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Omelia XXX Domenica Tempo Ordinario; Anno C del 24 ottobre 2004

24 Ottobre 2004 - XXX DOM. T.O. C - Sir 35¸12-14.16-18; 2Tm 4¸6-8.16-18;Lc 18¸9-14 Vi sarete accorti¸ è già successo due o tre volte questo¸ che Luca¸ a differenza degli altri evangelisti¸ quando introduce le parabole ama mettere un cappellino nel quale spiega per chi sarebbe stata detta la parabola. E´ una cosa che gli altri evangelisti di solito non fanno¸ è una sua caratteristica. Nel figliol prodigo dice: avendo sentito che i farisei lo criticavano disse loro questa parabola. Cioè mette un cappellino nel quale orienta l´interpretazione della parabola. E questa volta per esempio dice: per alcuni che credevano di essere giusti e disprezzavano gli altri. Ora queste interpretazioni lucane della parabola sono interessanti ma non è sicuro che rispecchiano l´intenzione di Gesù nel raccontare la parabola. E direi che volendo essere maliziosi sarebbero un primo inizio di quella abitudine che poi diventerà caratteristica soprattutto della Chiesa cattolica di fissare con un suo decreto magisteriale quale deve essere il senso del testo. E non per nulla Luca¸ da vecchie critiche del mondo protestante veniva considerato l´autore protocattolico. E c´è del vero¸ perché effettivamente ha un po´ questa aria di professorino che¸ un po´ come facciamo tutti noi predicatori devo dire¸ dice - Guardate che questa parabola va interpretata cosí Gesù l´ ha detta per questo-. Cosí facendo circoscrive¸ limita un pochino la possibilità di interpretare liberamente la parabola. Poi¸ sempre Luca di solito¸ più di altri¸ alla fine della parabola metterebbe una specie di frasettina riassuntiva che¸ anche questa¸ influisce sul significato della parabola: - Gli ultimi saranno i primi¸ i primi gli ultimi. Chi si esalta sarà umiliato¸ chi si umilia sarà esaltato-. Allora uno che legge quello che c´è prima e quello che c´è dopo viene praticamente indirizzato a una interpretazione. E nel caso di oggi quello che Luca ottiene ( di nuovo anche questo testo c´è soltanto in Luca¸ non c´è in altri vangeli) uno ha l´impressione che l´intenzione sia quella di sottolineare questo contrasto tra il fariseo che avrebbe pregato in maniera sbagliata. Ma quel che conta evidentemente non sono le parole; vuol dire che si è autogiudicato in maniera sbagliata¸ e il pubblicato che invece ha pregato in maniera giusta. E la impostazione lucana ha influito da sempre¸ e questo l´ ho già detto anche in altri anni¸ sulla traduzione dell´ultima frase - Tornò a casa giustificato¸ a differenza dell´altro -. Io mi rendo conto che questa è la traduzione più ovvia¸ però mi domando se questa traduzione ovvia che si è imposta fin dall´antichitภsia l´unica traduzione possibile della preposizione greca che è παρά. D’accordo¸ παρά con l´accusativo¸ però parà significa accanto¸ vicino. Quando è usata per indicare un luogo significa lungo: lungo il fiume¸ lungo la riva; ha sempre l´idea dell´accanto. Quando è usata in senso temporale significa durante. Dicono che significa anche al di là e oltre¸ e allora a questo punto si dice¸ scusate se faccio il grammatico¸ che in senso traslato può avere un senso comparativo; ecco perché - a differenza dell´altro-. Io però mi domando se non sia possibile¸ se sia proprio esclusa la possibilità di una traduzione: tornò a casa sua giustificato oltre all´altro¸ accanto all´altro¸ insieme all´altro. Io non vedo perché questo povero fariseo deve non essere giustificato. E se tutto dipende dalla preposizione παρά con l´accusativo bisogna