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Omelia CORPO E SANGUE DI CRISTO A del 18 Giugno 2017

18 Giugno 2017- CORPO E SANGUE DI CRISTO A- Dt 8¸2-3.14b-16a; 1Cor 10¸16-17; Gv6¸51-58 Più volte l´autore del quarto vangelo dà l´impressione di "prendere in giro" gli ascoltatori¸ perché approfitta dei loro errori¸ e per dimostrare che sono degli errori ne sottolinea l´apparente verità. Nel testo di oggi i giudei immaginano che dire mangiare la carne e bere il sangue di Gesù significa fare qualcosa di corporeo¸ un cannibalismo con finalità spirituali. Come nei sacrifici pagani¸ dove mangiando la carne dell´animale sacrificato ci si nutriva dello stesso nutrimento degli dei¸ diventando in un certo senso come loro. Gesù secondo Giovanni intuisce che pensano in questo modo¸ e per rispondere mette in bocca a Gesù non una critica¸ ma una specie di sarcastica sottolineatura del loro modo di capire¸ in maniera che si rendano conto dell´infondatezza. L´evangelista usa delle frasi che il futuro lettore avrebbe potuto capire che erano sarcastiche. Gesù finge di dire che si deve proprio materialmente mangiare la carne e bere il sangue¸ e sottolineando questo¸ mette in crisi gli ascoltatori¸ perché un ebreo non poteva né bere né toccare il sangue. Se nell´ultima cena i presenti avessero pensato che quel vino non era più vino¸ ma era sangue¸ non l´avrebbero mai bevuto¸ o in ogni caso avrebbero detto che è proibito bere il sangue. Per poter bere dovevano essere convinti che era vino e non era sangue. Quello che permette all´eucarestia di essere una cosa seria è che la realtà del pane e del vino non cambia¸ ma rimane pane e vino. Quando nel medioevo ritorna l´interpretazione fisico-panteistica¸ quando si vuole incontrare un oggetto magico¸ sacro¸ ci si comincia a occupare della trasformazione della cosa¸ e si dice che in maniera incomprensibile ma reale¸ quello che sembra pane non è più pane ma è diventato veramente carne¸ il che è semplicemente ridicolo. E non è quello che Gesù voleva¸ perché a Gesù non interessava creare un oggetto¸ voleva eventualmente cambiare il significato di un gesto umano. San Paolo lo capisce: "il calice della benedizione che noi benediciamo"¸ e notate che non dice che lo beviamo¸ e non dice che è sangue¸ come non lo dice Luca¸ "non è forse comunione con il sangue di Cristo?". Non è il sangue di Cristo¸ è un modo di avvicinarci¸ di comunicare al sangue di Cristo. Dove evidentemente sangue non significa sangue in senso materiale¸ ma significa quello che il sangue ha significato per Gesù Cristo¸ cioè l´accettazione della morte. Noi cioè comunichiamo al modo con cui Cristo ha vissuto ed è morto. Non è l´emoglobina che interessa¸ capite! Ma lo capiscono già gli antichi. E quando Giovanni scrive "la mia carne è vero cibo¸ vera bevanda¸" il lettore sa che quando lui dice "vero" non intende materialmente vero¸ ma che è vero il suo significato simbolico. Come dire - chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna¸ perché la mia carne è un autentico cibo che nutre quel che va nutrito¸ cioè quel che dell´uomo durerà per sempre¸ cioè il pensiero¸ la volontภl´amore¸ la fede-. Questo è il cibo vero¸ come l´acqua della Samaritana è vera acqua¸ qualcosa che assomiglia all´acqua¸ perché entra nella persona e rinfresca¸ risana¸ pulisce. Vero¸ in Giovanni è qualcosa che ha la capacità di rendere vero ciò che l´oggetto di cui si parla simboleggia¸ non ciò che l´oggetto è. Mangiare significa poter vivere¸ ma per Giovanni la vita vera non è la vita del mammifero¸ la vita dell´uomo è pensare¸ progettare¸ volere¸ amare; ed è questa la vita che interessa. Ecco il significato dell´eucarestia. Quello che dice Paolo " il pane che noi spezziamo non è forse comunione con il corpo di Cristo"? E il corpo di Cristo non è le braccia¸ il rene¸ il fegato di Cristo¸ il corpo di Cristo è la chiesa¸ è l´unità che si crea tra gli uomini; cosí come il sangue di Cristo è accettare di fare dei sacrifici perché tutti stiano meglio. Le cose si possono fare anche per interesse proprio¸ però l´ideale sarebbe fare qualche sforzo per il bene degli altri. Per le badanti probabilmente il loro primo interesse è il loro star meglio¸ però sono cosí apprezzabili perché fanno star bene anche i vecchi che cercano di assistere. Sono vicine al sangue di Cristo più di molti di noi. La verità della vita è questa¸ non l´oggetto sacro¸ non è l´ostia candida¸ non è la presenza reale nella particola o nel goccio di vino¸ non c´è nessuna presenza reale¸ ma c´è la reale presenza di un appello¸ la reale presenza di un senso della vita¸ che è il corpo ed il sangue di Cristo¸ cioè la storia di Gesù¸ la narrazione di quello che Gesù ha rappresentato per noi; in altre parole La Parola. Il protestantesimo infatti vuole¸ anche a livello ecumenico¸ che non si dica¸ come dicono spesso i cattolici¸ -nella messa c´è la mensa della parola¸ la quale trova la sua esaltazione nella mensa del pane e del vino-; loro giustamente dicono il contrario - la mensa al pane e al vino ci ricorda che dobbiamo ascoltare e mettere in pratica le parole di Gesù-. C´è una sola mensa¸ del pane e della parola¸ e la mensa del pane è funzionale all´efficacia della mensa della parola¸ perché si nutre di Cristo colui che cerca di imitarlo¸ non copiando i modi di fare del suo tempo¸ ma cercando di tradurre nella realtà sociale del nostro tempo i valori fondamentali che ci ha insegnato¸ che sono sostanzialmente diventare tutti un unico corpo. Cioè un unico insieme di uomini che si suddividono incarichi¸ ma il cui scopo principale è stare in comunione gli uni con gli altri. Noi siamo¸ benché molti¸ un solo corpo¸ tutti infatti partecipiamo all´unico pane. Se il pane è Cristo però! Quindi prima di tutto nella chiesa ci deve essere questa comprensione dell´eucarestia. L´adorazione dell´oggetto¸ l´adorazione con le candele¸ i fiori¸ l´ostia santa¸ è deviante¸ non serve a nulla¸ o meglio riduce tutto al culto. La vera adorazione è occuparti dei problemi del mondo. Questa trasformazione del senso del vivere significa mangiare il corpo ed il sangue di Gesù. Ecco perché alla fine si dice" mangiate me"¸ e il lettore capisce che tutto il resto era una metafora. Mangiare uno vuol dire lasciarsi istruire da lui.