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Omelia V QUARESIMA C del 13 marzo 2016

13 Marzo 2016- V QUARESIMA C- Is 43ž16-21; Fil 3ž8-14; Gv 8ž1-11 La prima lettura sembra proprio che serva per farci capire che ha ragione S. Paolo quando dice di avere abbandonato tutte queste cosež quando ha incontrato Gesù Cristo. EŽ una testimonianza di come lŽa. t. non credeva in nessun modo alla risurrezione dei mortiž a una vita dopo la morte. Qui è presente unŽaltra idea tipica dellŽa. t.ž lŽunilaterale interesse di Dio per il popolo ebraico; cosa che nel cristianesimo è scomparsaž perché Gesù Cristo ci ha insegnato di interessarci di tutti i popoli. Nel brano di Paolo della lettera ai Filippesiž cosŽè questo tutto che devŽessere considerato una perdita? Paolo lo spiegava nei versetti precedenti. Paolo scrive questa lettera perché i cristiani di Filippiž che sono i primi europei che Paolo ha incontrato e convertitož costituiscono una comunità che si è molto affezionata a San Paolož e per di più lo hanno praticamente mantenutož con le loro offertež tutti gli anni che lui ha passato in Grecia. Purtroppo a Filippi erano arrivati degli ebreiž i quali li avevano disturbati dicendo che dovevano farsi circoncidere. Un problema che si incontra spessissimo nel n.t. di molti ebreiž in buona fedež di aggiungere il cristianesimo alla vecchia tradizione legalež mentre Paolo ha deciso che la vecchia tradizione legale è ormai superata. La cosa nuova che viene fatta non è la strada nel deserto di Isaiaž ma il passaggio dal concetto di legge ad un altro modo di intendere il rapporto con Diož e sostanzialmente il senso della vita. E del resto che cosŽè il racconto del vangelo se non la storia di Gesùž al quale viene citato il Deuteronomiož la legge anticaž che dice di lapidare lŽadultera? E lui è presentato con un atteggiamento di una intelligenza fortissima: si mette a scrivere per terra; siccome la formula con cui si cita la legge è -sta scritto-ž lui scrivež e scrive sulla sabbiaž dove le cose si cancellano. Loro insistonož e lui allora se la cava con una battutaž che è una specie di psicoterapiaž che non offende ma spinge le persone a riflettere. Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Il Deuteronomio diceva che era dovere uccidere per lapidazione queste donne. Qui si narra di una conversione spontanea di questi uominiž che si rendono conto della stupidità della loro tradizione legislativaž anche se risale a Mosèž della crudeltà inutile; siccome tutti hanno scheletri nellŽarmadiož tutti abbiamo peccati che desideriamo non direž quando sentono queste parolež se ne vanno tutti. Alla fine Gesù si alza in piedi e lascia andar via libera la donna. Le dice semplicemente- non peccare più-. Se ne vanno. EŽ una scena dove Gesù non pretende niente. Spera che la donna sia capace da sola di non peccare più. Va notato anche questo rispetto di Gesù per le decisioni degli altri. Non fa la predicaž non rimproveraž non esortaž si limita a una frase molto secca. Noi diremmo che sta sulle sue. Non fa amicizia. Il Gesù dei vangeli è quello che restituisce la libertà e lŽautocoscienza alle personež poi decidono loro. Gesù è lŽautore della libertà della coscienzaž rispetta lŽuomož lo libera da quelle strutture legislative pesantiž è davvero lŽinventore della libertà. Paolo non vuole che quelli di Filippi vengano di nuovo costretti a subire delle norme antiquatež ed è questo ciò che lui considera perdere.- Ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura-. Cosa che si elimina e non ci si pensa più. Ma la cosa più importante è cosa sostituisce Paolo a questa spazzaturaž che è la vecchia legge. Dice:- la considero spazzatura per guadagnare Cristo -. CŽè lŽidea di procurarsi un premiož essere trovato da lui con una giustizia che derivi dal suo donož dal suo insegnamentož dalla sua graziaž non dalle mie opere. Questa è lŽidea solita di Paolož che lŽuomo non viene giustificato per le opere che compiež per i suoi meritiž come se Dio avesse il dovere di premiarlo. LŽuomo viene premiato e amato da Dio gratuitamentež come Gesù fece con lŽadultera. Dopodiché le opere buone sono gesti di spontanea riconoscenza da parte dellŽuomož che in questo modo dimostra di ringraziare Dio perché lo perdonaž lo perdona semprež anche quando sbaglia ancora. Perché anche lŽadultera probabilmente non è riuscita a non peccare più. Il testo non dice nullaž ma siamo autorizzati a pensare che Dio perdona una secondaž una terza voltaž perché dice a Pietro di perdonare non sette volte al giornož ma settanta volte sette. Quindi è chiaro che Dio è per natura colui che perdona. Però il perdono di Dio non bisogna prenderlo