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Omelia VI PASQUA B del 10 Maggio 2015

TRASCRIZIONE NON INTEGRALE. 10 Maggio 2015 – VI PASQUA B – 1 Gv 4¸7-10; Gv 15¸9-17 Nella seconda lettura e nel vangelo c´è l´affermazione più forte di tutto il n.t. sull´amore di Dio e sull´amore del prossimo¸ c´è la definizione celebre che Dio è amore. Nella prima lettera di Giovanni ci sono altre definizioni di questo tipo: Dio è luce¸ Dio è vita¸ Dio è amore. Quando si dice luce si intende verità e purezza morale¸ verità a livello intellettuale e onestà della vita a livello pratico. Vita non significa nient´altro¸ tranne che non si voglia dire che è vita non nel senso fisico¸ corporeo¸ ma che è vitalità della mente¸ se si voglia parlare della vita fisica o della vita spirituale¸ o di tutte due insieme. Per quanto riguarda l´amore¸ Giovanni dice che non sta parlando dell´amore come lo sperimentiamo noi¸ ma dell´amore che proviene da Dio. Quindi Dio è amore in un senso diverso da come noi concepiamo l´amore. Giovanni non è chiarissimo nelle sue affermazioni. L´amore viene da Dio; infatti precisa che non siamo noi che abbiamo amato Dio¸ è Dio che ha amato noi¸ e nel vangelo dice che noi dobbiamo imitare questo amore di Dio; non quindi partire dalla nostra precedente esperienza di amore. Si assomiglieranno le due cose¸ però per esempio per amare Dio bisogna osservare i comandamenti¸ la nostra esperienza dell´amore non include l´ubbidienza a comandamenti. Poi viene data l´altra spiegazione del dare la vita per i propri amici. La vita è data per il gruppo ristretto degli amici¸ non per il mondo¸ non per tutti¸ non per un estraneo. Gli autori della lettera e del vangelo hanno in mente un gruppo di credenti che costituisce una profonda unitภe che è distaccato dal resto del mondo¸ nel senso di tutta l´umanitภo di quelli che non credono. Giovanni vive in un ambiente in cui sono cominciate molte persecuzioni¸ e il gruppo dei cristiani non trova sostegno da nessuna parte¸ e vivono l´esperienza di sentirsi un gruppo che ha bisogno di essere al suo interno compatto¸ altrimenti viene sopraffatto da questa esterna ostilità. Viene percepito come il gruppo di coloro che devono avere il coraggio di amare Dio fino alla fine¸ ecco perché c´è l´insistenza nel dire che bisogna dare la propria vita per gli amici¸ non bisogna tradire nessuno del gruppo. Quella che Giovanni descrive è una visione di una comunità che sta vivendo nella storia un´esperienza particolare di difficoltà. Non bisogna estendere ogni parola alla cristianità di altre situazioni e tempi¸ e dare alle parole quel significato cosí forte che hanno nel testo¸ quando la situazione è diversa da quella che l´evangelista presupponeva. Se dare la vita significa accettare di morire per i propri amici¸ capite che sarebbe un´esagerazione che non tutti hanno il coraggio di accettare. Dare la vita per i propri amici non può diventare un comandamento per tutti. Altra difficoltà è quella dell´identità che ci dovrebbe essere tra il nostro modo di amare e quello di Cristo e di Dio. Gesù uomo è riuscito ad amare i suoi discepoli con la stessa forza e con la stessa superiorità con cui Dio ama le creature. Il nostro amore è pur sempre un amore che chiede una risposta¸ noi siamo capaci di amare¸ ma siamo anche bisognosi di essere amati. Noi non sappiamo niente dell´interiorità di Dio¸ e allora come facciamo a dire: come ha amato il Figlio¸ il Figlio amava come ha amato il Padre. Noi dobbiamo amare come il Figlio¸ cosí partecipiamo all´amore del Padre; ma è possibile che noi possiamo provare qualcosa¸ nella nostra interioritภche è identico a ciò che prova Dio? Non trasformiamo Dio in un idolo se lo facciamo assomigliare a noi¸ perfino nell´atto di amare? Quel- come io ho amato voi- spaventa. Come si fa a identificare noi con Cristo e con Dio fino a dire che dobbiamo amare allo stesso modo? Questo è il mistero di questo testo¸ c´è un avvicinamento di Dio a noi¸ e di noi a Dio che è¸ direi¸ sproporzionato¸ audacissimo. Questo paradosso ci mette in difficoltà anche perché è accompagnato dalla parola comandamento¸ cioè: questo tu lo devi fare. Tranne che tutto si possa leggere in chiave metaforica. Dare la vita significa solo morire? O significa semplicemente prendersi cura degli altri con sacrificio e fatica? Allora diventa un´immagine che ci presenta un obbligo irraggiungibile¸ nella speranza che riusciamo almeno a fare qualcosa nella direzione del sacrificio e dell´amore. Insieme con la parola amare Giovanni adopera sempre anche la parola conoscere. Allora il dare la vita potrebbe significare istruire¸ consigliare¸ confortare. Si riduce molto la portata del discorso¸ ma diventa un livello più realistico: le piccole cose che saprai fare¸ se sono nella direzione giusta¸ sono le stesse che Dio vuole che tu compia. Un modo per incoraggiare la fedeltà nelle piccole cose¸ suggerendoci di fare l´impossibile.