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Omelia XXV DOM.T.O. C del 18 Settembre 2016

18 Settembre 2016 – XXV DOM. T.O. C- Am 8¸4-7; 1Tm2¸1-8; Lc 16¸1-13 La parabola del vangelo è difficile da capire¸ perché sembrerebbe suggerire che il fine giustifica i mezzi. Cioè che in caso di necessità un comportamento disonesto potrebbe essere lecito. Data questa difficoltภin coda alla parabola sono stati messi una serie di consigli sull´uso delle ricchezze¸ per cercare di distogliere l´attenzione dal nocciolo della parabola¸ che sarebbe risultata scandalosa. La parabola non è stata probabilmente capita¸ nella sua intenzione autentica. Questo giustifica anche la scelta della prima lettura. Una filippica del vecchio profeta Amos¸ il più antico di tutti i profeti¸ che ha predicato nell´800 a.c.¸ contro i soprusi degli agricoltori ricchi per imbrogliare i poveri. Nella seconda lettura una prima cosa interessante è la sensibilità per l´universalità della preghiera nei confronti di tutti¸ compresi i non cristiani¸ e soprattutto il rispetto delle autorità. Quando viene scritta la lettera a Timoteo¸ siamo verso la fine del primo secolo¸ sono già imperatori i Flavi¸ cioè siamo vicini all´epoca di Domiziano¸ che è stato un severo persecutore. E la lettera ha il coraggio di dire di pregare per i re e per tutti quelli che stanno al potere¸ perché la pace¸ e la preghiera per la pace è superiore ad ogni altro bisogno e desiderio. Poi c´è un piccolo inno:- Uno solo infatti è Dio¸ uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini¸ l´uomo Cristo Gesù¸ etc-. Potrebbe essere un tentativo di modificare il famoso Shemà ebraico:- Ascolta Israele: uno solo è Dio¸ lui solo amerai etc.-. Tentando di aggiungere a “uno solo è Dio ”¸ un altro “ uno solo è l´uomo Gesù mediatore ”. Per cui sono due i momenti che sintetizzano il nocciolo della fede. Quello che anche gli ebrei condividono: è Dio uno solo; e il cristiano aggiunge: c´è anche un uomo¸ uno solo. E l´importante è che qui il Cristo non viene chiamato Dio. Gesù uomo¸ dice il greco¸ che ha dato se stesso per noi. Questo è molto interessante¸ e serve per sostenere quella impostazione della cristologia per cui è la parola uomo quella che bisogna usare primariamente quando si parla di Gesù Cristo. E´ un uomo¸ che Dio ha fatto in modo¸ grazie al dono dello Spirito¸ di essergli totalmente sottomesso¸ al punto di poter dire che non ha mai vissuto solo umanamente¸ ma sempre e soltanto in concordanza con Dio. L´affermazione che in Gesù Cristo c´è soltanto una persona¸ divina¸ e due nature¸ non è ontologica¸ ma esistenziale: Cristo è un uomo che non ha fatto niente che non fosse ispirato da Dio¸ che si è annullato nella sua indipendenza¸ per essere uomo totalmente rispecchiante Dio. Per questo lo chiamiamo Dio. La cristologia del quarto vangelo dice: Dio si è fatto uomo. La cristologia di questo testo dice: Dio ha fatto in modo che un uomo diventasse come lui¸ e lo potesse ripresentare in maniera umana. E´ la stessa cosa¸ ma detta in due maniere diverse¸ e la più intelligente è questa. Dio ha fatto in modo¸ grazie alla sua unione con questa umanitภche questa umanità equivalesse a quel che Dio è per noi. Come ha capito anche Matteo:- Il suo nome sarà Emanuele-. In Cristo non si vede Dio¸ si vede quel che Dio è per noi¸ si vede il Dio con noi. Questo è quello che può rendere credibile¸ anche a uno spirito moderno che non crede più ai miti¸ perché è sensato dire che quest´uomo merita di