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Omelia XXIII DOM.T.O.C del 4 Settembre 2016

4 Settembre 2016- XXIII DOM.T.O. C- Sap 9¸13-18-Fm9b-10.12-17; Lc 14¸25-33 La seconda lettura è interessante perché è l´unica lettera privata di Paolo¸ scritta a questo suo benefattore diventato cristiano. E´ una lettera di raccomandazione per uno schiavo che era scappato. L´atteggiamento di Paolo è un atteggiamento che noi definiremmo cristiano¸ ma probabilmente c´erano anche dei pagani che si comportavano cosi. La prima lettura parla della necessità della sapienza per capire i disegni di Dio. Nessuno di noi può pretendere di essere capace di capire tutto; l´uomo religioso ritiene che uno dei compiti principali della divinità sia quello di aiutare l´intelligenza dell´uomo a capire le cose. Tutta la teologia è d´accordo nel ritenere che il controllo delle forze della natura non è opera di Dio¸ perché al massimo c´è un input iniziale¸ e poi tutto va avanti secondo le leggi di una dinamica che lo scienziato cerca di individuare¸ e tutto è fuori dal controllo di Dio; è lui che ha voluto cosí. Ecco perché non si può dire che è lui che ha mandato il terremoto. Più va avanti questo dialogo tra la scienza e la fede¸ sempre più si comprende che quello che noi possiamo aspettarci da Dio è un aiuto per la nostra personale capacità di comprendere e di interpretare le cose; tutto il resto abbiamo l´impressione che non possa più essere attribuito a libere decisioni di Dio¸ perché dovremmo ringraziarlo dei benefici¸ ma nello stesso tempo incolparlo delle catastrofi. Sarebbe un compito di tutti quelli che nella chiesa hanno la capacità di riflettere su queste cose di formulare nella maniera più esatta possibile questo mutamento nel modo di concepire la relazione tra Dio e l´universo¸ che deve necessariamente essere aggiornata sulla base delle conoscenze contemporanee; e anche sulle conoscenze contemporanee sui condizionamenti psicologici dell´uomo¸ perché anche qui c´è molto di indipendente o di non completamente controllabile dalla volontภe anche qui bisognerebbe aggiornare il discorso cristiano. Le due parabolette del vangelo¸ quella della torre che si deve calcolare bene prima¸ per vedere se si è capaci di arrivare in fondo¸ e del re che deve calcolare prima se gli conviene far guerra¸ in fondo ammoniscono i credenti e la chiesa a pensarci¸ e a controllare bene se quello che dicono a proposito di Dio è ancora valido ed è giusto¸ altrimenti vengono presi in giro: quando vi fa comodo dite che Dio non dà il terremoto¸ quando santificate madre Teresa di Calcutta perché una guarigione inspiegabile la possiamo considerare un segno di Dio¸ allora ritenete che Dio qualche volta agisce. E io di nuovo ribadisco che agisce nei confronti della persona. Questa questione del miracolo che la scienza medica ritiene naturalmente inspiegabile non è da trascurare; forse è rimasto uno dei pochi elementi che possono aiutarci a dire come dobbiamo oggi concepire il rapporto di Dio con l´insieme di tutto il creato¸ se si vuole rendere il tema Dio ancora accettabile e utile per la vita contemporanea. Per quanto riguarda il Vangelo¸ Luca non scrive quello che c´è scritto qui adesso; Luca dice: - Se uno viene a me e non odia il padre¸ la madre¸ la moglie etc.-. Luca usa la formula: se uno non odia¸ e usa il verbo misein che significa odiare nel senso pieno del termine¸ non semplicemente avere antipatia¸ non amare del tutto. Matteo ha cambiato¸ e ha messo quello che adesso è stato messo anche in Luca:- Chi ama il padre e la madre più di me etc.:-. Secondo me non è onesto mettere in Luca la stessa forma che Matteo ha scelto. Se la cosa non ha scandalizzato Luca perché deve scandalizzare voi? E perché deve essere tolta¸ modificando il testo di quella che dicono essere parola di Dio? Si lascia cosí com´è¸ si dice: chi non odia il padre etc¸ e poi ci si fa l´interrogativo: come mai Luca ha lasciato questo termine? Sotto c´è un problema serio¸ che riguarda tutte le religioni: per trovare Dio bisogna distaccarsi dal mondo. Anche la prima lettura diceva questo. Facciamo fatica a capire le cosa della terra¸ figuriamoci se vogliamo sapere cosa vuole Dio. Allora se devo pensare a Dio occorre un distacco che può essere un semplice distacco metodologico-intellettuale¸ ma può anche significare quello che c´era nella prima lettura di domenica scorsa:- Per la misera condizione del superbo non c´è rimedio¸ perché in lui è radicata la pianta del male-. La sapienza delle religioni dice: sta attento perché tu dentro di te sei infetto¸ è piantata dentro di te la pianta del male. Cioè tu hai dentro di te una specie di tendenza ad essere malvagio¸ a giudicare male¸ ad essere sospettoso¸ che devi cercare di correggere. Stai attento¸ perché per prima cosa devi contrastare in te stesso qualcosa di cui non ti accorgi¸ che ti domina. E devi anche contrastare¸ nella società che ti circonda¸ usi¸ costumi¸ tradizioni¸ anche legami familiari che possono ostacolare l´accesso alla divinità. Allora è diventato tradizionale il distacco dal mondo; la fuga dal mondo è una delle caratteristiche di tutte le religioni. Almeno una fuga temporanea¸ nel tempo della formazione del carattere della persona. La chiesa dovrebbe fare come dice Gesù nelle due parabole. Adesso ti siedi¸ e rifletti: dove andrai a finire; se cominci cosí sei in grado di arrivare alla meta? Sono preparato al futuro¸ molto incerto¸ che ho davanti? Siediti¸ pensa¸ calcola¸ progetta¸ prega! E cerca di prescindere da quello che fanno tutti gli altri. Ecco il distacco dal mondo. Un distacco metodologico¸ educativo. Questo è quello che secondo me il vangelo di oggi ci vuole suggerire. Tutta la chiesa dovrebbe farlo. Cosa sta diventando il cristianesimo adesso? La maggior parte della gente lo abbandona. Il papa lo ha fatto diventare un amore gratuito¸ indifferenziato¸ esigente¸ senza mai condanna¸ di tutto quello che l´uomo è di fatto. Occorre una indipendenza nel riflettere¸ sedersi a calcolare¸ non andare sempre dietro al carro vincente¸ avere una personalità forte¸ che aspetta e implora da Dio¸ comunque lo si pensi¸ di occuparsi della mia formazione personale. E per quelli della mia etภdi come concludere la propria esistenza; quale giudizio dare su se stessi.