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Omelia XVI DOM. T.O. B del 22 luglio 2018

22 luglio 2018- XVI DOM.T.O. B- Gerusalemme 23¸1-6; Ef 2¸13-18; Mc 6¸30-34 La prima lettura¸ il salmo e il Vangelo usano l´immagine delle pecore. Nel salmo il salmista considera se stesso debole e incerto nelle decisioni¸ come una pecora¸ ritiene di avere bisogno di una guida nella vita¸ e allora prende l´immagine di una singola pecora e dice a Dio di sentirsi come una pecora che ha bisogno del suo pastore. Questo modo di presentare il rapporto con Dio¸ con l´immagine pecora-pastore¸ che è un po´ diversa da quella gregge- pastore¸ è molto bello e lo possiamo utilizzare tutti nella preghiera nei momenti di debolezza. Diverso è se l´immagine gregge-pastore¸ come in Geremia¸ diventa un´immagine nella quale un intero popolo è incapace di decidere il suo futuro¸ e ha bisogno di un re. Diventa una struttura sociologica¸ e¸ genericamente¸ antropologica: gli uomini sono sempre come un gregge¸ specialmente quando stanno insieme e si riuniscono come popolo¸ non sanno fare niente e hanno bisogno di un re. Questa è la visione arcaica¸ antica¸ del tutto opposta alla visione che si è instaurata dall´illuminismo col concetto di democrazia. Ci troviamo di fronte alla difficoltà di un cristiano di oggi di mettere d´accordo questi testi antichi con la situazione culturale dei giorni nostri. Non possiamo più dire che abbiamo bisogno di un Dio perché non sappiamo fare niente per nostro conto¸ perché ci stiamo allenando a una partecipazione sempre il più democratica possibile. E facciamo anche un´altra esperienza¸ rara nel mondo antico¸ rendendoci conto che ci sono delle capacità distribuite nella popolazione¸ per cui si fanno continuamente scoperte¸ soprattutto tecnico-scientifiche. E tutto questo avviene non da un pastore¸ non da una figura dominante¸ ma dalle capacità individuali di organizzarsi. Qualche volta nei vangeli sinottici¸ in particolare in Marco¸ si presenta Gesù come una persona che non ha bisogno di porsi come colui che comanda¸ che emerge¸ e anticipa in qualche modo questa fiducia nella gente comune. Marco ha raccontato che Gesù ha mandato gli apostoli in missione a predicare; nell´intermezzo¸ mentre sono in giro a predicare¸ racconta la morte del Battista; poi dice:- Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù-. Sono ritornati¸ sono stanchi¸ ed ecco la figura di Gesù tipica di Marco:- Venite in disparte a riposarvi-; e va con loro. Questo Gesù stanco¸ che si rende conto della stanchezza degli altri¸ non è il pastore¸ è l´uomo di buon senso. La gente vede che loro stanno per andar via¸ corre a piedi e li precede¸ per cui quando arrivano se li trovano già lí. (Questo serve a Marco per la moltiplicazione dei pani; è l´introduzione al Vangelo di domenica prossima¸ perché dirà che Gesù vedendo questa folla ha deciso prima di insegnargli e poi di dargli da mangiare). Voglio semplicemente osservare che Gesù è stato praticamente imbrogliato da questa gente che l´ha preceduto. Se fosse la figura divina che ci hanno insegnato a catechismo avrebbe dovuto indovinare che la gente correva a precederli¸ invece si meraviglia come un uomo normale; non è l´onnisciente¸ non è neanche il pastore. Lui vede la gente e dice che sono come pecore senza pastore¸ ma non dice di essere lui il pastore. La prima volta che Gesù viene chiamato pastore è nel Vangelo di Giovanni¸ non in Marco¸ né in Matteo¸ né in Luca. In Paolo¸ Efesini¸ Gesù è il signore del cosmo¸ tutto è stato creato per mezzo di lui¸ è il capo di tutte le cose. Il Gesù di Marco non è questo. Paolo non sa niente della vita del Gesù terreno¸ parla soltanto del crocifisso risorto¸ diventato padrone dell´universo¸ cioè di una specie di mitica divinizzazione di Gesù¸ che nel Vangelo di Marco non c´è:- Andiamo a riposarci¸ non abbiamo neanche il tempo di mangiare¸ sono