono fondamentalmente un popolo. Sono dei gruppi¸ sono delle piccole comunitภe questo è una caratteristica interessante per capire lo spirito con cui Giovanni presenta le cose. Nel nostro racconto¸ che è molto interessante¸ c´è un´altra osservazione da fare per riuscire ad interpretarlo. Da un lato c´è certamente il desiderio di presentare il modo con cui Gesù ha affrontato il problema di una donna¸ però c´è anche l´intenzione di avvertire il lettore del testo che certe frasi sono scritte per lui. Cioè sembra che l’autore da una parte racconta un avvenimento accaduto¸ ma d´altra parte tiene presente che il suo libro verrà letto e certe espressioni le adopera perché le capisca il lettore¸ sottintendendo che probabilmente la samaritana non le avrebbe potute capire. Mi spiegherò meglio raccontando come sono andati i fatti. Si comincia a dire che Gesù è arrivato in un villaggio della Samaria¸ che era vicino al pozzo che Giacobbe aveva dato al suo figlio Giuseppe. Giacobbe è il patrono dell´intero Israele¸ le 12 tribù d´Israele sono costituite dai figli di Giacobbe. Ma Giuseppe era il figlio prediletto¸ quello che è stato venduto agli egiziani e divenne il salvatore dell’Egitto. Quindi Gesù si trova in una regione nella quale il culto di Giacobbe e del suo figlio diletto Giuseppe è da secoli presente ed è chiaro che gli abitanti della Samaria considerano di essere più importanti agli occhi di Dio degli abitanti di Gerusalemme. Per questo nel corso del discorso Gesù preciserà che in realtà i Giudei¸ cioè quelli di Gerusalemme¸ hanno un culto più vero¸ più giusto di quello dei samaritani. Però lui incontra una donna samaritana e rispetta questo primato di Giacobbe che la donna difende. Un´altra caratteristica di questo testo è - e questa è evidentissima - è il tentativo di Gesù di parlare di cose spirituali e l´ostinazione della donna di pensare invece a cose materiali. Gesù pensa di poter parlare di quello che accade nella mente¸ nel cuore e nello spirito e la samaritana invece pensa al secchio¸ alla necessità di una corda per prendere l´acqua dal pozzo; cioè è il contrasto tra la spiritualità e la realtà concreta delle cose. Gesù vuol parlare di cose che alla donna sembrano astratte e necessariamente secondarie e la donna ritiene che l´importante sia la possibilità della corda di tirare su il secchio dal pozzo e la fatica quotidiana di dover andare a prendere l´acqua e portarla in casa. Questo contrasto rimane fino alla fine del racconto. Gesù vuole dare alla donna un´acqua che non è l´acqua fisica che si beve e la donna continua invece a preoccuparsi di quello che si deve bere¸ cioè della materia invece che dell’astrattezza dello spirito. E cosí per convincere questa donna ad accettare il discorso spirituale Gesù deve fare un salto di qualitภcioè deve mostrare che conosce i segreti della sua vita e per questo dice “Vieni qui con tuo marito” e la donna è costretta a rispondere “Non ho marito” e Gesù a replicare “Sí¸ perché ne hai avuti cinque e nessuno di questi era il tuo vero marito”. È difficile sapere a che cosa si riferisca quest’idea del marito¸ cioè se si tratti veramente di singoli uomini che la donna ha amato uno dopo l´altro o addirittura che forse la donna esercitasse la prostituzione o se questi mariti sono qualcosa di simbolico¸ ma non è del tutto necessario rispondere a queste domande per capire come stanno le cose. Il fatto è che ad un certo punto Gesù riesce a convincere la donna a pensare a sé stessa¸ al suo destino di persona¸ non semplicemente al suo lavoro¸ non semplicemente alla fatica materiale di andare a prendere l´acqua tutti i giorni¸ ma induce la donna a pensare cosa ci sta a fare lei al mondo¸ che funzione può avere lei nel corso della vita¸ la sua persona¸ cioè rivela alla samaritana l´interesse per sé stessa e per il suo destino. Direi per la sua dignità di persona. E questo è il grande dono che Gesù fa alla samaritana e questo è molto moderno¸ è molto attuale¸ perché oggi noi riteniamo che la religione sia proprio quell’elemento che permette alle persone di fare pace con sé stessi¸ di capire qual è il valore della loro identità personale; le cose materiali si possono risolvere in altra maniera. È questo il punto chiave che Gesù vuole mettere in luce. Ed è interessante però anche il realismo con cui la donna reagisce a questa proposta di Gesù. Per esempio alla fine del discorso¸ quando la donna dice “Ma sí¸ quando verrà il Messia lui ci spiegherà tutte queste cose” e Gesù risponde dicendo “Sono io”¸ sottinteso “Sono io il Messia”. Due o tre righe più tardi si racconterà che la donna ha raccontato le cose ai suoi compaesani¸ ma non era convinta che Gesù fosse il Messia. Ha semplicemente detto “Mah¸ potrebbe anche essere lui. Che non sia lui il Messia?”