fare tesi di laurea sulla preposizione e ammettere almeno la possibilità di una variante nella traduzione. Perché questo παρά¸ vedete¸ adesso non voglio entrare in un argomento che non c´entra¸ è come nella lettera ai Romani il παρά φυσίν: sono gli omosessuali che hanno pervertito¸ hanno fatto le cose παρά φυσίν¸ che tutti traducono contro natura. Di per sé si può tradurre¸ per carità non cambia molto¸ però παρά non significa contro¸ significa oltre¸ al di lภnon secondo natura¸ hanno fatto delle cose innaturali; è un po´ diverso dire non naturale¸ che vorrebbe dire non come la maggioranza¸ e dire contro natura. Chi ha detto che παρά si deve tradurre contro? Ma tutti traducono contro. Tranne alcuni latini che hanno la differenza tra contra e praeter. Praeter natura: al di fuori della natura. Contro dice ostilità. Questo era il παρά φυσίν. Cosí questa è la differenza: oltre all´altro. A differenza devo dire che è già più morbido di Lutero che dice nicth: niente. -Più dell´altro-. -Ma giustificare non si può più o meno-. -Ma chi te l´ ha detto-? - Tornò a casa giustificato più sicuramente dell´altro-. Più dell´altro va benissimo¸ non c´è grammatico che possa contestarlo: è il significato comparativo di παρά. Questo lo dico perché altrimenti mi tocca mandare all´inferno S. Paolo. Seconda lettura: - Ho combattuto la buona battaglia¸ ho terminato la corsa¸ ho conservato la fede-. Superbo! Fariseo! Infatti S. Paolo è fariseo! -Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore¸ giusto giudice¸ mi consegnerà-. Inferno assicurato! Questo non torna giustificato a casa sua neanche se piange! Ecco perché io vi domando se non sia il caso di riflettere sulla possibilità di una piccola variante che mandi a casa tutti e due giustificati. Al fariseo poi faranno un piccolo rimprovero - Non essere più vanitoso¸ non disprezzare gli altri-. Ma in fondo è un peccato veniale questo. Non si può dire che Dio disapprova¸ Dio non ammette al suo cospetto uno perché ha disapprovato gli altri. Può anche darsi¸ per caritภio non dico! Io faccio fatica ad accettare questa severità nei confronti del fariseo. Anche perché poi¸ la solita cosa¸ ebrei¸ farisei¸ come quei dieci del lebbroso¸ nove cattivi e uno buono¸ questo tranciare i giudizi manda sempre addosso a questa categoria di ebrei mi pare che sia un pochino¸ un pochino esagerato: bisogna usare misericordia anche con loro. Detto questo ho un´altra sottigliezza dalla quale ricaverò forse cose che non hanno fondamento. Dicono i commentatori¸ quelli che se ne intendono¸ l´ho trovato su un libro¸ che battersi il petto non significava per la cultura ebraica del tempo di Gesù un gesto di pentimento. - Il pubblicano non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo ma si batteva il petto-. Battersi il petto era segno di disperazione¸ non di pentimento. Il pentimento entra poi nell´uso cristiano. E la letteratura giudaica pare che battersi il petto col significato di pentimento appaia soltanto nel quinto secolo dopo Cristo. Io non so se è vero; devo fidarmi di quelli che scrivono i libri¸ che costan cari. Se cosí fosse¸ il pubblicano¸ e qui vengo a quello che intendo dire¸ il pubblicano è il rappresentante di quelle situazioni umane nelle quali una persona¸ a causa dell´ingranaggio nel quale è dentro¸ non sa come fare a uscire dal suo peccato e non ha il coraggio di rivolgersi a Dio e dice - Ghe pœ nient de fa¸ sun bèle ´ndat¸ sa foi¸ povero me¸ me tapino! Me meschino-! Come faceva Totò. Cioè - Non ho vie d´uscita-! E allora mi viene in mente quante persone¸ per colpa dell´ingranaggio