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Omelia S. STEFANO del 26 dicembre 2017

26 dicembre 2017- Santo Stefano- At cap. 6 E´ una pura combinazione che la festa di S. Stefano venga il primo giorno dopo Natale¸ perché il Natale è nato molto tardi¸ al tempo di Costantino¸ e c´erano invece già altre feste di martiri¸ e quando si mise il Natale probabilmente nello stesso giorno in cui i romani festeggiavano il natale del sole¸ capitò che si trovò vicino alla festa di santo Stefano¸ a quella di San Giovanni Apostolo¸ etc. Dopo si giocò sul fatto che il primo martire viene celebrato immediatamente dopo l´ingresso in questo mondo di Cristo¸ quasi a dire che c´è un primato del martirio¸ come se alla fine il Cristo fosse venuto per produrre martiri¸ e la cosa non è molto...¸ sono piccoli scherzi del calendario. La cosa più interessante non è quello che abbiamo letto¸ la storia di un martire come tanti altri¸ anche se è il primo¸ ma è il discorso di Stefano¸ che è molto lungo. Leggete tutto il capitolo 6 degli Atti¸ e trovate il discorso che Stefano avrebbe fatto di fronte al sinedrio¸ e che ha provocato poi la sua condanna a morte. Il discorso di Stefano è molto interessante¸ perché fa una specie di riassunto di tutta la storia del popolo di Israele¸ a partire da Abramo. In questa storia sono saltate un sacco di cose¸ si tratterà di una sessantina di righe¸ e allora sarebbe interessante¸ provate a farlo voi¸ vedere che cosa ha tralasciato¸ mentre invece ci sono altri episodi nei quali allunga¸ si ferma sui particolari. Quello che è interessante è il metodo. Quando Luca mette in bocca a Stefano questo discorso¸ è Luca che va a cercare gli episodi¸ li mette in un certo ordine¸ cercando di sottolineare parecchie occasioni nelle quali gli ebrei¸ se pure in buona fede¸ non hanno capito che cosa Dio voleva da loro¸ e hanno sbagliato nell´interpretare il compito di alcune persone che Dio aveva mandato¸ soprattutto Mosè¸ e non sono mai riusciti a cogliere nel segno quella che era veramente la cosa da fare¸ o l´aspetto da apprezzare in queste persone. Questa è la chiave del discorso. Il caso più tipico¸ sul quale lui si ferma abbastanza a lungo¸ è quando gli ebrei¸ pur avendo visto tutti i prodigi precedenti¸ pur avendo riconosciuto che Mosè era veramente un uomo mandato da Dio¸ per stanchezza¸ dopo un mese che non lo vedevano¸ sono riusciti a convincere Aronne¸ quindi hanno convinto il sacerdozio¸ a costruire il famoso vitello d´oro. Quindi non hanno capito niente¸ non sono stati in grado di comprendere l´importanza della persona di Mosè e del progetto che Mosè stava cercando di condurre avanti¸ che era quello di dar loro una moralità di vita¸ con i comandamenti. E Aronne si lascia convincere; c´è già una puntina di sfiducia nei confronti della casta sacerdotale; è chiaro che Luca pensa a quello che è successo nel caso di Gesù: i sommi sacerdoti¸ solennemente riuniti¸ alla fine prendono la decisione sbagliata. Questo metodo di Luca¸ che lui attribuisce a Stefano¸ cioè di riflettere sui testi per capire che cosa veramente vogliono dire¸ è un compito che deve continuare nella chiesa¸ e deve continuare anche nel singolo cristiano¸ il quale non è obbligato a studiare tutti i particolari¸ però¸ per esempio¸ quando dice il Padre Nostro¸ che è diverso in Matteo e Luca¸ potrebbe domandarsi perché Gesù in questa preghiera fa delle richieste¸ alcune sembrano ripetitive¸ e non ci dice di pregare per altre cose. Non è l´unico modo di pregare¸ quello del Padre Nostro. Chiudo l´esempio. Solo per dire che il metodo è quello di riflettere su quello che manca e su quello che è continuamente sottolineato. In particolare dal discorso di Stefano si traggono delle conclusioni interessanti. Quando fa questa storia per dire che gli ebrei non hanno mai capito giusto la cosa che era da fare¸ ha lo scopo di scusare la decisione del sinedrio di uccidere Gesù. Gli serve per dire il concetto fondamentale: voi avete sbagliato per ignoranza¸ per disattenzione¸ per mancanza di un profondo esame delle cose. Si fa un passo avanti¸ che si ricava da altri passi del n.t.¸ e si può dire: voi avete commesso¸ più che un peccato¸ un errore. Questo è il punto chiave. Da questo modo di interpretare il testo nasce una direzione di riflessione teologica¸ la quale si chiede se quello che noi chiamiamo reato¸ delitto¸ colpa¸ non sarebbe meglio chiamarlo errore. Quando questi pensieri arrivano a san Tommaso d´Aquino¸ lui cerca di dimostrare che chiunque pecca¸ qualunque cosa faccia¸ in realtà la fa perché si illude che quello che lui sta facendo è migliore di qualunque altra scelta¸ o almeno è l´unica scelta che gli rimane da fare¸ è il minor male. Cioè sbaglia nella valutazione di ciò che fa¸ perché crede che il bene maggiore stia nella sua decisione. L´idea profonda a cui sono arrivati i teologi medioevali con san Tommaso era questa¸ cercare di capire quale era la molla che ha fatto fare questa scelta¸ e la molla è sempre l´amore del bene¸ del maggior bene; purtroppo moltissime volte si sbaglia¸ e si scambia il maggior bene con il maggior male. Il peccato è un errore. Se è un errore va perdonato. La frase non c´è nella storia di Stefano¸ ma c´è in Gesù¸ nel Gesù di Luca:- Perdona loro perché non sanno quello che fanno-. Parole di questo genere sono di una forza che potrebbe cambiare il mondo. Il coraggio del perdono¸ perché l´uomo è sempre vittima della sua presunzione¸ ma è sempre perché cerca il bene. Nasce una struttura di pensiero¸ organizzativo di tutta l´esistenza umana¸ che si basa su questo tipo di diagnosi¸ che è quella caratteristica di molti testi dell´antico e del nuovo testamento¸ e in particolare del discorso di Stefano¸ che culmina appunto con questa sentenza di Gesù. Che va accanto all´altra che precede:- Nelle tue mani consegno la mia vita-. Cioè io voglio che tu permetta agli altri di fare quello che vogliono¸ mi consegno alla tua decisione¸ se vuoi fermarli fermali¸ se non vuoi fermarli accetto di essere ucciso¸ ma non condanno¸ perché non sanno quello che fanno. Questo è il tipico regime cristiano. Volevo farvi vedere come le cose sono nate storicamente (poi non sono state messe in pratica probabilmente) come certe impostazioni del sentire cristiano sono nate attraverso questo procedimento di analisi dei testi¸ a prescindere dalla loro storicità. Quello che più conta nelle stesse parole e parabole di Gesù è quale chiave interpretativa danno dei problemi principali che gli uomini affrontano nella vita. Il significato educativo di questi testi¸ più che il significato di informazione storica o anche di informazione sulle eventuali verità di fede da credere. Più che il venire a sapere¸ è il venire a capire. Il n.t. adopera sempre la parola carità per indicare questo nuovo atteggiamento del perdono¸ cioè un tipo di amore di se stessi e degli altri che giunge fino a questo eroismo.