. Gesù non è riuscito a convincerla. Le ha detto che era lui il Messia¸ lei ci ha in parte creduto¸ in parte ha lasciato aperta la possibilità di verificare a suo tempo se era vero quello che lui aveva detto. E anche questo è di una modernità eccezionale perché la fede non è qualcosa di automatico¸ la fede non è qualcosa che avendo delle prove sicure ti permette di dire “Si¸ è cosí e non ci penso più”. La fede è fatta moltissime volte di dubbi¸ di aspettative¸ ora ci si crede¸ dopo un po´ non ci si crede più. L´importante è tenere aperta la domanda¸ non dimenticare il contatto con la possibilità che Gesù sia veramente quello che ha dichiarato di essere. Ma per il lettore come dicevo all´inizio quel “Io sono” - voi ricordate bene¸ lo sapete giภperché l’abbiamo detto mille volte - evoca il nome di Dio¸ egli è colui che è¸ “Io sono colui che sono”¸ e quando Gesù risponde “Io sono” è come se dicesse il nome di Dio. Tutto questo non viene evidenziato nella storia della samaritana¸ rimane per il lettore¸ cioè l’autore del Vangelo ha scritto tenendo conto che i suoi lettori avrebbero pensato “Noi siamo molto più avanti della samaritana”. La storia della samaritana è la storia di un inizio della fede. Noi sappiamo già chi è veramente Gesù. Terminato questo racconto con la samaritana arrivano i discepoli e qui si apre un altro tema che è collegato al precedente¸ ma è più ampio: non si pensa più soltanto ai samaritani¸ c’è l’esempio della mietitura¸ ci sono quelli che seminano e ci sono quelli che coltivano e ci sono quelli che mietono. È l´estensione dell´idea che Gesù è interessato ad una folla di possibili convertiti¸ cioè Gesù presenta la possibilità che i discepoli possano raccogliere frutti numerosi mediante la loro azione. E quale sarà l’azione dei discepoli? Lui ha seminato¸ gli altri potranno mietere. Gesù ha compiuto quello che era indispensabile - e si allude tacitamente alla sua morte di croce- i discepoli ne godranno i frutti. Non sono loro che trasmettono la fede¸ non sono loro che convincono le persone. È la memoria di Gesù. Quindi in fondo l’ultima parte del testo avverte i futuri discepoli di essere onesti con sé stessi e di non vantarsi di essere loro quelli che hanno potuto costruire una chiesa con numerosi fedeli. È opera nascosta di Gesù. Un´ultima osservazione va fatta per il finale del testo. I samaritani dopo aver ascoltato la donna concludono dicendo: “Noi adesso crediamo perché abbiamo ascoltato e verificato come stanno le cose e abbiamo capito che Gesù è il Salvatore del mondo”. È molto interessante questa espressione che non è frequente nei testi del Nuovo Testamento¸ “Salvatore del mondo”. Giovanni per esempio nel suo Vangelo molte volte fa capire che Gesù non è venuto a salvare il mondo¸ ma ad estrarre dal mondo alcune persone - molte - che si dedicassero alla fede¸ all´amore di Dio¸ abbandonando il mondo. C’è una tensione nel Vangelo di Giovanni. Gesù è il Salvatore del mondo o è il Salvatore che ci salva dal mondo? È un problema aperto questo e direi che al giorno d´oggi dire che Gesù è il Salvatore del mondo ha un significato molto diverso da quello che aveva nell’antichitภperché nel periodo in cui il Vangelo di Giovanni veniva scritto era l´imperatore di Roma che si chiamava “salvatore del mondo”. Erano i grandi príncipi di altri Stati che si ritenevano salvatori del mondo e allora poteva avere un senso dire di fronte a queste presuntuose persone: “Guardate che non siete voi che salvate il mondo. Quello che ha salvato veramente il mondo è quell’uomo di Galilea che è morto crocifisso¸ che adesso è risorto e che ha insegnato non a comandare¸ ma a convincere le persone con la pazienza¸ che ci ha comandato di volerci bene. Non è il potere che rende salvatori del mondo¸ è l’amore che rende salvatori del mondo”. Questa era la forza di questa parola a quel tempo. Oggi¸ nel mondo di oggi¸ dire che Gesù è il Salvatore del mondo non potrebbe essere offensivo per certe popolazioni che non conoscono Gesù? Pensate ai cinesi che vengono ad aiutarci e ci insegnano come si fa a salvarsi da una malattia grave che ci sta tutti preoccupando. È solo Gesù che salva il mondo? Non ci sono tante altre persone che modestamente¸ solo in parte¸ si preoccupano di salvare il mondo? I medici¸ tutti coloro che rischiano la loro vita per poter salvare delle persone malate¸ popolazioni non cristiane? Oggi direi che usare l´espressione “Salvatore del mondo” dicendo che solo Gesù merita questo titolo potrebbe offendere l´onestà di molti popoli e di molte nazioni. Ci conviene per il momento rinunciare a questa frase.