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Omelia XXIV DOM.T.O. B del 16 settembre 2018

16 settembre 2018- XXIV DOM. T.O. B- Is 50¸5-9a; Mc 8¸27-35 La prima lettura è presa da uno dei quattro canti del servo del libro di Isaia. Si parla di un servo di Dio che ha ricevuto degli incarichi e cerca di compierli¸ nonostante siano per lui dolorosi e difficili. Nell´ a.t. c´è sempre l´idea che l´aiuto di Dio ti aiuta a sopraffare l´avversario. Gesù va oltre tutto questo¸ Gesù accetta di essere considerato colpevole e non risponde¸ tace. L´ Antico Testamento è sempre un passo indietro rispetto alla novità di Cristo. Solo il quarto canto¸ ma non questo che abbiamo letto¸ è l´unico testo che¸ in quasi tutto¸ precede la figura di Cristo¸ la sua rinuncia ad ogni difesa. Dopo il miracolo del sordomuto c´è stato un altro miracolo analogo¸ fatto sempre con saliva¸ toccamenti¸ in pubblico¸ cioè la guarigione di un cieco. E´ caratteristico di Marco ripetere sempre due volte le cose. Dopo l´episodio della guarigione del cieco c´è il testo che abbiamo letto. Mentre i primi due sono testi storici¸ probabilmente scritti da Marco come Pietro glieli raccontava (questa è l´unica spiegazione che fa capire come mai Marco si perde in tanti particolari)¸ il testo di oggi certamente è stato rielaborato dall´evangelista e non ha quella spontaneità originaria dei due racconti di miracoli. Questo è un testo che è stato manipolato a risurrezione avvenuta. Gesù parte per i villaggi attorno a Cesarea di Filippo. E´ una città molto a nord della Palestina¸ ai confini con l´attuale Libano. Luca¸ che prende da Marco¸ non nomina Cesarea di Filippo¸ perché probabilmente non è sicuro che la notizia sia storica; quando non sa¸ Luca non dice. L´esegeta deduce che il testo sia stato inventato da Marco o da Pietro¸ e per dargli una patina di storicità hanno inventato la localizzazione a Cesarea di Filippo. Gesù interroga i suoi discepoli per sapere cosa dice la gente. E´ reale tutto questo? Gesù aveva piacere di sapere cosa pensavano gli altri? Può darsi che Gesù volesse sapere qualcosa che non sa. Loro gli riferiscono. Siamo¸ come vedete¸ nell´atmosfera di Marco¸ quella di Cristo che è semplicemente un uomo. Si sente rispondere che alcuni dicono che è Giovanni il battista. Altri dicono Elia. Altri dicono uno dei profeti. Significa quel personaggio storico che si è ripresentato¸ lui¸ fisicamente¸ adesso¸ o significa che assomiglia a Giovanni il battista¸ a Elia o a uno dei profeti? Il testo è aperto a diverse interpretazioni. Queste risposte della gente sono presentate soltanto per dire che la gente non ha capito nulla. Curioso che la gente per esempio non dice che potrebbe essere il messia. Alla gente non è venuto in mente¸ o è l´evangelista che per far dire che la cosa l´ha scoperta Pietro¸ non dice che la gente lo pensava? Altra domanda: ai tempi di Gesù la gente aspettava veramente che il messia venisse? Anche questo è storicamente da verificare. Noi non sappiamo niente di cosa pensava allora la gente. Non abbiamo fonti per saperlo. Noi diamo per scontato che loro aspettavano il messia¸ ma chi l´ha detto? Pare che a Qumran ne aspettassero addirittura due¸ uno di stirpe regale e uno di stirpe sacerdotale¸ ma erano monaci chiusi in quel convento¸ gli esseni. Cosa pensavano gli altri? Tra Galilei e Giudei c´è la stessa distanza culturale che c´è tra la Val d´Aosta e la Sicilia. "Voi chi dite che io sia". Pietro dice" Secondo me sei il messia". La parola Cristo vuol dire messia¸ l´unto¸ il consacrato. (L´olio era considerato un medicamento divino dell´anima; per questo c´era l´unzione). "Non ditelo a nessuno". Dopodiché lo dice lui a tutti. E questo è contraddittorio. Marco vuol dire che Pietro ha detto che era il messia¸ ma Gesù ha voluto precisare che non gli piace che lo chiamino messia¸ perché probabilmente circolavano del messia idee che Gesù considerava sbagliate. Loro dal messia si aspettavano che fosse un militare che cacciava i romani con le armi. Non è sicuro neanche questo¸ ma certamente si aspettavano una persona potente che avrebbe ridato al popolo di Israele la sua indipendenza politica. E Gesù di tutto questo non ne vuole assolutamente sapere¸ per cui la parola messia non gli va bene. " Cominciò