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Omelia II Dom. Pasqua del 3 aprile 2005

Omelia del 3 aprile 2005 Nelle letture che abbiamo fatto¸ ci sarebbero almeno tre diversi argomenti sui quali si potrebbe parlare. Il primo potrebbe essere suggerito dalla prima lettura che è la famosissima immagine della Chiesa dei primi giorni che vive nell’unione fraterna¸ nella frazione del pane¸ nelle preghiere¸ tutti stanno insieme¸ hanno ogni cosa in comune¸ vendono le proprietภne fanno parte a tutti¸ frequentano tutti i giorni il Tempio¸ spezzano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore e godendo la stima di tutto il popolo. Ed è l’immagine della Chiesa degli inizi che ha sempre affascinato tutti i lettori. Qualche volta è stata usata anche in chiave polemica per rimproverare la Chiesa di epoche successive che si sarebbe staccata da questo ideale¸ ma è tempo perso perché lo stesso libro degli Atti¸ andando avanti¸ qui siamo al capitolo 2¸ andando avanti fa capire che la vita della Chiesa a poco a poco si complica e che non è più possibile vivere soltanto in questa maniera e il libro degli Atti sembra essere scritto anche per far capire che rimane vera e autentica Chiesa anche quella dei mesi e degli anni successivi¸ che è una Chiesa che deve affrontare conflitti e difficoltà. Quindi è una bella visione poetica¸ questa dei primissimi giorni¸ non destinata a durare. Tant’è vero che la seconda lettura dalla prima lettera di Pietro dice chiaramente che “Siete ricolmi di gioia anche se ora dovete¸ per un po’ di tempo¸ essere afflitti da varie prove”. Quindi vuol dire che già quando l’autore di questa lettera scrive ai cristiani¸ poniamo una trentina di anni dopo l’inizio della vita della Chiesa¸ la Chiesa era sottoposta a delle tribolazioni e a delle prove¸ quindi era finita l’epoca dell’armonia descritta dagli Atti. E questo sarebbe un primo tema che ho soltanto accennato e che non posso ulteriormente approfondire cioè quello dell’immagine della vita delle comunità come è presentata in questi testi. Un secondo tema¸ che è presente nella prima parte del Vangelo¸ nella prima apparizione di Gesù il giorno di Pasqua¸ sarebbe quello del dono dello Spirito Santo per la remissione dei peccati. E anche questo sarebbe un tema particolarmente interessante che corrisponderebbe¸ tra l’altro¸ al nome che il Papa defunto ha voluto dare a questa domenica chiamandola “la Domenica della Misericordia” cioè la domenica in cui viene annunciato il perdono dei peccati. E infine c’è un terzo argomento che è invece quello su cui avrei pensato di fermarmi un momento¸ che è l’argomento che anche la Liturgia sembra sottolineare come più importante perché¸ nel versetto che si dice fra i due Alleluia all’inizio del vangelo estrae dal Vangelo questo pensiero: “Perché mi hai veduto¸ Tommaso¸ tu hai creduto: beati quelli che¸ pur non avendo visto¸ crederanno” ed è cioè il tema della fede di coloro che non hanno visto¸ cioè la nostra fede. E siccome anche la Liturgia suggerisce di dare importanza a questo particolare punto è su questo che vorrei fermarmi un attimo. Tommaso non crede¸ vorrebbe toccare¸ mettere il dito nelle piaghe del costato. Gesù lo accontenta¸ sembra che Tommaso scioccato da questa parola di Gesù che gli dice “Tocca” non tocca niente e anzi arriva alla più alta professione di fede che si trovi in tutto il Nuovo Testamento¸ l’unico testo nel quale¸ senza ombra di dubbio¸ Gesù viene chiamato con il titolo “Dio”: “Mio Signore e mio Dio”. E quindi è la storia di come Tommaso è arrivato alla fede. In risposta e a conclusione di questo¸ Gesù pronuncia la sua beatitudine: “Perché mi hai veduto hai creduto¸ beati quelli che pur non avendo visto crederanno”. E questa è la parola sulla quale dovremmo un attimo fermarci. L’evangelista sfrutta questa parola di Gesù per segnalare l’importanza del suo libro¸ perché dopo aver citato questa parola del Signore¸ dice che “Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli¸ ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti perché crediate”. E quindi¸ dicevo¸ sfrutta questa beatitudine pronunciata dal Signore per dire: “Per fortuna c’è il mio libro¸ per cui quelli che non hanno visto possono credere leggendo il libro: è stato scritto perché crediate”. Ed è quindi un modo¸ direi¸ per fare propaganda al suo Vangelo. E suggerisce¸ anche questa è una cosa abbastanza rara all’interno del Nuovo Testamento¸ suggerisce che nel piano di Dio la Sacra Scrittura¸ cioè l’insieme del libri¸ è la primaria fonte della fede per coloro che non hanno visto¸ perché è evidente¸ il senso globale del brano è questo. Tommaso voleva non soltanto vedere ma toccare e Gesù in un certo senso l’ha accontentato¸ però poi ha detto “A differenza di te¸ Tommaso¸ sono beati quelli che fanno a meno di vedere”. Fanno a meno di vedere¸ e cosa sostituisce il vedere? Il leggere¸ o come alcuni preferiscono ascoltare nel senso che il testo si può leggere privatamente¸ personalmente – come hanno giustamente sottolineato i protestanti¸ i quali si rendevano anche conto dell’importanza che aveva avuto l’invenzione della stampa¸ appena successa: permetteva a tutti di leggere – e hanno intuito che cominciava un’epoca nuova nella storia¸ in cui la lettura diventava disponibile per tutti e allora si sono resi conto che predicazione e lettura insieme diventavano il fondamento della fede. I cattolici sono arrivati un po’ più in ritardo a mettere il libro nelle mani di tutti i cristiani e hanno privilegiato la loro predicazione. Poi alla fine col Vaticano II¸ anche loro hanno finalmente proclamato che la Sacra Scrittura¸ come libro¸ è uno dei mezzi con cui si arriva alla fede. Il Vangelo non lo dice esplicitamente¸ però lo lascia intendere. Sono beati quelli che credono senza aver visto! E da dove basano la loro fede? Sul libro. Ripeto¸ il libro letto e/o predicato. Siccome in Pietro c’è un passo¸ una piccola frasetta nella quale si parla della fede che nasce dall’ascolto¸ molti preferiscono sottolineare il fatto che la fede¸ più che dal libro letto¸ deriva dal libro usato nella Chiesa e rivitalizzato dalla predicazione. Ma in ogni caso la nostra fede si basa in gran parte su questo dono che Dio ci fa: di un libro che parla del suo Figlio e¸ come dice l’evangelista: “Le cose sono state scritte perché crediate che Gesù è il Cristo¸ il Figlio di Dio e abbiate la vita eterna”. E’ interessante¸ mi pare questo. La nostra fede¸ è una fede che nasce dall’ascolto e dalla lettura non dalla visione¸ che non c’è. Qui si aprirebbe un terreno di ricerca che forse non è stato sufficientemente esplorato¸ almeno per quanto pare a me¸ e io rischio di essere superficiale se entro dentro in questo campo. C’è una differenza tra credere perché si vede e credere perché si ascolta e si legge? Ci aiuta a capire qual è la vera natura della fede il fatto che la nostra fede non si basa sulla constatazione visiva ma si basa sulla lettura e la meditazione? Forse sí. Qui però ci vorrebbe l’aiuto dello psicologo¸ dell’antropologo¸ del sociologo¸ il quale ci aiuti a capire che differenza c’è tra arrivare a una conclusione¸ a una certezza interiore perché si è visto o assistito¸ oppure perché si è ascoltato e letto. Certo nel vedere c’è maggior immediatezza¸ c’è anche maggiore possibilità di essere ingannati. Perché si può essere precipitosi nella conclusione quando si vede¸ c’è maggiore possibilità di essere falsamente impressionati. Quando si legge è meno facile rimanere convinti¸ ma c’è più spazio per il ripensamento¸ il ragionamento¸ la riflessione. Non so se questo è giusto¸ se è vero¸ se è profondo¸ o se è superficiale. Dico solo che questo settore andrebbe esplorato un po’ meglio. Le cosiddette “Religioni del libro” – e qui bisognerebbe anche poi riflettere su come lo si adopera il libro¸ poiché se il libro lo si adopera come un testo caduto dal cielo che magicamente contiene ordinamenti divini¸ di fronte ai quali chinare la testa e spegnere l’interruttore dell’intelligenza¸ allora è una