» Home » Domande - Risposte   » Libro deglio ospiti    » Contatti  
Omelia IV PASQUA A del 11 Maggio 2014

11 Maggio 2014 – IV PASQUA A – At 2¸14a.36-41; 1Pt 2¸20b-25; Gv 10¸1-10 In un certo senso il vangelo del pastore¸ in alcune parti¸ non è molto diverso da quello di domenica scorsa. L´elemento comune consiste nelle affermazioni nelle quali si dice che le pecore conoscono la voce del pastore. Sembra di capire che la certezza che Gesù va seguito viene dalla riflessione e dalla capacità delle pecore¸ dalla loro personale capacitภdi dar fiducia a Gesù. Come fanno le pecore a capire da sole che Gesù merita fiducia? L´evangelista non lo spiega¸ ma dà per scontato che tocca alle pecore decidere. Questo assomiglia a quello che è capitato ai due discepoli di Emmaus¸ e ai dodici e agli altri; anche quella era la storia di due persone che hanno cambiato idea¸ non perché hanno avuto delle prove esteriori¸ ammesso che non si debba considerare una prova la scomparsa di Gesù¸ quello che li ha convinti è stato il ragionamento che Gesù suggeriva a loro di fare quando spiegava le scritture¸ poi hanno visto il gesto dello spezzare il pane¸ e mettendo insieme le parole e il gesto¸ in una maniera misteriosa che l´evangelista non spiega¸ si sono convinti che era Gesù¸ e hanno concluso che quello che aveva spiegato¸ cioè che il Messia doveva soffrire¸ il che non è facile da capire¸ era convincente. Ma è stata la loro sensibilità che è riuscita a capire che Gesù meritava di essere stimato. La tradizione ebraica pensava a un Messia che sarà un re¸ il più grande della terra¸ e trovano un crocifisso che per strada gli spiega che avevano sbagliato tutto nel leggere le scritture¸ e che bisognava invece interpretare come valore positivo la sofferenza. Forse perché la sofferenza è segno di una solidarietà piena di amore da parte di Dio¸ per la fatica che gli uomini hanno nel vivere¸ e questo significa l´amore di Dio verso gli uomini. Non si sono basati su un segno di conferma esteriore¸ verificabile; non hanno nessuna prova; sono delle coscienze che¸ forse senza saperlo¸ erano già aperte alla comprensione di questo mistero¸ e sono stati convinti dal modo di parlare di Gesù¸ e dal gesto di offerta che aveva compiuto nell´ultima cena; oppure dal gesto di offerta fraterna che aveva compiuto in altri tipi di banchetto¸ perché non siamo sicuri che loro fossero stati presenti all´ultima cena. Il vero evento è avvenuto nella testa e nel cuore di quei discepoli. Cosí come Giovanni dice che lui entra nel recinto delle pecore¸ chiama le pecore¸ e loro capiscono che è lui che merita di essere seguito. In un certo senso questo significa¸ capite bene¸ che siamo noi che attribuiamo a Gesù la capacità di essere il nostro salvatore. E´ la coincidenza con le nostre attese¸ che ci fa intuire¸ al di là non solo delle apparenze¸ ma anche del comune modo di pensare¸ che lui ci salva¸ non quelli che la maggioranza dice che sono i nostri benefattori. E´ questo che capiscono sia i discepoli di Emmaus¸ sia le pecore del testo di Giovanni. Come fanno a capirlo? Non si basano su prove¸ ma si basano su una specie di intuizione del valore morale¸ dell´autenticità della persona. Loro probabilmente intuiscono che Gesù¸ anche se non ha niente di quello che su di lui ci si aspettava¸ è il salvatore proprio per questo. La teologia posteriore direbbe che è un´intuizione di tipo mistico¸ che è una specie di comprensione che nasce dalla riflessione profonda della persona¸ che ragionando con libertà di spirito sulle cose riesce a intuire che¸ se molti si presentano come salvatori¸ come guide affidabili¸ è la originalitภla stranezza¸ la particolarità unica di Gesù che li ha interessati¸ e in particolare la sua sofferenza. La comprensione che è addossarsi le fatiche della vita il compito che ci spetta; e Gesù è stato il capofila nell´eseguire questo compito¸ e per questo ci fidiamo di lui¸ perché è come noi¸ ha capito la fatica che facciamo nel vivere¸ e si è messo in strada insieme con noi. E nel vangelo di Giovanni si presenta come il pastore che sta insieme con le pecore¸ condivide la vita delle pecore¸ e l´odore delle pecore gli si attacca. Gesù ha accettato di morire come muoiono gli uomini¸ questo lo ha reso affidabile. Questa intuizione¸ che non è né il potere¸ né il successo¸ né la gloria¸ è qualcosa che può nascere solo dalla riflessione