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Omelia XXVIII DOM. T.O. A del 12 Ottobre 2014

12 Ottobre 2014 – XXVIII DOM. T.O. A - Is 25¸6-10a; Fil 4¸12-14.19-20; Mt 22¸1-14 La prima lettura¸ con – eliminerà la morte per sempre- non accenna esplicitamente a una risurrezione dopo morte¸ ma va interpretata probabilmente come una iperbole retorica¸ per dire che Dio farà di Gerusalemme il centro della felicità universale¸ e il popolo di Israele¸ salvato¸ benedetto¸ protetto¸ sarà un punto di richiamo per tutti i popoli¸ e tutti diranno: andiamo anche noi lภperché ha trattato cosí bene gli israeliti che ci conviene prenderlo come nostro Dio. E´ una conversione per attrazione. Di tutto questo non si è avverato niente. Israele non attrae nessuno¸ è sempre segno di contraddizione¸ ha continuato ad essere respinto dagli altri popoli¸ e anche adesso è segno di contraddizione per un´infinità di popolazioni. Questo è un mistero che bisognerebbe prendere sul serio. Salvare la veracità di questi passi biblici non è facile. Solitamente si dà una soluzione superficiale: la Chiesa¸ al posto di Israele¸ ha realizzato queste promesse. E´ il tema della sostituzione¸ caratteristico del vangelo di Matteo: elimina Israele¸ al suo posto mette la Chiesa. Il monte Sion è allora un simbolo della Chiesa¸ e le nozze di cui si parla sono le nozze di Cristo con la Chiesa. Tutto è stato trasferito sulla Chiesa. Questo è un punto che molti teologi cercano di ristrutturare¸ cercando di evitare soprattutto la parola sostituzione. La chiesa non ha ereditato tutto Israele¸ mettendolo fuori campo; la scelta di Dio è irrevocabile¸ e su Israele rimane tutta l´attenzione positiva e paterna di Dio. In fondo quello che il Vangelo oggi ci dice è qualcosa di tragico¸ che ci fa pensare alla difficoltà dell´uomo di meritare la realizzazione delle promesse che Dio fa. E´ l´avvertimento che si può perdere tutto perché non si era all´altezza dell´intenzione divina. Questa parabola degli invitati che si rifiutano di venire e vengono sostituiti da gente presa all´ultimo momento è riferita dal Luca e Matteo in maniera notevolmente diversa: in Luca non c´è un re ma semplicemente un uomo. Matteo indirizza il lettore a pensare che si sta parlando di Dio. Luca non contiene la finale con la veste nuziale. E´ chiaro che in Matteo si parla della chiesa: scartati gli ebrei¸ entrano tutti; e probabilmente Matteo ha già fatto l´esperienza di alcuni che entrati poi si sono allontanati¸ e allora introduce un principio nuovo: guardate che come Dio è stato severo con gli ebrei¸ lo sarà anche con voi¸ e arriva al paradosso di dire che uno viene punito perché non ha l´abito nuziale. Penso che questa faccenda dell´abito nuziale non risalga in nessun modo a Gesù. L´abito nuziale è immagine della veste battesimale. Uno è entrato senza essere veramente credente. E conclude amaramente: molti chiamati e pochi all´altezza del compito. Anche nel cristianesimo siamo ancora allo stesso punto: non ci sono prodigi di guarigione nella moralità della vita. C´è un impegno divino più forte¸ quello che noi sperimentiamo nell´eucarestia; c´è una vicinanza protettiva di Dio più personalizzata¸ ma alla fin fine il mondo non è cambiato del tutto¸ e anche nella chiesa continua ad esistere la debolezza¸ la tentazione¸ il cedimento¸ la colpa. Matteo sottolinea che tra di noi dobbiamo perdonarci¸ e che devono essere le vittime¸ i buoni¸ gli offesi a perdonare gratuitamente¸ perché il potere di salvezza si eserciterà anche sui malvagi grazie al loro perdono. Il mondo può diventare più buono¸ tramite la chiesa¸ non per un´eventuale misericordia miracolosa di Dio¸ ma mediante la nostra capacità di perdonare chi non merita perdono. Voi dovete anticipare Dio col vostro perdono. Mentre Dio appare come il severo. Se ci pensate bene il Dio di questa parabola non è un Dio misericordioso; qui c´è la durezza: non hai la veste nuziale¸ fuori! E´ a noi che viene comandata la tenerezza; di Dio bisogna anche avere rispetto e paura.