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Omelia II PASQUA C del 3 Aprile 2016

3 Marzo 2016- II PASQUA C- At 5¸12-16; Ap1¸9-11a.12-13.17-19; Gv 20¸19-31 Mentre in Matteo il Signore nell´apparizione dà l´ordine di predicare a tutti i popoli¸ e in Luca ci sono parecchie apparizioni¸ nelle quali si dicono molte cose¸ tra cui anche la predicazione¸ Giovanni sceglie un altro tema¸ che non è la missione¸ ma è il perdono dei peccati¸ che è in fondo quindi rivolto a quelli che già credono. Questo è un segno che quando Giovanni scrive¸ la chiesa è ormai diffusa in molte localitภla missione ha già dato i suoi frutti¸ e adesso quello che conta è la fedeltà all´interno della chiesa; cioè rafforzare la fede e cercare di evitare le incomprensioni¸ gli abusi¸ i modi sbagliati di intendere la salvezza portata da Gesù¸ che già si stanno diffondendo tra i primi credenti. Anche le tre lettere attribuite a Giovanni riflettono sulla difficoltà delle divisioni che si sono create nella chiesa. Sono testi che si rivolgono a una chiesa che in un certo senso è più vicina alla nostra¸ che non ai veri momenti delle origini. Il problema è diventato quello della retta fede¸ del credere le cose come bisogna crederle¸ del comportarsi come bisogna comportarsi. La stessa cosa si trova nelle lettere pastorali¸ attribuite a Paolo¸ dove si parla già di una chiesa che deve essere riformata. Questo tema si trova anche nelle ultime parole del brano evangelico¸ e nell´inizio del libro dell´Apocalisse letto come seconda lettura: la consapevolezza che l´elemento più importante¸ per capire come si deve essere cristiani¸ è diventato il libro. Addirittura nel vangelo si fa capire che vedere e toccare non sono più possibili¸ e che aver visto e aver toccato non basta per credere. Nel vangelo di Pasqua vedono le bende nel sepolcro:- vide e credette; non avevano ancora capito che doveva risorgere dai morti-. La frase che accompagna il vide e credette dava già l´impressione che il credere che dipende dalla vista o dal contatto fisico è un credere debole. In fondo chi crede perché ha visto¸ o chi crede perché ha toccato¸ come Tommaso¸ fa un´esperienza sensibile. In Luca Gesù stesso dice agli apostoli:- toccatemi¸ datemi da mangiare-¸ e mangia. Questa non è la fede¸ o meglio è una fede che si basa sulla sicurezza dei sensi¸ su quello che ha visto e toccato. Se non segue una riflessione¸ un pensiero¸ una valutazione tutto rimane lí. Occorre qualcos´altro. Ecco perché a Tommaso Gesù dice:- tu hai creduto¸ erano capaci tutti di credere toccando¸ sono beati coloro che credono senza vedere-. E subito dopo c´è la finale del Vangelo: Gesù fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro¸ ma questi sono stati scritti perché voi crediate. Nasce il libro¸ come primo e più importante ingresso nella fede. E´ li che comincia la salvezza¸ perché la salvezza viene leggendo e riflettendo e pensando. Occorrono le emozioni¸ ma sono un contorno¸ o meglio una spinta iniziale¸ che tengono in piedi il desiderio di capire¸ ma quello che conta è capire. Si può comprendere qual´è la natura della fede. Nella seconda lettura¸ l´inizio del libro dell´Apocalisse¸ c´è una visione; qui il vedere è un vedere puramente fantastico¸ una specie di sogno; tutta l´Apocalisse è fatta di visioni completamente inventate¸ che non hanno nessun realismo e che non si avvereranno mai¸ è soltanto una fantasia. Il libro filtra il pensiero e la conoscenza¸ viene da un uomo che ha cultura¸ che interpreta le cose a suo modo¸ che è condizionato da quello che sa¸ da quello che ha vissuto¸ dalle speranze che coltiva. Questa è la ricchezza del testo¸ che nasce da una precomprensione. L´esempio più chiaro è l´Apocalisse¸ ma lo sono anche i Vangeli. Nel libro degli Atti il livello di miracolosità è estremamente cresciuto rispetto a quello che si racconta di Gesù nei vangeli. Gesù per guarire toccava¸ diceva una parola; adesso basta l´ombra di Pietro. E´ una voluta esagerazione¸ per indicare probabilmente la potenza del Risorto¸ che dà a Pietro questa capacità. L´elemento storico è filtrato dall´entusiasmo¸ dalla fede¸ dalla volontà di propaganda degli scrittori. Allora che cos´è la fede? E´ la nostra gestione mentale di quello che i libri del n.t. ci raccontano. Noi abbiamo il racconto di esperienze vissute¸ ingrandite¸ modificate¸ filtrate da quelli che hanno scritto. Dio si presenta a noi attraverso questo filtro. Questi sono i limiti di ogni religione¸ compresa la cristiana¸ la quale deve essere filtrata dalla nostra ragione. Qui la strada si divarica: deve essere filtrata¸ accogliendo soltanto quello che umanamente sembra ragionevole. L´altra visione¸ opposta: deve essere accettata e filtrata riconoscendo che può essere vero qualcosa che la nostra ragione non era arrivata a conoscere e non comprende. Cioè o la riduzione a quello che è razionalmente accettabile¸ o l´accettazione della possibilità di un assoluto¸ di un qualcosa in più¸ del trascendente¸ come si dice. Il vantaggio è che attraverso questa che potrebbe sembrare una difficoltภnoi veniamo rispettati nella nostra libertภmentre la visione sconcertante ti sconvolge e in fondo ti obbliga a credere. Quelli che vedono la madonna non possono negare di averla vista¸ sono delle persone che per il bene di altri vengono obbligati a dire: sí l´ho vista. Gli altri ricevono il racconto¸ e sono liberi¸ e sono arricchiti di una riflessione sulle infinite possibilità che l´uomo ha di inoltrarsi alla ricerca del vero¸ del bene. Avere fede vuol dire accettare questo continuo incontro con una possibilitภtrovare un proprio posto in questa continua provocazione che i libri¸ che le idee quindi¸ i racconti di esperienze religiose provocano alla nostra vita.