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Omelia XI DOM.T.O. B del 17 giugno 2018

17 giugno 2018 - XI DOM.T.O. B - Ez 17¸22-24; 2Cor 5¸6-10; Mc 4¸26-34 La seconda lettura può avere una connessione con l´immagine del seme che diventa un albero¸ contenuta nella seconda parabola del Vangelo di oggi¸ anche se tratta della risurrezione. Vorrei rileggere con voi sia il testo della seconda lettura di domenica scorsa¸ sia i pochi versetti letti oggi¸ e anche i versetti intermedi che sono stati saltati. L´immagine del seme che cresce era stata usata da san Paolo¸ nella prima lettera ai Corinti¸ al cap 15¸ in quella sua entusiastica affermazione sulla certezza della risurrezione: certamente risorgeremo¸ non c´è dubbio che risorgiamo. E per dimostrare che non c´è dubbio che noi risorgeremo aveva fatto appello alla potenza di Dio¸ il quale è capace di creare dalla stessa matrice delle cose infinitamente diverse: ci sono i sassi¸ inerti e opachi¸ e ci sono le stelle brillanti; Dio può fare quello che vuole con la materia inerte (loro pensavano che la materia dei sassi e quella delle stelle fosse la stessa). Come con le piante: voi seminate un piccolo seme e salta fuori un albero; sembra che marcisca nel terreno¸ e invece produce una pianta. E diceva: cosí potrà essere la risurrezione; il nostro corpo si disfa nel sepolcro¸ e poi rinasciamo completamente diversi da come eravamo prima. Insiste nel dire che questo è il modo di immaginare la risurrezione: un cambiamento totale; per cui noi saremo infinitamente più vivi¸ inaspettatamente grandiosi e belli¸ come la pianta rispetto al seme. Questo in 1a Corinti. E´ un discorso astratto; il suo paragone risulta convincente. Nella seconda lettera ai Corinti succede una cosa diversa. Il discorso della prima Corinti era un discorso teorico¸ astratto. Paolo era in un momento di ingenua felicitภperché le cose gli andavano bene a Corinto¸ e aveva questa visione ottimista. Qualche anno dopo¸ quando scrive la seconda lettera ai Corinti¸ ha dovuto soffrire molto; i Corinti lo hanno trattato male¸ lui si trova a Efeso¸ lo hanno messo in prigione¸ ha rischiato di essere condannato a morte; allora è cambiato tutto nella sua testa¸ perché il fatto di morire e risorgere è diventato adesso il suo problema personale. Paolo è come se dicesse: adesso capita a me. E si è dimenticato completamente della pianta¸ del seme¸ della meraviglia¸ e ha scritto cosí: "Noi non ci scoraggiamo¸ ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo¸ quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno". Parla di sé; non c´è più l´esempio della pianta¸ e non dice -che bello¸ voglio fare come il seme-¸ non lo dice¸ perché adesso soffre lui. " Infatti il momentaneo¸ leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria". Parla in termini di onore. Dice: adesso sto male¸ tutti mi dicono che ho sbagliato¸ anche i Corinti non mi vogliono più bene¸ hanno detto che ho rovinato la loro vita¸ ma io mi conforto con queste parole. E´ un uomo bisognoso di conforto. "Ma non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili¸ ma su quelle invisibili¸ perché le cose visibili sono di un momento¸ quelle invisibili invece sono eterne". E´ diverso parlare di seme che germoglia¸ e di cose invisibili che sono eterne. E´ cambiato il modo di affrontare la cosa. Poi continua: " Sappiamo infatti che quando sarà distrutta la nostra dimora¸ che è come una tenda¸ riceveremo da Dio un´abitazione¸ una dimora non costruita da mani d´uomo¸ eterna¸ nei cieli". La tenda! Il mestiere di Paolo era fabbricare tende. Paolo dice: io faccio le tende (sono le tende da campo¸ allora presenti dappertutto¸ usate soprattutto dai soldati; Paolo a Corinto lavorava con uno che vendeva tende al governo)¸ io fabbricavo le tende; e interpreta la sua vita come una tenda; si identifica col mestiere che ha fatto. Come succede a una quantità di persone. I camionisti che di notte¸ di giorno¸ vanno¸ si fermano¸ come si sentono nella loro vita? Altro esempio il grande medico Veronesi¸ che era tradizionalmente cristiano¸ e a un certo punto ha capito che c´è una cosa più importante¸ la ricerca¸ e ha finito per volere i funerali civili¸ perché ha capito che ricercare è il bene dell´uomo¸ più della preghiera. E´ la professione che ti rende quello che sei. Ognuno di noi è cosí¸ è la vita che ti crea l´identità. A Paolo è successa la stessa cosa. Vuole una tenda. Poi fa un passo in avanti¸ che è il più difficile da capire. "Perciò in questa condizione noi gemiamo e desideriamo rivestirci della nostra abitazione celeste¸ purché siamo