arrivati qua tutti¸ adesso cosa facciamo¸ devo insegnare qualcosa-. E domenica prossima sentiremo che gli apostoli gli dicono:- E adesso come facciamo¸ questa gente qui deve mangiare; dove andiamo a comprare qualcosa; quanti soldi ci vorranno per dar da mangiare a questi qui-. Il Gesù di Marco non è come quello di Paolo¸ non è il signore dell´universo¸ il Dio fatto uomo; è un uomo e basta. A questo punto i casi sono due: Marco scrive prima di Paolo o dopo Paolo? Normalmente si diceva che Marco scrive dopo Paolo¸ perché Paolo predica dal 40 al 56¸ quindi 8 anni dopo la morte di Cristo¸ Paolo predica già. Il Vangelo di Marco è venuto dopo. Allora intende correggere Paolo? Come se dicesse ai suoi lettori: so che voi avete sentito la predicazione di Paolo; Paolo vi ha presentato un Gesù di cui non vi ha raccontato niente di quello che ha fatto nella vita¸ se non che ha fatto l´ultima cena. Perché l´unica cosa che Paolo racconta della vita di Gesù è l´istituzione del pane e del vino¸ che rappresentano la sua morte; per il resto non dice nulla di quello che ha fatto Gesù nella sua vita. E´ come se Marco dicesse: ma voi non sapete niente di Gesù! Vi racconto qualcosa di quel che ha fatto. E nel raccontare qualcosa di quel che ha fatto¸ presenta un Gesù che rispetto a quello di Paolo è un ometto¸ un uomo¸ mentre quello di Paolo era diventato una divinità soprannaturale. Lo fa per correggere Paolo¸ per completare¸ lo fa per umanizzare la figura di Gesù¸ che altrimenti sarebbe stata dimenticata? Sono nati per questo i vangeli sinottici? Matteo poi si è servito di Marco e ha diminuito un po´ questo aspetto umano di Marco¸ e ha trovato una via di mezzo¸ tra la grandiosità di Paolo e l´umiltà di Marco; Luca ha fatto qualcosa di simile¸ in maniera differente¸ sia nel Vangelo che negli Atti. L´ultimo Vangelo¸ quello di Giovanni¸ ha scavalcato Paolo¸ e ha fatto addirittura di Gesù il Dio in terra¸ che di umano non ha più niente; è soltanto un Dio che è una cosa sola con il Padre¸ che è sceso e ritorna - Non toccatemi¸ devo tornare al Padre mio- è diventato l´intoccabile. Questo passaggio¸ dall´uomo reale all´uomo divinizzato¸ come è avvenuto? E se Marco fosse invece vicino alla realtà ed avesse scritto nel 40? Ve lo dico perché è stato trovato a Qumran un frammentino piccolo piccolo¸ e mettendo a posto le sette o otto consonanti che si leggono¸ certi studiosi hanno detto che vengono da una frase del Vangelo di Marco¸ una frase che certamente è stata scritta dall´evangelista Marco; e se l´abbiamo trovata a Qumran vuol dire che prima del 70 c´era una copia del Vangelo di Marco presso gli esseni di Qumran. Se teniamo conto del tempo che ci vuole per scrivere il libro¸ per diffonderlo¸ per andare a Qumran¸ se teniamo conto che già prima del 70 era stata abbandonata la zona di Qumran¸ possiamo dire che il Vangelo di Marco è del 40-45; quindi è la fonte storica più attendibile¸ e lí abbiamo la realtà vera dell´uomo Gesù. La discussione è aperta. Nel Vangelo di Marco avremmo il punto di partenza del Gesù reale¸ del Gesù vissuto. E secondo me il mondo moderno ha bisogno di questo ritorno al Gesù vissuto¸ proprio perché deve trovare un Gesù che assomigli a quella valorizzazione dell´uomo nella sua realtà concreta che è caratteristica della nostra società. Noi oggi non vogliamo che Dio ci mandi dal cielo miracoli stratosferici¸ noi vogliamo che Dio ci rispetti nella nostra umanitภci aiuti a guarire dalle nostre malattie¸ vogliamo uno che ci aiuti a essere noi stessi¸ cosí come ci sentiamo di essere. E il Gesù di Marco è molto più vicino a questo che non il Gesù di Paolo¸ di Giovanni¸ di Matteo. Ecco come è ricca di cose la sacra scrittura¸ continuate a pensarci¸ leggerla¸ riflettere¸ fate le vostre ipotesi¸ appassionatevi a tutto questo¸ perché può servirci per capire tante cose. In questo senso io dico che è bello essere cristiani!