personale di una coscienza capace di meditare nel segreto della sua interiorità. Come i due di Emmaus¸ che hanno capito che quello che lui diceva lo rendeva affidabile. E tornando a Gerusalemme hanno trovato conferma¸ perché anche gli altri dodici avevano fatto più o meno un´esperienza simile. Era apparso a Simone¸ colui che l´aveva rinnegato¸ e probabilmente quell´apparizione consisteva in un atto di perdono da parte di Gesù che assolveva Pietro perché comprendeva la sua debolezza. La certezza che Gesù rappresenta Dio¸ o addirittura è divino¸ la certezza che Gesù può diventare punto di riferimento nasce nella coscienza delle singole persone; nasce mediante una riflessione di tipo mistico¸ cioè che si basa sulla profonda valutazione delle cose¸ sincera il più possibile¸ il meno possibile influenzata dai luoghi comuni della cultura diffusa. La differenza tra il testo di Luca e quello di Giovanni è che Luca dà valore alla riunione con i dodici¸ al gesto dell´ultima cena¸ e quindi è in pratica il fondatore di quella struttura che noi stiamo vivendo in questo momento: la riunione domenicale dove si ricorda la cena del Signore¸ si rimeditano le sue parole¸ si rivive il gesto che lui ha fatto nell´ultima cena. E´ la liturgia¸ la quale per natura sua è il contatto col mistero della scelta di Cristo di salvarci mediante la solidarietà con la nostra sofferenza. Questa è la messa¸ dove non c´è trionfo¸ ma il ricordo della serietà e novità dell´agire di Gesù. E noi nella messa riconosciamo che al di là delle apparenze¸ al di là di tutto quello che viene propagandato nel mondo¸ Gesù è colui al quale ci affidiamo. Perché è lui¸ come dice il salmo¸ che ci porta al riposo¸ che ci dà da mangiare e da bere¸ e che¸ anche quando attraversiamo la valle oscura¸ ci togli la paura¸ l´ansia¸ perché noi ci fidiamo del suo bastone di pastore. E´ una sicurezza che viene dal di dentro¸ una sicurezza di tipo mistico. Il quarto vangelo pensa a delle pecore¸ immagine delle persone¸ le quali ascoltano¸ capiscono¸ decidono¸ da sole. Nel quarto vangelo non ci sono mai maestri che insegnano; l´unico maestro è lo Spirito Santo. Non conosce la mediazione di una struttura di tipo ecclesiale. C´è chiesa¸ ma è la chiesa come la pensano i protestanti¸ cioè quelli che da soli sono arrivati a credere¸ si trovano insieme¸ si complimentano l´un l´altro e stanno insieme. Ma non c´è una chiesa che li genera¸ ognuno si genera da se stesso¸ ogni pecora ascolta la voce¸ segue¸ si accorge che l´hanno fatto altre pecore¸ allora fa un piccolo gregge. La chiesa cattolica e anche l´ortodossa ha una visione diversa¸ che è più simile a Luca. La chiesa nasce perché Gesù dà a delle persone in particolare¸ i dodici¸ i loro successori¸ i loro collaboratori¸ una forza di convincere¸ un insegnamento da trasmettere; sono loro che aiutano i singoli ad arrivare alla fede. Secondo l´area protestante solo Dio genera i credenti¸ la chiesa è il risultato della volontà dei credenti di radunarsi insieme¸ quando vogliono¸ se lo ritengono opportuno¸ altrimenti rimangono isolati. In Giovanni sono le pecore che vanno dal pastore¸ non ci sono incaricati che sistemano le pecore¸ c´è il diretto contatto¸ e Gesù che cammina davanti a loro. E´ una concezione di tipo mistico: ognuno scopre Dio¸ ognuno trova in Dio la sua guida. Mi pare interessante la possibilità di rintracciare tra le righe del Nuovo Testamento queste due strade fondamentali¸ che forse possono convivere. Ci sono persone che arrivano a Dio per una via loro personale¸ interiore¸ sole con Dio¸ o¸ se volete¸ sole con il Libro; altri invece devono ringraziare il Signore perché hanno trovato maestri¸ accompagnatori¸ che li hanno invitati¸ istruiti¸ indicato una via. Quello che c´è in comune in tutte e due è: perché Gesù e non un altro? E cosa c´è in Gesù che li convince che è lui? Il fatto che ha sofferto¸ che bisognava che soffrisse¸ che la gloria non è di questa terra¸ che il trionfo e il successo non sono l´elemento decisivo per garantire l´affidabilità di una persona¸ di un movimento¸ di una speranza. E´ quello che dice anche la lettera di Pietro: anche Cristo patí per voi lasciandovi un esempio¸ perché ne seguiate le orme....dalle sue piaghe siete stati guariti. Essere guariti dalle piaghe¸ cioè poter dire anche noi: dalle sofferenze patite il mondo viene guarito; dalla fatica di tirare avanti.