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Omelia II DOM. T.O. A del 15 Gennaio 2017

15 Gennaio 2017- II DOM T.O. A – Is49¸3.5-6;1Cor1¸1-3;Gv1¸29¸34 L’autore del Vangelo scrive intorno al 100¸ quindi molto tardi¸ ma è ancora preoccupato perché molti considerano il Battista un concorrente di Gesù. Già nel prologo insiste nel dire che la missione di Giovanni era temporanea¸ e aveva solo la funzione di annunciare la venuta di Gesù Cristo. Riduce tutta l’attività del Battista ad essere l’annunciatore della venuta di Gesù¸ cercando di far dimenticare tutte le altre novità di cui Giovanni Battista era stato storicamente protagonista. Dal punto di vista della storiografia ebraica è considerato più importante il Battista di Gesù. Giuseppe Flavio¸ nella sua storia¸ parla molto del Battista¸ e lo considera un personaggio decisivo nella storia della religione israelitica di quel tempo. Non è neanche sicuro che nella sua storia ci sia un cenno di cui parla di Gesù. Ci sono alcuni accenni¸ ma non si sa se sono autentici. Dal punto di vista storico Giovanni fu una figura di grande rilievo¸ tanto è vero che ancora negli anni 90 c’è chi magari accetta anche il culto di Gesù¸ ma vorrebbe che gli si potesse affiancare un culto di Giovanni Battista. Il quarto evangelista si sforza invece di ridurlo a un semplice annunciatore. Dice che il Battista aveva ricevuto da Dio soltanto questa comunicazione: vedrai uno sul quale scenderà una colomba¸ e si fermerà su di lui. Questa colomba è lo Spirito Santo. La cosa curiosa è che sembra che al Battista sia stato dato da Dio questo piccolo indizio: vedrai una colomba che si posa e si ferma¸ rimane. Quando vedrai questo¸ sappi che quell’uomo lí sarà la dimora dello Spirito Santo. E la voce divina gli dice anche un’altra cosa: quello su cui vedrai scendere lo Spirito Santo¸ è l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. La parola che qui viene usata per dire agnello di Dio¸ si trova solo quattro volte in tutto il n. t.¸ mentre si trovano decine di volte altri nomi per indicare le pecore. Due volte nel testo appena letto¸ una volta negli atti degli apostoli¸ e una volta nella prima lettera di Pietro¸ con riferimento al sangue versato dall’agnello. Questa formula è analoga all’inno della lettera ai Filippesi¸ dove si dice che Gesù viveva in una condizione pari a quella di Dio¸ ma umiliò se stesso¸ ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce¸ per questo Dio lo ha esaltato. Nel caso dell’agnello¸ in questi testi non è presente l’esaltazione¸ lo si presenta solo come colui che va al macello¸ è l’agnello sacrificale di Dio. Dopo¸ con altro termine¸ anche più affettuoso¸ perché diventa l’agnellino¸ per 28 volte se ne parla nell’Apocalisse. Piccolissimo agnellino¸ il quale però ha una potenza infinita. Come si diceva in Efesini: siccome si è umiliato fino alla morte di croce¸ Dio lo ha sovraesaltato e gli ha dato il nome che è sopra ogni altro nome. E il nome è Gesù¸ in Filippesi¸ non Cristo¸ non Messia. Il tema nascosto in queste righe è il passaggio dal completo annientamento di sé alla totale glorificazione di sé. Fondamentale nella visione teologica cristiana. La salvezza del mondo è venuta perché c’è stato un uomo¸ di cui poi si dirà: la cui umanità ha rivelato Dio¸ ma a livello psicologico il protagonista è un uomo¸ non Dio¸ come dice Giovanni: viene un uomo¸ che come un piccolo agnellino innocente¸ senza protestare¸ si lascia annientare. l’idea tipica del cristianesimo è che l’amore di Dio si è manifestato in questa sostituzione¸ per cui al posto del peccatore¸ il castigo¸ la sofferenza¸ la fatica di ricuperare il bene perduto vengono assunti da un uomo inventato da Dio¸ la persona di Gesù¸ che si assume tutto il dolore¸ perché gli altri possano partecipare alla gioia della salvezza. l’agnello di Dio si è sacrificato¸ e continua a sacrificarsi¸ in un certo senso. E’ l’agnello di Dio che solleva il peccato del mondo¸ che significa non tanto sollevarlo per gettarlo lontano¸ cioè annullarlo¸ toglierlo¸ ma per caricarlo su di sé. E’ come dire che la storia di Gesù Cristo¸ il modo umano di vivere di Gesù Cristo¸ ha svelato come ci sia nel mondo una peccaminositภuna degradazione di tutto quello che potrebbe essere buono¸ una continua incapacità di preservare il bene che c’è nella natura¸ nella cultura¸ nella vita degli uomini¸ una specie di destino che impone di rovinare tutto¸ per cui deve prendere su di sé questa fatica di restaurare le cose. E le cose le restaura soprattutto svelando l’incapacità dell’umanità di progredire nel bene. Il termine peccato indica di per sé mancare il bersaglio. Non indica crudeltภodio¸ indica il non aver colpito giusto¸ avere sbagliato il bersaglio. E’ un’idea molto acuta del peccato del mondo¸ che cioè tutte le possibilità positive che ci sono vengono spesso inquinate¸ non riescono mai ad arrivare alla meta definitiva in maniera lineare. Cristo¸ agnello di Dio¸ è quello che denuncia tutto questo. Quando leggeremo le beatitudini capiremo che in Gesù c’è una semplicitภuna linearitภuna capacità di arrivare all’essenziale¸ che in fondo fa capire quanti inutili errori si commettono nella vita perché non si centra mai bene il bersaglio.