a insegnar loro che il figlio dell´uomo doveva soffrire molto". Gesù non vuole avere nessun titolo¸ ma si definisce il figlio dell´uomo¸ parlando di sé in terza persona. Sul parlare in terza persona¸ stamattina passava un uomo in bicicletta e dietro di lui un bambino; l´uomo dice al bambino - Ti faccio vedere dove è andato a scuola il papà-. Il papà era lui. Perché non ha detto- Ti faccio vedere dove andavo a scuola-? Quando si usa la terza persona si vuole parlare di se stessi in quanto incaricati di qualcosa. Voleva dire - Io¸ in quanto studente allora¸ (adesso sono il papà) etc-. Gesù dice- Io sono il figlio dell´uomo-¸ una figura che c´è nel profeta Daniele¸ un altro tipo di incarico proveniente da Dio. Lui¸ in quanto figlio dell´uomo¸ non quindi messia come intende la gente¸ deve essere rifiutato dagli anziani etc¸ venire ucciso¸ dopo tre giorni risorgere. Risorgere¸ in Marco¸ potrebbe voler dire innalzare¸ glorificare¸ (non indica necessariamente risurrezione fisica)¸ applaudito¸ considerato un eroe. In Luca e Matteo c´è risvegliato¸ e allora è chiaro che si parla di farlo rivivere. I due verbi si traducono tutti e due risorgere in italiano¸ perdendo la diversa forza espressiva che c´è nel greco. Pietro che evidentemente aveva del messia l´idea di una persona potente¸ vincitrice¸ lo rimprovera¸ e lui gli dice- Ma va via satana¸ tu non capisci niente¸ tu non ragioni secondo Dio-. Adesso la cosa che ci interessa è come Gesù pensa che Dio ragioni. - Convocata la folla¸ insieme ai suoi discepoli¸ (prima volta folla e discepoli tutti insieme)-¸ lui¸ che non voleva si dicesse niente¸ dice- Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso (è lo stesso verbo usato prima per quelli che rifiutano lui¸ con un rafforzativo¸ rifiutare decisamente)-¸ e qui comincia per noi il tragico; uno psicologo direbbe " Guai se uno rifiuta se stesso¸ la cosa principale è accettarsi¸ addirittura volersi bene". Cosa significa¸ come viviamo noi oggi questo rinnegare se stessi? - Prenda la sua croce e mi segua-. Se l´avesse detto prima della sua crocifissione cosa poteva significare per un ebreo di allora ? Luca ha risolto ipotizzando già la croce come albero di salvezza del risorto¸ e dice : prendere ogni giorno la sua croce; quella di ogni giorno non è più la croce di Gesù¸ sono semplicemente le fatiche della vita¸ la vita cosí come è. Ma prima che Gesù morisse e la croce diventasse simbolo dell´aiuto divino nella sofferenza¸ simbolo della vittoria sul male¸ al tempo di Gesù prendere la croce cosa voleva dire? (La traduzione latina¸ la vulgata¸ adopera il verbo baiulare¸ che vuol dire portare sulla schiena come fanno gli asini). Accettare che i romani ti trattino come uno stronzo (questa è la parola giusta¸ perché se uno era cittadino romano non si adoperava la crocifissione)¸ accettare che i romani ti trattino come una bestia. Avrà voluto dire cosí Gesù? Se Marco¸ come Luca¸ considera già la croce nell´ottica del dopo risurrezione¸ tutto questo non l´ha detto Gesù. L´ha pensato Marco¸ dopo Pasqua. Poi c´è la finale¸ apparentemente bella¸ anche questa difficile da mandar giù. E´ un linguaggio militare - Chi vuol salvare la sua vita la perde¸ chi rischia di perderla¸ la trova-. E´ il discorso che fanno i comandanti ai soldati. L´ha detta veramente Gesù? L´ha detta in questa forma? Vale per sempre? È una regola perenne¸ oppure¸ come ho detto altre volte¸ Gesù vuol far capire che una sola volta nella storia si verificherà un evento in cui Gesù vivrà quest´esperienza. Una volta per tutte¸ poi mai più¸ perché Gesù accetterà di perdere la sua vita per salvare la vita degli altri. Per cui non è una regola di vita che ci viene data come un precetto¸ ma è la rivelazione dell´unico evento irripetibile¸ che una sola volta nella storia è accaduto¸ cioè che il Figlio di Dio si è lasciato uccidere dai romani¸ ed ha accettato di essere trattato come una bestia da soma. Non è una regola morale da praticare tutti i giorni¸ non è una regola di vita da diffondere¸ è un modo per indicare quell´unicum che c´è stato una volta sola¸ l´unicum di Gesù¸ di fronte a cui la ragione deve chinare la testa e dire: non capisco perché¸ ma mi sforzerò di crederlo e di capirlo¸ perché forse è importantissimo per capire le cose.