trovati vestiti¸ non nudi". Qui c´è la questione del vestito e del nudo; nudo e vestito vuol dire un´infinità di cose. C´è il problema dell´esibizione del corpo: quando uno sta bene ed è presentabile si spoglia volentieri¸ quando uno capisce che farebbe ribrezzo si copre. Questo avviene anche quando uno fa l´esame di coscienza. Paolo non sa se è nudo o se è vestito¸ se ha fatto bene o se ha sbagliato nella sua vita. Ha continuato a dire: Cristo vive in me¸ non sono più io che vivo¸ è Cristo che vive in me; e gli altri gli dicono: ci hai imbrogliato con il tuo Cristo¸ è venuto un altro predicatore che ci ha detto che tu dici cose sbagliate. E lui forse si domanda: ma avrò fatto bene il mio mestiere? Rimango quello che sono¸ o mi metto in maschera? Nudo o vestito? Poi decide che è meglio essere vestiti¸ ma non basta¸ vuole essere sopravestito. "Purché siamo trovati vestiti¸ non nudi. In realtà quanti siamo in questa tenda sospiriamo come sotto un peso perché non vogliamo essere spogliati¸ ma rivestiti¸ affinché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. E chi ci ha fatti proprio per questo è Dio¸ che ci ha dato la caparra dello Spirito ( e qui ritorna il famoso Spirito che ci rende uomini)". Cioè: che Dio mi rivesta in modo che io possa essere accettato da lui; non so se ho il coraggio di presentarmi cosí come sono¸ vorrei essere sopravestito¸ mi sento nudo. Questo è un uomo che parla. Vi rendete conto che il risorgere è diventato un problema¸ è diventato un rischio? Se vogliamo capire come la bibbia ci aiuta nella vicenda della nostra fede dobbiamo riflettere su questi testi. Noi cosa ci aspettiamo dalla risurrezione? Paolo era preoccupato perché temeva che Cristo gli dicesse: non hai fatto abbastanza! Io¸ voi¸ vorreste risorgere per cosa? Per andare a vedere Gesù? Siate sinceri¸ vi interessa andare a vedere Gesù? O volete ritrovare i vostri amici¸ voi stessi? Cercate voi stessi¸ o cercate Gesù? Se cercate voi stessi e trovate là Dio che vi dice: chi se ne frega! E ci caccia via? Allora uno forse dice: no¸ no¸ quasi quasi è meglio non risorgere! Poi viene in mente un´altra idea a Paolo. Gli viene dal fatto che è un greco. Cioè l´idea che forse il corpo non serve. "Dunque¸ sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo...". Ma se il corpo era tutto!? Se hai detto che la risurrezione è la risurrezione della carne! Se c´è scritto nel credo che aspetto la risurrezione della carne¸ adesso mi tiri fuori che il corpo non c´è? Corpo¸ tra l´altro¸ è più di carne. Corpo dice anche i sentimenti¸ gli affetti¸ il vissuto dell´uomo; questo è il corpo! La carne indica la debolezza del corpo. Lui adesso si domanda se non è il caso di essere esiliati dal corpo¸ cioè da tutta la memoria della propria vita¸ quella della tenda¸ quella che lo ha fatto esistere per quel che è. Deve lasciare tutto? Risorgere vuol dire non essere più io? E sí¸ non sono più un seme¸ sono una pianta! Quello che diceva a Corinto con facilitภcon allegria¸ qui adesso è diventato un interrogativo; forse è meglio che io mi liberi dal mio corpo¸ cioè da tutte le mie memorie¸ i miei ricordi¸ i miei amici¸ i miei parenti¸ le mie cose¸ la mia identità. Per cosa poi? Lui lo sa: per Gesù! Perché è lui che mi ha chiamato. Ma noi siamo disposti a dare tutto noi stessi per Gesù? Importa qualcosa di vedere Gesù? Fanno ridere quelli: incontro col Signore risorto! Chiacchiere¸ parole! Parole che si dicono quando non si pensa. Adesso Paolo pensa; e Paolo che pensa assomiglia a ciascuno di noi. Questa è la bellezza della bibbia¸ che svela la mia ipocrisia¸ la mia superficialità di predicatore¸ che cerca di non ripetere i luoghi comuni¸ ma anch´io ho paura¸ mi sento uno che si presenta nudo di fronte a un Signore elegantemente vestito. Allora dico: se c´è la risurrezione fa qualcosa tu¸ perché io quasi quasi rinuncio¸ ti do indietro il biglietto¸ e non partecipo alla gita verso l´aldilà. Lui alla fine se la cava dicendo: "Sia abitando nel corpo sia andando in esilio¸ ci sforziamo di essere a lui graditi". Cioè di non essere da lui rimproverati. "Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo"¸ e allora è più la paura che la gioia¸ "per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo¸ sia in bene¸ che in male". Questo Paolo mi illumina molto¸ e mi fa capire che è una cosa seria parlare della risurrezione¸ pericolosa¸ che mette in ansia¸ che esige una forza di introspezione e di comprensione di se stessi che bisogna avere il coraggio di fare. E´ un mistero di salvezza che per la sua grandiosità fa paura. E´ la fatica di credere.