sottogambaž bisogna considerarlo un dono immeritatož del quale essere riconoscenti; e bisogna avere fede in questa volontà di Dio di perdonare; non deriva dalla leggež non cŽè un regolamentož come dice san Paolož ma viene dalla fede in Cristo. La cosa più interessante è che Paolo dice che ha lasciato perdere tutto il passato perché vuole conoscere Gesù. Conoscere. Questo è lo scopo dellŽesistenza della chiesaž lo scopo della messaž della bibbiaž di tutto quello che si fa. Conoscere. Anche Giovanni dice che la vita eterna è conoscere Te e colui che hai mandato. Non è intellettualismož è il pensare continuamente per capirež il considerare Gesù il criterio a cui ricorrere sempre per cercare di comprendere quello che accade. Paolo sintetizza dicendo: - la potenza della sua risurrezionež la comunione alle sue sofferenze-. Mette prima la risurrezionež poi le sofferenze. Poi fa il contrario:- facendomi conforme alla sua mortež nella speranza di giungere alla risurrezione-. Prima cŽera risurrezionež poi sofferenzaž qui mortež poi risurrezione. Usa parole diverse Paolo per indicare la prima risurrezione e la seconda. Il greco suona: facendomi conforme alla sua mortež se in qualche modo arriverò alla risurrezionež quella dai morti. Tutti gli esegeti sottolineano questa specie di punto interrogativo sottinteso. - Se in qualche modo- sež non si sa maiž in qualche modož giungerò alla (e qui usa una parola che in greco significa espulsionež emigrazione forzataž quasi a dire quando verrò cacciato via da questo mondo) risurrezionež e ripetež quella dai morti; perché ce nŽè prima unŽaltra che è già presente nella vita; ecco perché prima ha detto che vuole conoscere la potenza della sua risurrezione nella comunione alle sue sofferenze. Paolož come Giovanniž dice che la vita eterna ce lŽabbiamo già adesso; poi essa si realizzerà come risurrezione da mortež ma noi dobbiamo già adesso sentirci risuscitati nel soffrirež vincitori quando perdiamož contenti quando le cose vanno male; ma non per un gioco psicologicož un tentativo di auto ipnotizzarciž ma perché sappiamo che in Cristo tutto è nuovož tutto è cambiatož perché Cristo è rivelatore di un Dio che si accompagna alla nostra fatica di vivere. Questo è il concetto che Paolo vuole esprimere: non i ritiž non la circoncisionež non le norme alimentariž non le usanzež le prescrizioniž ma la conoscenza di quellŽunicum che nella storia è stata la persona di Gesù Cristo. Paolo ritiene che questo è ciò che è accaduto a luiž e per questo nel medesimo testo ricorda che per grazia di Dio ha capito che aveva sbagliato completamente a perseguitare i cristiani per obbedire alla leggež e che doveva prendere nella sua vita un altro punto di riferimento e cercare di assimilarlo in maniera che diventasse il criterio costante di tutti i suoi sentimenti e della sua attitudine a valutare quello che accade nella vita: Gesù Cristo. Dice più avanti: non sono arrivato alla perfezionež mi sforzo di correre per conquistarla. In secoli passati si viveva in un mondo che era diventato legalmentež istituzionalmentež cristianož ma cristiano non lo era. Oggi non è formalmente cristiano perché la gente si disinteressa di Cristo. Quindi più o meno noi che crediamo siamo ancora nella necessità di interpellare Gesù perché ci faccia capire come valutare quello che accade nel mondo. Questo è il conoscere Gesù e il correre. EŽ quel tentativo di aggiornare continuamente la nostra valutazione delle cosež in nome di Cristož nei cambiamenti che continuamente avvengono nella nostra vita. Come intervenire? Questa è la difficoltà di vivere dei nostri tempiž oltre alle difficoltà che ciascuno di noi ha. Secondo la nostra fede non cŽè di meglio che Gesù Cristo per ottenere unŽattitudine interiore che cerchi quello che è veramente il bene delle persone. Questa è la partecipazione alla risurrezione. Implorare la potenza dellŽintelligenza divina perché ci aiuti. E può darsi che in questo modo ci meriteremo anche unŽaltra risurrezionež della quale non sappiamo nullaž quella dai mortiž che lasciamo nelle mani di Dio. Quello che fa Paolo in Filippesi è la fotografia di quello che noi tutti potremmo fare: lasciar perdere tante altre cosež e dedicare un poŽ più di tempo e spazio a conoscere questo caso unico che cŽè stato nella storiaž quellŽorigine che cŽè stata in Gesùž quella promessa da parte di Gesù che Dio ti darà uno spirito per capire che cosa è meglio o che cosa è meno peggio. Cosa puoi fare anche tu nel tuo piccolož per aiutare il mondož almeno quello che ti circondaž a diventare un poŽ meno peggiore di comŽè. Occorre una chiave interpretativaž e la chiave interpretativa è la figura di Gesù.