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Omelia S. FAMIGLIA B del 31 Dicembre 2017

31 dicembre 2017- S.FAMIGLIA B- Gen 15¸1-6; 21¸1-3; Eb 11¸8.11-12.17-19; Lc 2¸22-40 Anche quello che si racconta di Abramo è una leggenda¸ e l´Abramo di cui si parla è l´idealizzazione poetica di una persona della quale storicamente non si sa nulla. Abramo diventa un simbolo di un modo di concepire la vita come dipendente da Dio. Ci sono delle contraddizioni. Abramo si lamenta con Dio perché morirebbe senza figli. Ma in altri versetti si legge la storia di Agar e di Ismaele¸ e la tradizione sacerdotale spiega che Abramo ebbe molti altri figli dalle sue concubine¸ che però non considerò come suoi discendenti¸ perché l´unico che valeva era Isacco. Leggere queste storie in una domenica che dovrebbe essere dedicata alla famiglia fa ridere. Abramo è un personaggio immaginario dell´antichità del secondo millennio¸ con il quale i testi biblici costruiscono un ideale¸ per indicare le caratteristiche¸ l´autocoscienza di un popolo¸ e fare in modo che il popolo si ispiri a dei valori. Anche l´Abramo della lettera agli Ebrei¸ un migrante ricco che parte con tutti i suoi beni¸ per un paese dove riceverà un figlio che Dio benedirà per essere una santa discendenza¸ è una figura complessa che indica cosa si aspettava da Dio il popolo ebraico celebrando Abramo. Il popolo cristiano di oggi non si aspetta più le stesse cose¸ i problemi sono diversi¸ il senso della vita è diverso. Il testo di Luca interessa per due cose. All´inizio Luca o confonde la purificazione della madre con la consacrazione del bambino¸ oppure vuol dire che Gesù va al tempio non per essere purificato¸ ma per purificare il tempio e il mondo ebraico. Poi si presenta un uomo¸ Simeone¸ il quale dice il famoso- Nunc dimittis-. Ora o Signore tu lasci che il tuo servo muoia. Ora licenzi il tuo servo. La cosa interessante è questa: Simeone¸ da bravo ebreo di quel tempo¸ non so se crede nella risurrezione. Qui nel testo appare una persona che dice a Dio: adesso tu mi fai morire¸ e io sono contento di questo¸ perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza. E´ contento per gli altri. E´ contento perché ha visto che il futuro sarà migliore del suo passato¸ che quelli che verranno dopo di lui potranno godere di quella salvezza che i profeti preannunciavano. Lui non chiede niente per sé. Non fa cenno alla risurrezione. A quella specie di risarcimento che è diventata la fede nella risurrezione. Questa idea della risurrezione come riparazione di un torto ricevuto¸ - ho avuto una vita brutta¸ se risorgerò verrò risarcito-¸ in Simeone non c´è. C´è qualcosa di molto virile¸ di molto umano¸ di molto coraggioso¸ di molto serio in questo concetto¸ che¸ nella continua menzione dell´aldilà del linguaggio ecclesiastico¸ ha reso impossibile questa apertura del cuore a dire: mi basta quello che ho vissuto. Gesù queste cose le capisce e le dice: voi siete servi inutili. Il fatto che ci sia una possibile promessa di risurrezione non è bello che sia il principale motivo per fare i bravi durante la vita. Si fa i bravi perché questa è la dignità della persona¸ non perché dopo ci sarà un premio. Anche Gesù qualche volta cede all´idea della ricompensa: il Padre che vede nel segreto ti ricompenserà. Altre volte invece: dite¸ siamo servi inutili. Coesistono i due modelli. Ogni persona deciderà cosa pensare della sua vita.