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Omelia XXI DOM.T.O. B del 26 agosto 2018

26 agosto 2018- XXI DOM.T.O. B- Gs24¸1-2a.15-17; Gv 6¸60-69 Abbiamo letto la finale del discorso sul pane di vita¸ che è molto problematica. - Molti dei discepoli di Gesù¸ dopo aver ascoltato¸ dissero" Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?"-. Il discorso era stato fatto nella sinagoga di Cafarnao¸ e Gesù aveva detto che bisognava credere in lui¸ perché l´opera di Dio era credere in lui come unico salvatore¸ unico signore. Credere in lui vuol dire nutrirsi del suo corpo e del suo sangue¸ perché sono vero cibo¸ non un cibo materiale¸ ma un nutrimento spirituale. In un certo senso si escludeva che ci fosse una corporeità di Gesù che bisognava mangiare. Gli ascoltatori non avrebbero capito il senso di quel termine¸ vero cibo¸ vera bevanda¸ dove la parola vero non significava "materialmente digeribile dallo stomaco"¸ ma significava vero in senso metaforico¸ spirituale. Infatti chi mangia pane¸ vino etc¸ muore¸ chi mangia il vero cibo non muore perché il vero cibo non è carne¸ ma è spirito. - La carne non giova a nulla. Le parole che vi ho detto sono spirito e vita-. Questo conferma l´interpretazione data del discorso di Giovanni. Lui rifiuta ogni presenza reale di Cristo nel pane e nel vino¸ perché per lui mangiare la carne e bere il sangue significa assimilare il modo di vivere di Gesù¸ l´idea di uomo che Gesù vive nella sua vita. Significa nutrirsi del suo esempio. Attualizzando le parole di Gesù¸ bisogna cercare di ottenere come minima cosa¸ la più importante¸ di base¸ almeno una equilibrata distribuzione delle ricchezze e dei beni¸ perché tutti abbiano la possibilità di sentirsi uomini sicuri e tranquilli nella vita. Mi pare che sia chiaro - La carne non serve a nulla¸ quello che vi ho dato è spirito e vita-; quando Gesù parla di cibo non parla di una realtà come quella eucaristica. Questo non significa che l´eucarestia non c´è. L´eucarestia c´è. Probabilmente anche il circolo giovanneo celebrava l´eucarestia¸ ma la celebrava come un semplice segno¸ senza insistere sulla trasformazione degli elementi. Questo riguarda la possibilità di avere idee differenti¸ come già succede nelle chiese cristiane¸ perché i protestanti hanno su questi argomenti un´idea differente da quella dei cattolici¸ e gli ortodossi da quella di entrambi¸ cioè in che senso si può dire che il pane e il vino che adoperiamo nella messa¸ rappresentano¸ sono¸ evocano¸ contengono in maniera fisica o simbolica¸ il corpo e il sangue di Cristo. La discussione sulla natura della presenza di Dio nel pane e nel vino rimane totalmente aperta e libera¸ all´interno di riflessioni teologiche¸ come di fatto è avvenuto nelle chiese. La cosa interessante di questo brano non è soltanto questa¸ perchè non solo la gente della sinagoga non ha capito il discorso¸ e continua a dire di voler mangiare il pane normale¸ ma anche i discepoli si ritirano. Oltre ai discepoli¸ a un certo punto si pone la domanda ai dodici. Ed è praticamente l´unica volta che il termine dodici viene usato nel Vangelo di Giovanni. Ci sono i discepoli che in gran parte lo abbandonano; il testo dice che Gesù lo sapeva¸ e questo è caratteristico di Giovanni. La maggioranza se ne va¸ non ha capito¸ lo abbandona; sono persone che cercano un immediato vantaggio¸ cercano cose visibili¸ concrete¸ non accettano questa specie di fiducia in una promessa che¸ sotto sotto¸ è fatta di parole. Infatti l´altra frase che ci fa pensare è la risposta dei dodici- Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna!-. Hai le parole! La domanda che viene è: hai anche i fatti? Bastano le parole? Qui si apre tutto un discorso¸ che accenno. La parola può essere una parola illusoria¸ una parola di conforto? Quante parole di conforto¸ di illusione¸ di incoraggiamento sono sincere¸ contengono anche un fondo di veritภma non sono fatti! Subito¸ già nei vangeli¸ poi soprattutto in Paolo¸ le parole si sono moltiplicate. Si sono trovati tutti i termini necessari per spiegare una realtà di cose di cui non c´è evidenza concreta. Neanche dell´esistenza di Dio! Dire Dio è dire una parola. Dietro questa frase "tu hai parole" sta il fatto che l´uomo è uomo perché parla. La parola è un modo di chiamare le cose con un nome che significa un´altra cosa. Un simbolo. La parola è un modo di interpretare la realtà. Senza la parola non c´è niente. La parola¸ non verificabile sperimentalmente¸ è indispensabile per essere uomini. Il "cogito ergo sum" di Cartesio non si può fare senza le parole. Ogni parola allude a un´infinità di cose possibili¸ sono in continuo cambiamento e collegamento¸ suscita aspirazioni¸ attese¸ sentimenti. La "Dei Verbum" parla proprio di rivelazione che è costituita di fatti e parole. Non c´è fede senza parola. Simone dicendo- Da chi andremo¸ tu hai parole di vita eterna- non è un superficiale che si accontenta di parole¸ che si lascia illudere. L´oggettività è continuamente mediata dal discorso. Poi continua- E noi abbiamo creduto e conosciuto-¸ cioè abbiamo verificato- che tu sei il santo di dio-. E´ la prima e unica volta che Gesù viene chiamato " il santo di Dio " in tutto il Nuovo Testamento. É un titolo massimo¸ medio o minimo? È di più o di meno di figlio¸ signore¸ Dio? Forse è poco. In alcuni salmi il salmista dice di essere santo¸ che vuol dire essere devoto. Allora questo brano cosa significa? Il fallimento totale di Gesù! Non l´hanno creduto gli ebrei¸ non l´ha creduto la maggioranza dei discepoli¸ Pietro gli ha detto" Sei quasi come un profeta¸ sei un innamorato di Dio". L´hanno considerato un po´ più di loro. Fallimento e delusione di Gesù! Qui si apre tutta un´altra ricerca: la storia di Gesù rivela quello che Dio è in se stesso e come Dio sempre si comporta¸ o parla di un caso unico¸ particolare¸ irripetibile¸ che è accaduto una sola volta? La sofferenza¸ l´umiliazione¸ la brutta figura che Gesù ha voluto e dovuto vivere¸ cioè quello che si racconta di Gesù nel Vangelo è quello che Dio fa sempre¸ quello che Dio sempre è? Quindi Dio¸ per esempio¸ tira qualcuno¸ scaccia gli altri¸ ignora i discepoli¸ o quelli di Cafarnao? Fa sempre cosí? Ma chi l´ha detto ?! La storia di Gesù è irripetibile¸ è successo una volta sola. Dio gli ha fatto fare una figura meschina: scappano tutti¸ lui è solo¸ morirà sulla croce. Dopo si capovolge tutto¸ ma prima no. Come faccio a considerare attributo perenne di Dio un comportamento che qui è descritto in questo modo¸ per indicare quello che Dio ha fatto una sola volta¸ in Gesù¸ per degli scopi particolari¸ ma che non è direttamente la fotografia del modo di essere e di agire di Dio? É semplicemente quello che Dio è stato in una occasione¸ decisiva¸ indispensabile¸ centrale. Ma poi serve il ragionamento¸ ed ecco che nasce la teologia¸ questo è vero¸ questo è falso. Questo è la fatica di credere!