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Omelia I AVVENTO B del 3 Dicembre 2017

3 dicembre 2017- I AVVENTO B - Is 63¸16b-17.19b;64¸2-7; Mc 13¸33-37 La prima domenica d´avvento sarebbe dedicata all´attesa del Signore alla fine del mondo¸ per il giudizio universale. Vorrei spiegare come si è arrivati a questa idea di un giudizio finale. Sgombro subito il campo dalla questione del come sarà possibile che possa radunare i miliardi di miliardi di uomini che ci saranno allora; solo la fantasia può immaginarlo e non mi interessa parlare di questo. Vorrei fare un discorso teologico e dire come mai si è arrivati a questo tipo di soluzione finale¸ con una specie di incontro che non può essere immaginato come un incontro reale dal punto di vista fisico¸ e che la tradizione cristiana giustamente ha detto che avviene nel tempo¸ e tutti lo vivono nel momento della morte. Questa è l´interpretazione che la chiesa ha dato da secoli; non c´è nessuna venuta finale; quando si muore¸ per ogni singola persona¸ in quell´istante viene il giudizio. Come sono nate¸ dal punto di vista del contenuto¸ queste impostazioni? Parto dalla prima lettura. Il libro di Isaia¸ da cui nasce tutta la faccenda¸ comincia con l´Isaia storico¸ che ha profetizzato dal 730 al 690 a.c.¸ anni in cui gli Assiri hanno completamente annientato il regno del nord¸ quello abitato dalla discendenza di Giuseppe d´Egitto¸ e hanno conquistato e raso al suolo Gerusalemme. Isaia descrive la situazione di Gerusalemme come quella di una città abbandonata da Dio. Perché Dio ha permesso questo? La risposta era: lo ha permesso perché noi siamo stati peccatori e infedeli¸ non abbiamo seguito le sue vie. Quindi è un castigo. Dove abbiamo sbagliato? Qui Isaia è molto chiaro. Abbiamo sbagliato perché ci siamo illusi di essere in pace con Dio perché celebravamo sacrifici nel tempio¸ perché esercitavamo un culto secondo le regole della legge. A Dio questo non interessa nulla. Dio non ha bisogno di essere onorato nel culto. Lui ci ha castigato¸ e ha permesso che gli Assiri distruggessero tutto¸ perché non abbiamo trattato bene il nostro prossimo. Questo lo dice Isaia nel 720 avanti Cristo. A Dio non importa nulla dei riti e del culto¸ Dio vuole l´onestà nella vita¸ la fraternitภla solidarietà. Se questa non c´è¸ abbandona e si disinteressa del popolo. Negli anni successivi¸ alla fine del sesto secolo¸ un re¸ Giosia¸ si è reso conto¸ grazie a Geremia¸ che bisognava migliorare la moralità del suo popolo¸ e fa una riforma religiosa e sociale¸ purifica il culto¸ che era diventato un culto di divinità pagane¸ e cerca di moralizzare la vita del popolo. Nacque il modo di presentare la legge¸ caratteristico del Deuteronomio¸ che venne scritto allora¸ negli anni attorno al 609 a. c. Nonostante questa riforma morale¸ i babilonesi nel 586¸ distrussero Gerusalemme; e questo sembrò annullare ogni possibilità di essere riconciliati con Dio. Giosia aveva cercato di raddrizzare le cose¸ e cinquant´anni dopo successe peggio di quello che era successo ai tempi di Isaia; venne portata in esilio la maggioranza degli abitanti della città. Rimaneva aperto il problema: perché Dio ci ha abbandonato una seconda volta¸ nonostante ci siamo sforzati di migliorare noi stessi? Quando arrivarono i Persiani¸ e Babilonia cadde¸ ci fu un secondo intervento profetico; quello che comincia con le parole: Consolate il mio popolo¸ perché ha già ricevuto il doppio del castigo che meritava¸ e d´ora in avanti non ci sarà più castigo. Adesso Dio vi vuol bene e non vi condannerà più. Questo è il tema della seconda parte del libro di Isaia¸ che non ha niente a che fare con l´Isaia storico¸ ma entra in un filone di pensiero che si è poi raggruppato in un unico libro. Siamo nel 530 a.c. Il testo che abbiamo letto fa parte di un terzo autore. Saremo nel 490 a.c.