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Omelia IV QUARESIMA A del 26 Marzo 2017

26 Marzo 2017- IV QUARESIMA A- Gv 9ž1-41 Che cosa voglia dire questo racconto non è facile ricavarlo dalla complicazione e lunghezza del testo. Si intrecciano vari temi. Per esempiož quella faccenda per cui i giudei avrebbero stabilito chež se uno avesse riconosciuto Gesù come il Cristož venisse espulso dalla sinagogaž fatta risalire ai mesi nei quali Gesù ha predicatož è falsa. LŽespulsione dalla sinagoga venne fatta eventualmente quando i cristiani già esistevanož e adoravano Gesù come Dio. E allora giustamente loro dissero che Dio è uno solož e chi crede a Gesù non può venire nella sinagoga. Questa anticipazionež antistoricaž non si capisce bene perché è stata inserita nel testo. Il testo è stato scritto negli anni 90-100ž e probabilmente tiene dŽocchio problematiche di quegli anni. Qualcuno ha anche osservato che molte persone scrivono per il piacere di scriverež e questo desiderio di raccontare porta ad allungare i testiž e anche al lettore piace un testo attraente. Questo potrebbe spiegare la continua ripetizione del tentativo dei farisei di negare il fatto della guarigione del cieco. Oltre al gusto del raccontož sembra di vedere in questo testo una specie di itinerario per cercare di capire chi è veramente Gesù. Una specie di lezione per i predicatori cristianiž i quali dovrebbero smantellare una dopo lŽaltra le eventuali obiezioniž quando presentano la proposta di credere in Gesù. Devono cominciare a raccontare un fattož per esempio una guarigione miracolosaž devono cercare subito di togliere una prima interpretazionež o deviazione del discorsož che lŽascoltatore potrebbe proporre per bloccare il tentativo di essere catechizzato. La spiegazione che dà Gesù è interessantež ma non convince del tutto. Perché questo povero cieco verrebbe strumentalizzato. EŽ nato cieco non per colpa di un peccatož ma perché cŽera bisogno che Gesù guarisse un cieco nato. Quindi Dio lŽavrebbe fatto nascere cieco perché Gesù avesse un personaggio sul quale compiere il prodigio. Ammesso che sia possibile guarire un cieco natož e cosí rapidamente. Nulla è impossibile a Diož ma non si può vedere cosí rapidamentež perché il cervello deve adattarsiž e ce ne vuole di tempo. Quindi ha ragione il cieco di dire: non si è mai sentito dire che un cieco nato sia guarito. Tanto meno mescolando fango e saliva e mettendoglielo sugli occhi. Perché inserire questo gestož che sembra magicož banale? Poi deve andare a lavarsi. Quasi che tiri via qualcosa che impediva la vista. EŽ un poŽ la metafora del battesimož inteso come un peccato che ti ha ricopertož e nellŽacqua del battesimo questa specie di sovrastrutturaž che è il peccatož viene via. LŽevangelista sottolinea che il nome della piscinaž Siloež significa inviato. EŽ Gesù che è inviato da Dio per questo. Si intrecciano temi differenti. CŽè lŽostinazione dei farisei. Prima si dice che i farisei sono ostinatiž e continuano a interrogare il ciecož poi a un certo punto si dice che i giudei avevano proibito di andare in sinagoga. Sono le stesse personež o sono due modi per indicare differenti categorie del popolo ebraico? Dove voleva arrivare lŽevangelistaž raccontando questo episodio? Probabilmente la cosa che più gli stava a cuore era la progressiva capacità del cieco di comprenderež aiutato dalle obiezioni degli altriž quale era la giusta definizione da dare a Gesù. AllŽinizio dice- lŽuomo Gesù-; quindi non sospetta neanche che Gesù possa essere Diož può pensare che sia un magož un guaritore che ha poteri naturali. Poiž di fronte allŽobiezione che sarà un peccatorež ragiona e dice- ma Dio ascolta i peccatori-?ž e arriva al titolo profeta. Quindi: non è un uomož non è un uomo peccatorež addirittura è un profeta. Qui si cambia scenaž e si dice che i farisei chiamano i genitori. I genitori non vogliono sporcarsi le mani. Lo interrogano di nuovo. Alla fine salta fuori chež pur non osservando il sabatož questo non è semplicemente il profetaž ma è una persona che ha dei poteri che vengono da Dio- mi ha aperto gli occhiž è uno che fa la volontà di Diož non può essere nientŽaltro che uno che viene da Dio-. EŽ più di un profetaž è lŽinviato. CŽè una cristologia crescente. Alla fine il cieco incontra Gesù. Rimane latente una domanda: perché i farisei non hanno