essere chiamato Dio¸ se si ha fretta di usare una parola sola. Ma la parola più giusta è uomo¸ purché la si colleghi a questa struttura: uomo che Dio ha voluto che esistesse¸ unico¸ l´unigenito¸ uno solo è arrivato a questo livello¸ perché lo Spirito Santo lo ha reso trasparenza di Dio. Il vangelo. Se è letto alla maniera dei salmi¸ questo povero amministratore non è l´imbroglione¸ è una vittima accusata da calunniatori di aver imbrogliato il padrone. E´¸ come il protagonista di tanti salmi¸ quello che dice: Signore aiutami perché tutti parlano male di me¸ tutti mi calunniano¸ tutti dicono il falso¸ vogliono rovinarmi. Infatti non si dice che è stato disonesto¸ questo lo dicono i versetti messi in fondo¸ quando non l´hanno capito. - Fu accusato innanzi a lui di sperperare i suoi averi-¸ e il padrone non gli ha dato la possibilità di difendersi¸ l´ha licenziato. Allora quest´uomo è entrato in angoscia. Questo è il punto della parabola¸ che si capisce dopo Heidegger e dopo Bultmann¸ e che non poteva essere capito prima. E´ la figura dell´uomo che si trova qui nel mondo¸ e si domanda perché le cose vanno in questo modo: non sono stato io a fare questo male¸ perché della mia vita non capisco niente¸ perché mi trovo qui¸ buttato nel mondo. Bultmann ha applicato al vangelo l´idea che l´angoscia¸ che per Heidegger nasce soprattutto dal fatto che dobbiamo ricordarci che moriamo¸ per cui noi abbiamo davanti come prospettiva la morte¸ e avendo come prospettiva la morte¸ rimaniamo senza fiato¸ sconvolti¸ e ci domandiamo:- cosa faccio¸ cosa ci sto a fare-¸ dunque Bultmann¸ il teologo¸ l´esegeta¸ ci fa capire che questa parabola significa che ad un certo punto questo poveretto¸ accusato ingiustamente¸ deve prendere una decisione. Perché è da solo¸ non ha forza di zappare¸ giustamente si vergogna di chiedere l´elemosina; ha una sola chance¸ sperare che qualcun altro lo aiuti; falsificare delle ricevute per trovare qualcuno che gli dia ancora un po´ di lavoro. Cosa deve fare un poveraccio a cui tutto è andato male nella vita? Cosa deve fare? Deve avere il coraggio di credere in un futuro che vada oltre quell´anticipo di morte che è la perdita di ogni sostegno nel presente. Il nuovo testamento oserà dire¸ e Bultmann lo sottolinea¸ un futuro assolutamente incerto¸ impensabile¸ incomprensibile¸ che dopo la morte mi risarcisca della fatica di vivere. La risposta all´angoscia¸ che Heidegger ha intuito essere l´angoscia di molti uomini¸ perché buttati nel mondo¸ obbligati a capire se stessi in queste situazioni mondane¸ di cui sfugge l´interpretazione¸ è¸ per la maggioranza¸ copiare quello che fanno gli altri¸ correre a comprare lo smartphone nuovo¸ passare il tempo; è l´esistenza inautentica. Questa idea del confronto tra io¸ che sono persona¸ e la morte¸ è quella di dire:- Ci deve essere qualcos´altro¸ qualcosa che va oltre¸ l´incredibile-. Questa¸ secondo Bultmann¸ è la decisione di fede. La fede spesso nasce cosí¸ come ultima possibilità per tirare avanti nella vita. Bisogna avere l´umiltà di capire che questa è la condizione dell´uomo nel mondo¸ anche oggi¸ di molte persone che cercano di sfuggire al nocciolo della comprensione del problema¸ distraendosi. Per fortuna la maggioranza¸ con questa distrazione¸ tira avanti; per fortuna la maggioranza della popolazione non entra neanche in questo tipo di angoscia. Ma a chi capita tutto questo la parabola dice di non aver paura di sbagliare¸ di rischiare pure¸ se lo esige la salvezza.