¸ quando i rimpatriati non trovano una casa dove abitare¸ i loro terreni li hanno occupati altre popolazioni¸ e si trovano di nuovo in una situazione di desolazione totale¸ e si domandano: perché Dio ci ha abbandonato. Per la terza volta. Perché le promesse che tutto era finito non si sono avverate? Dove abbiamo sbagliato ancora? E questo è il testo che abbiamo letto stamattina. Tu ci tratti male¸ ci abbandoni¸ non ci aiuti¸ e allora noi ci allontaniamo da te¸ e cerchiamo conforto in un altro tipo di religione¸ o in un altro tipo di speranza¸ e il nostro cuore si indurisce. Il testo suppone che se Dio mi aiuta io gli voglio bene e lo prego¸ lo onoro e lo adoro¸ se Dio mi abbandona lo lascio perdere. Poi dice: tu sei adirato perché noi abbiamo peccato. E qui viene la svolta: tu ci hai abbandonato¸ perché noi ti avevamo abbandonato¸ una volta che ci hai abbandonati noi abbiamo continuato a peggiorare. E qui c´è una verità di grandissimo rilievo¸ dal punto di vista teologico¸ cioè: perso il contatto con Dio¸ persa questa sensibilità di una vicinanza amorevole di Dio¸ tutto si è di nuovo corrotto. Questa descrizione¸ che tutti i nostri atti di giustizia sono sporchi¸ è la fotografia di quello che continuamente succede¸ anche oggi. Non c´è niente di veramente giusto¸ in tutti i suoi aspetti¸ niente di veramente pulito¸ innocente¸ che non abbia doppi fini¸ che non abbia sotto un inganno. Notate nella seconda lettura una parola priva di senso: vi trovi irreprensibili nel giorno del Signore. E´ ridicolo¸ nessuno è irreprensibile. Non esiste l´irreprensibile¸ di fronte a Dio. Questa lettura capisce una cosa fondamentale: se Dio non ci aiuta di dentro¸ nella testa¸ nel cuore¸ là dove si decide¸ se Dio agisce all´esterno e non all´interno della coscienza¸ l´uomo non ce la fa. Manca nell´a.t. il concetto di quello che invece domina nel n.t. e che si chiama la Grazia¸ cioè la trasformazione interiore. Dio rimaneva un giudice estraneo¸ che dice cosa devo fare¸ mi dà una legge¸ che con le mie sole forze devo mettere in pratica¸ e non ci riesco¸ e lui mi castiga¸ e quando mi castiga mi arrabbio e peggioro sempre. La soluzione è intuita da questo testo nell´espressione -illuminarci con il tuo volto-: bisogna che Dio perdoni¸ e agisca all´interno della coscienza. E´ il concetto di una grazia risanante le carenze di giustizia che sono insite per nascita nell´uomo. E questa è la grande novità che Paolo e Giovanni deducono dalla morte di Gesù. Gesù ha fatto quello che il secondo Isaia diceva¸ cioè ha cancellato il peccato. Gesù nella morte di croce¸ non sappiamo per quali nessi logici¸ ha cancellato il potere del peccato¸ e ha inventato un dono dello Spirito stesso di Dio che entra dentro di noi; questo è il concetto di Grazia caratteristico del cristianesimo. Ma questa introduzione del concetto di Grazia ha provocato un´altra cosa. Se¸ adesso che Dio mi ha dato la Grazia di dentro¸ io pecco¸ allora non ho più una scusa. Non posso più dire a Dio: se mi aiutavi non peccavo. Non posso più dire sii indulgente. La misericordia è cancellata¸ se per misericordia si intende faccio finta di niente¸ lo so che non è colpa tua. Col battesimo¸ cresima¸ nell´eucarestia lo mangio e Cristo entra dentro di te fisicamente¸ è un modo di dire naturalmente. Ecco perché si dice: stai attento perché adesso il giudizio sarà un giudizio neutrale e oggettivo. Puoi chiedere pietภma non puoi giustificarti. Questa è la dottrina di san Paolo¸ ed è quello che ha capito Lutero. Tu devi credere che Dio ti perdonerภma non puoi avanzare un merito¸ una scusa. Ecco perché il giudizio universale è diventato qualcosa che ci fa paura; non possiamo più recitare questa preghiera della prima lettura¸ non possiamo più dire mostraci il tuo volto e noi cercheremo di fare i bravi¸ perché lui dirà: non solo ti ho mostrato il volto¸ ti ho dato il Figlio¸ non l´ho risparmiato¸ te l´ho trasformato in un cibo per la tua vita¸ adesso sei soltanto colpevole. O irreprensibile o colpevole. E nasce la durezza del binomio. E´ nata cosí la visione terrificante del giudizio¸ quella del dies irae: chi potrò prendere come avvocato¸ nessuno¸ sii misericordioso¸ posso solo dire abbi pietà. L´uomo moderno¸ l´uomo di oggi è in grado di seguire questo itinerario spirituale¸ e di accettare che la sua condizione adesso è questa? Dio mi ha dato tutto¸ se io faccio ancora delle stronzate la colpa è tutta soltanto mia¸ non posso in nessun modo giustificarmi¸ posso solo chiedere strisciando: perdonami gratuitamente. E´ capace uno di vivere in questo modo¸ e concepire cosí Dio?