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Omelia II AVVENTO B del 7 Dicembre 2014

7 Dicembre 2014 – II AVVENTO B – Is 40¸1-5.9-11; 2Pt 3¸8-14; Mc 1¸1-8 La voce parla di questo Dio che come una specie di gigante compie il cammino di ritorno¸ e poi si capisce che è un pastore che precede il gregge¸ e porta gli agnellini in braccio e ha attorno le pecore madri. Il quarto evangelista quando descrive la figura del pastore parte da questo testo. Marco ha preso un altro spunto¸ dalla parola buon annuncio¸ euanghelion¸ dice che Gesù è figlio di Dio ed è il nostro salvatore¸ e introduce la persona di Gesù come il compimento della profezia di Isaia. Non si è realizzato niente di quello che il secondo Isaia aveva detto¸ non c´è stata nessuna gloria¸ sono tornati in quattro gatti e hanno trovato il paese desolato; ma Marco lascia perdere tutto questo e dice che questo profeta ha anticipato l´evento di Gesù Cristo¸ e questo sí cambia il mondo veramente. E introduce la figura del Battista come la realizzazione storica di tutte quelle voci anonime che c´erano nel testo di Isaia. La voce che grida nel deserto è quella del Battista¸ che Marco ha trasformato nell´annunciatore della venuta di Gesù. Il Battista storicamente ebbe una sua programmazione per la conversione del popolo¸ ebbe una sua individualità profetica¸ una sua originalitภe non può essere considerato semplicemente colui che era incaricato di portare a Gesù; questa è l´operazione che Marco cerca di fare¸ per far capire che il filone ebraico deve deviare verso l´indirizzo cristiano: quel Dio trionfante¸ forte e buono che va a Sion¸ in realtà è un´immagine del Dio vero¸ Gesù¸ che va a Gerusalemme. Marco sa benissimo che a Gerusalemme Cristo verrà crocifisso¸ e che in lui è presente non l´ingenua speranza della scomparsa del dolore¸ ma un´assunzione del dolore che aiuterà gli altri a sopportarlo; questo è il vangelo che lui scriverà: quella profezia si avvererà paradossalmente nel suo contrario. Quando gli ebrei hanno constatato¸ per secoli¸ che la loro misera vita continuava ad essere una misera vita¸ ebbero il grande dono di non perdere la fiducia in Dio¸ e trasferirono la speranza nella dimensione apocalittica¸ che è quella descritta nel brano della seconda lettura¸ che Dio¸ a un certo punto¸ avrebbe sconvolto l´universo¸ intervenendo non più soltanto sul cuore e sulla coscienza degli uomini¸ e avrebbe bruciato tutto per rifare tutto da capo. Gesù nei suoi discorsi apocalittici ha sempre detto di non pensare a queste cose¸ di continuare a tirare avanti¸ non fare calcoli sul futuro. Marco nel suo modo di presentare Gesù come l´intervento definitivo di Dio rischia la sfasatura di metterci dentro anche la visione apocalittica; l´intervento definitivo di Dio è: parte prima¸ la predicazione di Gesù¸ parte seconda¸ la distruzione del mondo e la creazione di un cielo nuovo. La seconda lettera di Pietro ha seguito questo filone¸ che è minoritario nel Nuovo Testamento. Il problema che ha accompagnato la nascita del cristianesimo è stato la presenza di un virus apocalittico: verrà presto la fine¸ sarà un disastro. La svista è credere che Dio abbia bisogno di distruggere la struttura della realtà per creare un mondo nuovo. Mentre la potenza di Dio¸ e questa è la grande idea di Gesù¸ consiste nell´agire sulle coscienze. E questo l´ha capito il Battista: battezzare con Spirito Santo. Tutto quello che Dio farà lo farà in Gesù Cristo; non c´è altro dopo; è tutto lí. La nuova creazione Paolo la presenta come il cambiamento dell´interiorità umana¸ il pensare diversamente. Il cambiamento avviene nella coscienza dell´uomo¸ là dove si insinua l´errore di valutazione che si chiama peccato.