chiamato Gesùž e non lŽhanno interrogato? LŽevangelista non ha voluto creare questo incontro. Nei capitoli precedenti Gesù aveva già litigato coi giudei e li aveva dichiarati figli di Satana. Forse il testo vuol dimostrare che non cŽè speranza di poterli convertire. Il loro errore consiste nel fattož a differenza del ciecož che credono di sapere. E credono che per sapere basti Mosè. Questo è lo stesso tema che cŽera nel testo della samaritana. Là si diceva che lŽantica tradizione giudaica non serve piùž qui si dice che lŽattaccamento alla tradizione giudaica impedisce di conoscere che Gesù viene veramente da Dio. E questo sarebbe grave. Vorrebbe dire che lŽebraismo è considerato dal quarto evangelista non soltanto incompletož inefficacež ma un ostacolo alla veritàž pericolosož dannoso. EŽ sottintesož però cŽè. Tutto questo potrebbe essere caratteristico proprio della fine del primo secolo. Sotto sotto sarebbe uno di quei testi del Nuovo Testamento che hanno dato poi origine allŽemarginazione dellŽebraismo da parte della chiesa di tutti i tempiž come pericoloso e contrario alla verità. Questo purtroppo è un dato di fatto del quale bisogna chiedere perdono agli ebrei. CŽè una colpa nel Nuovo Testamento in questo radicalismo antiebraico. I farisei non bisogna dimenticare che sono stati quelli che hanno permesso allŽebraismo di sopravvivere dopo la distruzione del tempio e di Gerusalemme. Sono coloro chež senza bisogno del culto e di un potere politicož come semplici maestri di vita moralež hanno tenuto in piedi lŽebraismo. Accusare i farisei di essere degli imbroglioniž contrari al volere di Diož delle persone che andrebbero assolte se fossero ignorantiž ma credono di sapere e sono dei presuntuosi e bisogna metterli a tacerež questa forse era una necessità alla fine del primo secolož ma sottintende il desiderio che lŽebraismo debba scomparire. EŽ una brutta cosa questa. Noi leggiamo con una certa amarezza questo testož se lŽinterpretazione è questa. Non ne sono sicuro. Però in fondo significa che il cieco ha dovuto combattere le obiezioni dei fariseiž per credere in Cristo. Ha dovuto rafforzare la sua personale idea. Quasi a dire: lŽebraismo è un ostacolož bisogna venirne fuoriž bisogna non crederci più. La chiesaž valorizzando questo testož forse non si è accorta di questo pericolo. DŽaltra parte lo ha applicato per il paganesimo. Ai pagani si diceva chiaramente: voi sbagliavate tuttož la vostra religione è un ostacolož è superstizionež non esistono gli dei. Nel pluralismo odiernož uno si domanderebbe se abbiamo diritto di trattare unŽaltra religione in questo modož dicendo che è falsa. Noi siamo andati molto oltrež a livello di oggettivitàž rispetto ai testi del Nuovo Testamento. Noi non diremmo a un induistaž a un buddista di piantarla con queste false cose; noi rispettiamo le religioni adesso. Sbagliamo noiž o sbaglia lŽevangelista Giovanni? Probabilmente non sbaglia nessuno. EŽ lŽevoluzione culturale. Il mondo di oggiž direi non- grazie al cristianesimo-ž ma grazie a Diož è diventato più intelligente e più buono di prima. Il cristianesimo molto spesso è andato dietro a questo dono divinož ma qualche volta lŽha ostacolato. Perfino nel vangelož lŽentusiasmo per la propaganda religiosa non ti fa capire i valori positivi che ci possono essere in una religione precedente. La cosa è conflittualež quasi che il rigetto dellŽebraismo favorisca il cristianesimo. Il rigetto del paganesimo favorisca il cristianesimo. Noi oggi abbiamo capovolto le cose. Il dialogož la mutua comprensione. Ecco perché perfino un testo venerabile come questo ci mette a disagiož e preferiremmo che non fosse stato scritto in questo modo. EŽ giusta la descrizione della progressione del ciecož non è più condivisibile il fatto che il cieco abbia potuto capire Gesùž vincendo lŽostacolo che gli ponevano i farisei. Forse è anche vero storicamente che questo ostacolo lo ponevanož ma non doveva diventare un suggerimento normativož una specie di tattica preferibile. I papi recentiž cominciando da Giovanni XXIIIž dicono che la verità si impone da séž non cŽè bisogno di polemizzare. Si espone semplicementež e sarà lŽintelligenza umana che la capisce. Fiducia nellŽuomo chež se onesto e sincerož capisce dove sta la verità. Inutilità della contrapposizione e della polemicaž e utilità della mutua comprensione.