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Omelia III DOM.T.O. A del 22 Gennaio 2017

22 Gennaio 2017- III DOM. T.O. A- Is 8¸23b-9¸3; 1Cor1¸10-33.17; Mt 4¸12-23 La seconda lettura è il testo più adatto per la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Polemicamente potrei dire che forse sarebbe bene che il protestantesimo riflettesse su queste osservazioni di san Paolo. Perché in fondo la chiesa cattolica romana viene definita romana per distinguerla da altre chiese che si fregiano dell’aggettivo di cattoliche¸ però si definisce per una lunga tradizione che comprende una quantità di personaggi: teologi¸ santi¸ papi¸ vescovi¸ laici¸ sante¸ e quindi è una chiesa che per natura sua confessa di dipendere dal contributo di una quantità di persone che l’hanno aiutata a crescere. Mi spiace che loro non abbiano capito che non si può chiamare evangelica luterana la chiesa evangelica luterana¸ perché nessuno è di Lutero¸ come nessuno è di Paolo o di Pietro¸ etc. Quell’aggettivo andrebbe cancellato. Come andrebbe cancellata quella specie di idolatria dei fondatori del protestantesimo. Questa scelta di un teologo del 500¸ sia Lutero¸ sia Calvino¸ siano altri¸ come punto di riferimento quasi assoluto¸ o in ogni caso superiore agli altri¸ nel giudicare l’eventuale correttezza nella fede e nella prassi è un errore. Sono meno lontani dal pensiero di Paolo quei movimenti carismatici che nascono nel mondo protestante¸ che se non altro non fanno riferimento a nessuno¸ hanno i loro predicatori¸ e fanno riferimento alla sola bibbia. Il testo di Matteo che abbiamo letto comprende tre parti. Brevissima la terza¸ anche perché non è stata completata; vi si dice che Gesù insegnava nelle sinagoghe¸ annunciava il vangelo¸ guariva ogni malattia¸ ma anche che la sua fama si diffuse in tutti i paesi dintorno e venivano persone per incontrare Gesù dal nord e da Gerusalemme¸ per cui si crea una specie di pellegrinaggio di persone che vanno in Galilea per vedere la persona di Gesù. E questo è il terzo motivo. Gli altri due motivi di questo vangelo sono la citazione della profezia all’inizio¸ e la chiamata dei quattro al centro. Ognuna di queste parti ha il suo interesse. La prima con la citazione di Isaia¸ caratteristica di Matteo¸ dove nella Galilea brilla la luce di Cristo per dar compimento alla profezia di Isaia. La celebrazione dell’abbandono degli Assiri del nord della Palestina¸ e la festa perché il nemico torna a casa è un testo molto primitivo:- ...gioiscono come quando si miete¸ come quando si divide il bottino-. “La gioia di coloro che si spartiscono la preda” riflette quella spontanea gioia del possedere e del vincere che è caratteristica di tutte le culture¸ e che il vangelo di Cristo ha del tutto capovolto. Direi che Gesù non avrebbe accettato volentieri questo testo che Matteo gli mette per dire che si è adempiuto quello che diceva Isaia¸ perché Gesù non insegna alle persone a rallegrarsi perché possono portare a casa bottino di un nemico sconfitto. Ci rallegriamo se il nemico ci abbandona e ci lascia liberi¸ ma l’idea di una gioia che viene dallo spartirsi il bottino non penso sia una idea che si può attribuire a Gesù. Tanto meno dire che ha mandato a compimento questo tipo di profezia. Il pensiero di Gesù è completamente opposto a questa sensibilità. La seconda parte¸ con la chiamata dei fratelli¸ è praticamente identica al racconto di Marco¸ con due differenze. Marco dice: vi farò diventare pescatori di uomini. Quindi dà l’impressione che Gesù li abbia chiamati¸ pensando che li avrebbe educati a diventare pescatori di uomini. Matteo¸ che copia da Marco¸ tira via il verbo diventare e dice: vi farò pescatori di uomini. L’altra cosa strana che c’è in Matteo è che anticipa il nome di Pietro¸ mentre Marco lo chiama giustamente Simone. La cosa interessante è però la novità assoluta di questo modo di chiamare dei seguaci. Se confrontiamo con l’annuncio dell’angelo a Maria¸ quasi tutte le parole usate sono prese dall’antico testamento; è un racconto fatto di citazioni. L’unica novità è il modo di rispondere di Maria all’angelo¸ ma non il fatto di obiettare¸ perché in tutti i racconti di vocazione dell’a.t. chi è chiamato cerca di sfuggire alla chiamata. Mosè dice che non sa parlare¸ Geremia che è troppo giovane¸ Isaia che è un uomo dalle labbra impure. C’è sempre un’obiezione¸ che serve a dire che la persona è consapevole della responsabilità che prenderebbe accettando una chiamata di Dio per una missione che Dio gli assegna. Anche Maria: non conosco uomo. Qui invece immediatamente lo seguono. Questo è molto strano. La probabilità è che sia davvero un fatto storico. Qui ci troviamo di fronte a un racconto che è del tutto impensabile nella cultura religiosa della bibbia. Nella prima parte c’è il tentativo di Matteo di mettere insieme i due mondi¸ quello antico e quello nuovo¸ il racconto di Marco¸ copiato da Matteo¸ è del tutto estraneo a quest’idea¸ e in maniera spontanea fa vedere la novità. Manca l’obiezione alla chiamata. Tra le righe c’è anche un altro motivo nuovo: il testo lascia pensare che Gesù sta passeggiando sulla riva¸ vede per caso due pescatori¸ e il lettore potrebbe pensare che in quel momento gli viene il ghiribizzo¸ e li chiama. Cioè non c’è quell’idea di una vocazione preordinata¸ che è invece caratteristica di tutte le altre vocazioni- fin dal senso di mia madre etc.