nel quale sono cadute¸ non hanno vie d´uscita e non hanno¸ perché anche questo capita nella vita¸ non hanno la forza¸ la capacità di pentirsi. Perché son dentro fino al collo in una situazione nella quale non capiscono neanche loro cosa devono fare. Non dimentichiamo che il pubblicano era un ebreo che per vivere si era messo al servizio del sistema delle tasse dell´impero romano delle province¸ che era tutto una serie di appalti¸ e c´erano gli appalti¸ i subappalti; lui era l´ultimo¸ quello che doveva andare in casa delle persone e angariarle per avere la somma di cui poi 20% a quello di sopra che ne dava il 10 a quello di sopra che ne dava il 5 a quello di sopra e una piccola parte andava all´erario; e in mezzo c´era tutta la catena degli esosi che guadagnavano e lui era l´ultimo. Come fa uno che è in questa situazione a venirne fuori? Allora qui mi viene in mente che forse il pubblicano rappresenta per Gesù¸ non so per Luca¸ la drammatica situazione di tutti quelli che si trovano ad essere esecutori¸ nei ranghi inferiori o di ufficiale intermedio delle grandi strutture di potere; che non possono¸ perché non sono eroi¸ e non sanno come venirne fuori¸ che dicono - Come faccio io? Cosa faccio-? E qui¸ nella categoria di questi pubblicani potete mettere quel che volete; scegliete voi chi volete mettere. Potete mettere il sottotenente delle S.S. che capisce che non si può andare avanti cosí¸ ma come fa una volta che è entrato nel sistema? Non può che battersi il petto e dire - Mi son fregato con le mie mani¸ neanche Dio mi approverà. Almeno tu o Dio sii indulgente con me; non ho il coraggio di ribellarmi¸ morire io al posto degli altri-. Il picciotto della mafia¸ quello basso¸ anche lui è uno di questi. Metteteci chi ci volete. Anche qualche giovanotto che deve fare il suicida per colpa di certe teorie dell’islam¸ e anche il soldato americano che si è infilato dentro perché credeva di guadagnare¸ o il mercenario di cui tanto si parla. Come si fa ad uscire da certe situazioni che ci hanno intrappolato? Il pubblicano del tempo di Gesù era cosí. Forse sbaglio nell´indicare gli altri tipi di esempi ma non nell´indicare la situazione del pubblicano. Il pubblicano del tempo di Gesù era una persona che non sapeva¸ qualora avesse voluto per scrupolo morale¸ non sapeva come fare a venirne fuori perché era intrappolato dentro nella struttura. A me piace sapere che Gesù dice - Ha chiesto aiuto a Dio ed è tornato a casa sua giustificato. Perfino più di quell´altro-. Senza condannare il fariseo. E cito infine un´ultima categoria di pubblicani che mi sta a cuore più di tante altre: quella di coloro che hanno sbagliato quando si sono sposati la prima volta¸ e poi le cose sono andate a rotoli¸ e loro non hanno potuto avere il coraggio¸ che per molti sarebbe disumano¸ di continuare a vivere nel celibato che non è per tutti¸ e hanno messo su una seconda famiglia. E la Chiesa per difendere i suoi valori¸ per dare il buon esempio e non essere incoerente con la sua teologia non può assolverli e ammetterli alla comunione. Allora questi vanno di fronte a Dio e si battono il petto e dicono - Possibile che io sia un uomo perduto¸ perché sono stato stupido o sfortunato o disgraziato¸ o anche perché ho peccato¸ ma non riuscivo a non farlo. Io penso che molti di questi che vivono con la loro seconda famiglia¸ la Chiesa non può dirglielo perché la Chiesa non ha l´autorevolezza di Dio¸ ma forse questi tornano giustificati a casa loro¸ insieme agli altri¸ che hanno avuto un matrimonio felice e ringraziano Dio¸ vantandosene un pochino!