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Omelia V DOM.T.O. B del 4 febbraio 2018

4 Febbraio 2018- V DOM.T.O. B- GB7¸1-4.6-7; 1Cor 9¸16-19.22-23; Mc1¸29-39 Nel brano di Marco di domenica scorsa si dice che Gesù insegnava come uno che ha autorità e non come gli scribi. Cosa significa parlare con autorità? Marco dà l´impressione che la gente¸ ascoltando Gesù¸ si rendeva conto che quello che diceva era qualcosa che pensava lui e aveva il diritto di dirlo. Gli scribi invece citavano parole di altri¸ come chi insegna spesso dice cose che sono state pensate da altri pensatori. Gesù invece parla di sua iniziativa. La cosa strana è che Marco non fa un esempio di quello che Gesù diceva. Luca e Matteo¸ prima di raccontare i fatti¸ dicono che Gesù ha fatto un discorso. Matteo con il discorso delle beatitudini presenta Gesù come colui che ha dato un insegnamento. Anche Luca all´inizio mette un discorso¸ nella sinagoga di Nazareth. Giovanni è un libro pieno di discorsi di Gesù. Marco ogni tanto cita una frase¸ e poi al capitolo 4 ha alcune parabole¸ che sono presentate in maniera molto meno chiara di quanto non sia negli altri vangeli. Come se Marco volesse tenere segreto quello che Gesù ha detto. Probabilmente Marco era al corrente che esisteva una raccolta di detti del Signore¸ ma non se ne è servito¸ se non raramente¸ perché¸ secondo il suo parere non erano rispettosi di quello che Gesù veramente insegnava¸ e soprattutto perché aveva l´idea che Gesù doveva servire come maestro di vita¸ non tanto per quello che aveva detto¸ ma per quello che aveva fatto. Vede il cristianesimo non tanto come una dottrina che si ricava dall´insegnamento di Gesù¸ ma come una prassi¸ un insegnamento di vita. C´è sempre stata nel cristianesimo una tensione tra chi ha privilegiato il valore della dottrina¸ dogmatizzandola¸ fissando le parole con cui si devono credere le cose¸ come nel credo¸ nei catechismi¸ rendendo l´aspetto dottrinale il punto focale dell´utilità per il mondo della memoria di Gesù. L´altra tensione è quella invece della prassi. Quello che conta è mettersi al servizio dei fratelli¸ perdonare¸ lasciare libertà di pensiero¸ raccontare ma non definire. La domanda oggi è questa: la distanza che si è creata nella cultura dell´occidente tra la visione scientifico tecnica del mondo e l´antica visione del mondo del tempo di Gesù¸ coi demoni¸ richiede che si cambi la dottrina¸ i concetti¸ le parole? La nostra epoca chiede di essere più libera nell´affermazione verbale dei contenuti della fede¸ e chiede di essere aiutata a mettere in pratica la prassi della fede. Marco dice che quelli che sapevano chi era veramente Gesù erano i demoni (in questo c´è del sarcasmo) e Gesù doveva farli tacere perché conoscevano chi era. Come se dicesse che quando sentirete parlare vescovi¸ teologi¸ dogmatici i quali vi dicono che Gesù è questo¸ l´han detto anche i demoni. C´è un altro passo nel n.t. in cui si dice che anche i demoni sono capaci di pronunciare le formule di fede¸ le dicono e si arrabbiano. Con la formula non si risolve niente¸ lasciamo libertà di parola e preoccupiamoci dei fatti. I demoni sanno chi è Gesù¸ ma non servono a niente per il bene degli uomini¸ continuano a rovinarli. Non è disputando sulle verità che si fa del bene alla società in cui si vive; ragionando sí¸ ma lasciando il primato al dialogo reciproco¸ alla mutua comprensione¸ alla provvisorietà di ogni affermazione teoretica. E´ quello che oggi qualcuno chiama il pensiero debole¸ o più delicatamente il pensiero umile. Quello che conta è quello che fa Gesù nella semplicità della sua vita¸ guarisce i malati. E´ il Gesù taumaturgo. Si può tradurre guarire¸ si può tradurre curare. Non nego che Gesù abbia avuto dei poteri miracolosi¸ non era un mago¸ era cosí intelligente da chiedere che nessuno lo sapesse¸ perché si rendeva conto che la vera cura della sofferenza¸ quando non si può eliminare¸ è dare ad essa un senso¸ e accompagnarla con la solidarietà. Giobbe è preoccupato per i suoi dolori¸ ma è soprattutto preoccupato perché la sua vita è un soffio¸ e ha l´impressione di aver avuto una vita senza senso. Marco in queste prime pagine ci insegna che Gesù ha fatto cosí¸ e ci dice anche che Gesù poi doveva andare in altri villaggi¸ e doveva trascurare i malati. È un Gesù limitato¸ un Gesù uomo¸ un Gesù che non mette in mostra onnipotenze divine¸ un Gesù che fa quel che può¸ ruba il tempo per andare a pregare¸ ha bisogno di essere sostenuto dal Padre. E´ talmente uomo che non è ancora il momento di poterlo chiamare Dio. E tutto questo perché Marco lo sottolinea? Perché vuole che anche i discepoli di Gesù imparino ad avere questo coraggio¸ di tirare avanti nonostante gli insuccessi¸ di accontentarsi di quel poco che si può fare¸ e di dare quel minimo aiuto che è possibile dare¸ senza pretendere di risolvere i problemi in teoria. Anche la prassi è sempre la prassi del debole¸ dell´uomo umile e caritatevole.