-. Qui si ha l’impressione di qualcosa di casuale. Sembra che l’evangelista suggerisca che è passato¸ ha visto i due e li ha chiamati¸ poi ha visto gli altri due e ha pensato: lo dico anche a questi. La domanda è questa: è una giusta psicologia dell’agire di Gesù questo modo di fare suggerito da un incontro casuale¸ come se fosse una specie di ispirazione del momento? Come se Gesù per caso avendo incontrato queste quattro persone¸ senza pensarci troppo¸ non per una prescienza divina¸ ma semplicemente cosí¸ per spontanea decisione del momento le abbia chiamate. E’ irriverente pensare che Gesù abbia agito in questo modo? Oppure è proprio segno che¸ in Gesù¸ Dio vuol farsi uomo in tutti i sensi. Perché questo capita anche a noi nella vita. Quante persone si sono fidanzate per caso¸ perché hanno avuto il colpo di fulmine¸ e poi si son sposate! Quante cose accadono nella nostra vita per combinazione! l’incontro casuale è caratteristico della vita dell’uomo¸ e si deve reagire sul momento: accetto¸ rifiuto. Dio¸ nella persona di Gesù¸ come dice bene sant’Ireneo¸ nell’umanità di Gesù¸ Dio vuole abituarsi a trattare gli uomini come vanno trattati. E la casualitภl’imprevisto è essenziale¸ caratteristico del vivere umano. Nell’a.t. questa idea non affiora neanche; Dio è sempre quello che prevede¸ che sa¸ che giudica¸ che castiga¸ che aspetta. In Gesù Dio diventa Dio che è come un uomo. Sottinteso c’è questo senso dell’incarnazione come un reale avvicinarsi di Dio alla situazione umana. La stessa cosa capita al contrario per la battuta di Gesù¸ che sembra gli sia venuta in mente al momento: cosa state lí coi pesci¸ io vi faccio pescatori di uomini! Essere pescatori a quel tempo in Galilea era la principale attività economica della zona. C’era un’industria del pesce attorno al lago di Tiberiade; veniva pescato¸ conservato ed esportato. Erano dei piccoli imprenditori questi quattro fratelli; quindi persone capaci¸ abili¸ intelligenti. Probabilmente loro dicono: che idea! Lui ci porterà a cercare uomini. Quest’idea che lui vuole delle persone che cerchino uomini¸ la gente¸ le persone! Qui c’è dentro¸ a pensarci bene¸ tutta la struttura del nuovo popolo di Dio¸ la chiesa. Che non è più per nascita¸ generazione¸ perché figli di Abramo¸ perché circoncisi. Ma sono persone che verranno da uomini con il loro esempio¸ con il loro annuncio; come fa Gesù quando dice: è vicino il regno di Dio. Cosa avranno capito questi? Gesù che dice: farete come faccio io¸ troverete il modo di attirare le persone. Capite che dal punto di vista di un’esperienza umana vuol dire diventare dei maestri¸ e soprattutto mette al centro questa capacità della interrelazione umana. Loro non sono chiamati¸ come gli antichi profeti¸ per parlare in nome di Dio. E anche questa è una novità assoluta. Adesso Pietro¸ Andrea¸ Giacomo¸ Giovanni¸ Paolo¸ i diversi autori del n.t.¸ ognuno parla e scrive secondo la sua esperienza. Nasce una compartecipazione al Dio che si rivela¸ fatta di strumenti che non sono semplicemente ripetitori¸ ma sono persone che con la loro parola¸ con la loro intelligenza¸ con la loro esperienza della realtà cercano di dire quello che Dio vuol dirci. Nella chiesa l’uomo viene valorizzato non come ripetitore della parola di Dio¸ ma come colui che in un certo senso traduce in parole un’esperienza che spesso non è verbale¸ che è quella dell’intimità con Dio¸ della fiducia in Lui¸ della speranza¸ della fede. Ecco perché il n.t. è cosí ricco di tante cosí diverse posizioni. Quelle che poi hanno anche influito sulla divisione delle chiese¸ perché ognuna ha valorizzato un aspetto. Ecco perché la divisione delle chiese è nello stesso tempo impossibile che non ci sia¸ e bisognerebbe saperla gestire in maniera che diventi non una separazione ostile¸ ma diventi una varietà di ricchezze diverse che cercano di trovare l’armonia. In questo episodio c’è sotto un radicale capovolgimento dell’identikit della religiosità. Quella ebraica era una tradizione¸ una legge¸ una ripetizione di riti¸ come un po’ tutte le religioni. Qui nasce una compartecipazione umana che è del tutto inaspettata. Vi farò protagonisti. Questa svolta antropocentrica significa che a Dio interessa che degli uomini partecipino alla sua relazione con gli uomini. C’è una specie di subordinata incarnazione che dalla persona di Gesù si estende a tutti quelli che gli stanno intorno¸ che partecipano di questo suo interesse per l’uomo. Ecco perché si parla giustamente di umanesimo cristiano.