cosa. Se il libro invece si legge¸ dialogare con il libro¸ dibattere con il libro¸ come si fa nella lettura più che nell’ascolto. Il libro che si riapre¸ si riguarda¸ si riprende¸ si mette da parte¸ lo si chiude con ira dicendo “che stupidaggini!” poi lo si rilegge… Il modo come la fede nasce dal testo – è interessante tutto questo – e bisogna appunto distinguere il modo con cui si utilizza il testo. E’ chiaro che insistendo su questo io vorrei sottolineare una dimensione di cui ho già parlato anche altre volte e cioè che il modo cristiano di suscitare la fede nelle persone è un modo graduale¸ lento¸ accompagnato dal dubbio¸ da incertezze¸ da ripresa del tema¸ da riflessioni¸ è una continua attività della mente che pensa¸ riflette¸ ragiona. E’ l’accompagnamento che continua per tutta la vita di una ipotesi possibile che un giorno mi pare del tutto credibile¸ l’altro giorno mi fa difficoltภma che¸ tuttavia¸ io non intendo abbandonare perché mi attira e mi affascina. La fede non è una cosa che si compra¸ c’è e non c’è. No¸ la fede è come l’appetito¸ è come la vita¸ è come l’apprezzamento delle cose belle E’ una cosa con la quale si convive in un rapporto dialettico cioè dialogale¸ dialogico. Molta gente crede di non aver fede perché non ha capito che cos’è la fede. La fede è continuare a leggere un libro con attenzione e interesse. Non è vedere¸ per cui si chiude. D’accordo che anche quel che si vede poi ci si può ripensare¸ insomma¸ per dirla in breve e in maniera forse inesatta¸ credere assomiglia più a leggere che a vedere. Pensateci¸ è uno slogan come tanti. Anche la lettera di Pietro dice la stessa cosa. E’ curioso perché si vede che questi uomini del Nuovo Testamento che hanno predicato¸ hanno fatto l’esperienza di gente che si convertiva e altri no¸ si sono accorti di questo strano fenomeno perché anche Pietro dice: “Lo amate pur senza averlo visto e ora¸ senza vederlo¸ credete in Lui. E perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa mentre conseguite la meta della vostra fede”. Chissà se quel “perciò” va sottolineato o no¸ ma sembrerebbe di capire che è come se l’autore dicesse: “Io capisco perché siete contenti¸ perché senza aver visto niente¸ soltanto riflettendo¸ con la fatica della vostra mente siete arrivati a credere e siete contenti perché ci siete arrivati voi con la vostra testa. Pur non vedendolo credete e¸ per questo¸ esultate di gioia mente conseguite la meta¸ cioè mentre procedete e andate avanti”. Ultima cosa: Pietro sottolinea anche un aspetto che nel Vangelo è solo implicito ma che è importante¸ ed è quello che ho già detto. Prima dice: “Lo amate pur senza averlo visto e¸ ora¸ senza vederlo credete”. Io l’ho già accennato anche un’altra domenica. Viene prima la fede e poi l’amore o prima l’amore e poi la fede o si intrecciano l’uno con l’altra. Probabilmente tutti e due i testi sottolineano che viene prima l’amore o¸ se volete¸ un’altra parola¸ per intenderci¸ meglio la simpatia¸ l’interesse¸ l’attrattiva perché San Tommaso voleva toccare e perchè voleva essere sicuro? Perché Gesù gli stava a cuore e non voleva essere imbrogliato. Quando uno coltiva dei dubbi¸ non è mai contento¸ è perché quell’argomento gli sta a cuore. Quelli che dicono subito“Non è vero” o anche quelli che dicono subito “E’ vero” spesso non amano la cosa di cui parlano. Vogliono farla finita alla svelta con un si o con un no. Chi ama veramente la fede è uno che ci ritorna continuamente sopra le cose perché gli stanno a cuore. Ecco¸ provate a ripensarci a queste cose perchè io so che molti¸ qualche volta lo dicono anche in confessione¸ “Ho paura di non ave più fede perché mi vengono dei dubbi”. Ma¸ cari¸ questa è la vita della fede¸ vuol dire: La cosa vi sta veramente a cuore¸ che vorresti capire di più¸ che ti dispiace¸ vorresti toccare. E’ segno che tu ami ed è da questo amore che¸ presto o tardi¸ nascerà in te la gioia di essere appassionato di questa verità e alla fine ance la sicurezza di poterti affidare a questa verità.