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Omelia VI DOM.T.O. B del 11 febbraio 2018

TUTTE LE TRASCRIZIONI NON SONO INTEGRALI 11 febbraio 2018- VI DOM. T.O. B- Lv 13¸1-2.45-46; 1Cor 10¸31-11¸1; Mc 1¸40-45 La seconda lettura rappresenta una delle caratteristiche di Paolo¸ di essere del tutto incapace di umiltà; non è capace di non parlare di se stesso¸ non è capace di non mostrarsi come persona esemplare che deve essere seguita. Paolo parla sempre di se stesso¸ ha sempre bisogno di dire: dovete fare come me. Le conseguenze che sono derivate da questo modo di fare di Paolo sono il mettersi al centro¸ e credere di essere il grande riformatore della chiesa¸ di Lutero. Non per niente la chiesa luterana si chiama chiesa luterana¸ il che è privo di senso¸ perché una chiesa è chiesa di Cristo. Paolo e Lutero si credono i padroni delle realtà della fede. I calvinisti non si chiamano calvinisti¸ si chiamano Chiesa riformata. Tutte queste cose hanno rovinato la storia della chiesa¸ e occorre riconoscere che occorre riformare le riforme¸ e tornare alla semplicità delle origini¸ che sono la semplicità di Gesù Cristo. La questione del lebbroso. La prima lettura¸ dal Levitico¸ dà le norme sulla questione dell´impurità. Si usa la parola lebbra¸ e si parla della lebbra degli uomini¸ della lebbra delle case¸ della lebbra dei tessuti. Loro con la parola lebbra intendono qualsiasi tipo di corruzione superficiale che assomigli alla muffa¸ e che porti al deterioramento del materiale di cui si tratta. Non si tratta in nessun caso di lebbra¸ perché dalla lebbra non si guarisce. Dalla lebbra di cui parla il Levitico si poteva guarire. Si tratta di diverse forme di malattie della pelle¸ che il sacerdote poteva controllare¸ per verificare se era veramente in fase di guarigione¸ e doveva toccare il lebbroso¸ per dichiararlo guarito¸ e gli toglieva l´impurità. Quindi il fatto che Gesù l´abbia toccato non ha nessun significato spirituale¸ nessun coraggio particolare. La prima lettura ha preso i primi due versetti del capitolo¸ poi ha saltato tutto il resto¸ lebbra delle case¸ lebbra dei tessuti¸ fino al versetto 45¸ e non si capisce neanche qual´è il concetto di impurità. L´impurità non è un peccato¸ non è una colpa¸ è una condizione per la quale¸ per rispetto della maestà di Dio¸ non si può partecipare ad atti di culto. Cosí come non ci si può presentare a una persona di valore¸ al re etc¸ malvestiti o sporchi. Impuro è colui che non può compiere un atto di culto¸ a causa di un difetto che è insorto nella sua persona; scomparso questo difetto la cosa è risolta¸ non intacca la persona¸ che torna quella di prima. Se uno seppellisce un cadavere¸ il rito lo fa diventare impuro¸ deve aspettare un po´ di tempo¸ fare un bagno purificatore¸ dopodiché ritorna come prima. In questo senso il concetto di impurità c´è ancora nella parabola della cena¸ quando entra quello che non ha la veste nuziale e viene cacciato fuori¸ perché non si è presentato con l´abito che è richiesto dalla cerimonia. Nel vangelo questa cacciata fuori è più severa di quanto non fosse la regola ebraica¸ perché viene cacciato fuori" dove è pianto e stridore di denti". Anche il parto rendeva impuri¸ perché c´era un versamento di sangue; bastava portare una piccola offerta al tempio e l´impurità cessava. Anche Maria¸ generando Gesù è diventata impura. Bisogna sdrammatizzare questa questione dell´impuro. Nel vangelo l´espressione usata dal lebbroso è" se volessi potresti dichiararmi purificato"¸ non necessariamente "purificarmi". Non voglio dire che non ci sia stato un prodigio¸ può benissimo esserci stato¸ ma era soltanto un riconoscere a Gesù lo stesso diritto che poteva avere un sacerdote del tempio¸ nel gestire questo caso di impurità. Non esagererei né sulla straordinarietà del prodigio¸ e neppure sulle modalità con cui viene eseguito. Un´altra osservazione¸ più interessante¸ è che Marco inserisce più volte¸ all´interno di questi racconti¸ un verbo in più¸ che non hanno Matteo e Luca. Qui¸ per esempio¸ dice:" ne ebbe compassione". In alcuni codici antichi si dice:" si arrabbiò". La maggioranza dei critici ritiene che la lettura - si arrabbiò/si inquietò - sia quella originaria. La cosa interessante è che Marco aggiunge questa nota su un sentimento di Gesù. E lo fa anche altre volte. Più avanti si dice " ammonendolo severamente lo scacciò". Anche qui la severità dell´ammonimento scompare in Matteo e Luca. Perché Marco aggiunge sempre un verbo che cerca di dire che cosa ha provato Gesù nei suoi sentimenti¸ o addirittura fisicamente? Come fa a saperlo? Perché lo dice? La stessa cosa farà a volte Giovanni. Cosa strana! Come quando vede Lazzaro¸ Gesù trema¸ piange. Marco lo dice perché ascolta Pietro¸ e Pietro si ricorda? E allora è storicamente interessante. O lo fa perché vuole presentare la figura di Gesù come una persona che è soggetta a turbamenti¸ come le persone normali? Anche nella questione dell´orto degli ulivi vedremo le differenze tra Marco e Matteo e Luca. In questo contesto si inserisce anche l´altra cosa del non dire niente a nessuno. Perché? Poi vengono lo stesso¸ e la notizia si sparge¸ e lui fugge nel deserto. Perché vuole mantenere il segreto? Perché non vuole fare la figura del taumaturgo? Su questa questione gli studiosi stanno ancora cercando di capire. In genere si finisce per dire che lo fa perché sa che morirà sulla croce. Da un lato non vuole che lo credano un uomo potente¸ che poi è stato sconfitto dalla morte¸ e da un altro è lui stesso di fronte a un destino che sembra il contrario dei poteri che ha. Quello che si dirà sulla croce:" Ha guarito tutti¸ ma non sa salvare se stesso". Marco vuole arrivare a questo punto? Per dirci che ha accettato volontariamente di perdere quei poteri che prima aveva¸ e non voleva che si dicesse in giro¸ perché doveva prepararli a dire che non era venuto a guarire il mondo¸ ma a insegnare che bisogna accettare la sofferenza fino a morire sulla croce? Per dire che non è un salvatore che ci libera dal male¸ ma uno che ci aiuta a sopportarlo. Allora il cristianesimo cambia faccia! Diventa l´aiuto di Dio per accettare la sofferenza quando è inevitabile. E´ questo il messaggio? In Marco questi temi ricompaiono¸ e non c´è mai una soluzione precisa¸ ma sono caratteristici del suo modo di interpretare la figura di Gesù.