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Omelia III QUARESIMA A del 23 Marzo 2014

23 Marzo 2014 – III QUARESIMA A – Es 17¸3-7; Rm 5¸1-2.5-8; Gv 4¸5-42 Il quarto evangelista scrive¸ mettendo in bocca a Gesù quello che i discepoli hanno capito dopo la sua risurrezione. Gli altri tre evangelisti cercano di ricordare e di riesprimere le impressioni che loro avevano avuto prima della morte di Gesù¸ e in questo senso fanno un´opera prevalentemente di storia. Giovanni anticipa¸ sulla bocca di Gesù¸ tutto quello che i discepoli hanno capito dopo. Matteo Marco e Luca scrivono come stavano le cose quando credevano che Gesù fosse un uomo¸ un profeta; Giovanni scrive le cose come persona che sa che è il Figlio di Dio¸ uguale al padre. E sa anche che è stato crocifisso per un errore imperdonabile dei capi dei giudei¸ e che adesso vive glorioso presso il Padre; quindi mette sulla bocca di Gesù parole che forse Gesù in questa forma non ha mai detto¸ ma che secondo lui esprimono veramente quello che Gesù era¸ e quello che Gesù dice con valore perenne. Per di più ha la capacità di costruire narrazioni complesse¸ nelle quali si intrecciano anche temi secondari¸ proprio per rendere attraente la lettura. Dunque Gesù arriva in questa località della Samaria a mezzogiorno¸ l´ora sesta. Tutti si ricordano che in un´altra ora sesta¸ più avanti nel tempo¸ Gesù viene crocifisso. Probabilmente l´evangelista voleva che noi tenessimo sullo sfondo questa scena. Anche perché ci ricordiamo che verso l´ora nona¸ quando Gesù muore¸ dice due parole conclusive¸ nel vangelo di Giovanni¸ e la prima che dice è: ho sete; e allora gli danno con la canna da bere¸ e lui non beve. Detto questo¸ conclude con l´ultima parola: tutto è compiuto – in latino: consummatum est. E´ interessante che per questo evangelista la parola decisiva non sia: nelle tue mani affido il mio spirito o Dio mio perché mi hai abbandonato¸ ma: ho sete. E´ probabilmente la sigla che per l´evangelista Giovanni ricorda l´umanità di Cristo; sulla croce lui muore¸ senza Dio¸ e dice: ho sete; perché in quel momento la sua divinità è tacitata. E´ interessante questo rincorrersi dell´immagine dell´acqua¸ del bere¸ della sete. Addirittura lui ha un´acqua che spegne la sete¸ e la potrà dare agli altri¸ e diventa sorgente di acqua viva nella persona stessa; e questa è la sua dimensione divina. E´ in questo modo che l´evangelista continua a contrapporre la dimensione divina e quella umana¸ che poi finiscono per coincidere: colui che muore assetato dà da bere a tutti. E nasce quel modo di presentare la vicenda di Cristo come una serie continua di contrapposizioni: colui che è morto in realtà vive¸ colui che ha sofferto in realtà è nella gioia. Con la conclusione¸ che accenno¸ che nella vita cristiana bisogna sempre vivere come se: quando si sta bene come se non si stesse bene¸ quando si sta male come se non si stesse male¸ perché la verità è spesso l´opposto di quello che appare a prima vista. Altra caratteristica di questo brano è che è l´unico episodio del vangelo di Giovanni nel quale alla fine tutti credono¸ acclamano Gesù¸ sono contenti¸ lo approvano. In tutti gli altri episodi¸ come quello di Nicodemo¸ si dialoga¸ non ci si capisce e Gesù rimane sulle sue; negli altri episodi alla fine c´è sempre una disputa¸ una lite¸ e spesso si dice che i giudei decidono di farlo fuori. Questo è l´unico episodio nel quale tutto va liscio¸ e alla fine si conferma una adesione corale dei Samaritani nei suoi confronti. Con gli altri non succede mai. Anzi nel vangelo di Giovanni il termine giudeo finirà per significare colui che si oppone a Gesù. I nostri fratelli maggiori sono i Samaritani¸ non gli ebrei. Sono ebrei marginali. Anche Luca segue un po´ questa strada¸ e nella parabola del samaritano e dei dieci lebbrosi contrappone il samaritano ad altre figure di tipo ebraico. Questo semplicemente per dire che non c´è nessuna categoria nettamente positiva o nettamente negativa. Anche Giovanni¸ alla fine del vangelo¸ quando parla della messe che biancheggia¸ del mietitore che è diverso dal seminatore¸ prevede la conversione dei samaritani; quella che è raccontata negli atti degli apostoli¸ dove si dice che gli apostoli mandarono Giovanni in Samaria¸ per constatare che là la parola di Cristo era stata accolta. E l´evangelista lo anticipa nel testo di oggi. Questo è interessante¸ perché quello della samaritana è il vero modello di accoglimento da parte di una popolazione¸ seppure piccola¸ di Gesù. E´ una professione di fede analoga a quella di Tommaso alla fine: Signore mio¸ Dio mio. Noi sappiamo¸ dicono i samaritani. Quando arriveremo tra due settimane alla storia del cieco¸ quelli che dicono -noi sappiamo- sono i giudei¸ ai quali Gesù dice – in realtà voi non sapete nulla¸ siete dei ciechi che credono di vedere. Noi sappiamo¸ qui ha l´unico senso positivo di tutto il vangelo. I Samaritani sanno e sanno in maniera giusta. La donna è venuta a cercare dell´acqua. E´ il simbolo della persona che giustamente pensa che quello che occorre nella vita è mangiare¸ bere¸ vestirsi¸ avere un rapporto affettivo soddisfacente¸ probabilmente avere dei figli: questo è tutto. Il suo orizzonte è quello¸ doveroso¸ del vivere. Giovanni sa che Gesù viene da un´altra parte del mondo¸ che è quella di Dio¸ dove non si ha più sete¸ non si ha più fame¸ e cerca di far capire alla donna che¸ oltre a questo orizzonte meramente terreno¸ c´è anche qualcos´altro; che in questa vita può anche essere ritenuto superfluo¸ come molti pensano oggi¸ che però¸ a suo parere¸ nella sostanza vera delle cose¸ è altrettanto importante¸ e qualche volta forse più importante del mangiare¸ del bere¸ del dormire¸ dello stare bene¸ del far figli¸ dell´avere una convivenza serena con le altre persone. Ed è la dimensione religiosa della vita. Gesù non ha mezzi per prendere l´acqua dal pozzo¸ e paradossalmente è nello stesso tempo il Gesù Dio e il Gesù uomo; in questo caso il Gesù uomo non ha un secchio¸ e il Gesù Dio non è attrezzato per compiere queste azioni umane¸ perché il Gesù Dio né mangia né beve¸ quindi Gesù è come estraneo a tutte le problematiche che la donna potrebbe capire. Chi vive soltanto per mangiare etc¸ conosce molte cose¸ ma forse non conosce il tutto¸ la cosa decisiva¸ quella va oltre la dimensione terrena della vita. Per cui Gesù dice- se tu conoscessi che tipo di acqua ti do io¸ la chiederesti a me-. Si potrebbe interpretare questo testo anche escludendo la questione paradiso¸ vita dell´aldilà: qualunque intellettuale a chi si limita a sopravvivere direbbe una cosa analoga. La donna è ferma a un livello medio-basso¸ Gesù vuole mandarla in alto¸ promuove la crescita intellettuale di questa persona. Tu pensi soltanto all´acqua del pozzo¸ ma c´è qualcosa d´altro che disseta¸ i desideri superiori. Alla fine si arriva al desiderio superiore massimo¸ che è quello di conoscere la verità ultima delle cose¸ che è la verità di Dio. Quando poi arrivano i discepoli che portano da mangiare¸ Gesù risponde¸ da Dio¸ come accade nelle tentazioni¸ che il quarto vangelo non racconta¸ - ma l´uomo non vive di solo pane-; ha bisogno del pane¸ ma non gli basta; - il mio vero cibo¸ dice Gesù¸ è fare la volontà del Padre mio-. Anche se- fare la volontà del Padre mio-¸ lo porta a sperimentare sulla croce la sete¸ la sete mortale; però lui nella croce continua a vivere¸ non perde la vita¸ perché conosce¸ e perché crede nel valore del Padre. Questo è il gioco di contrasti che l´evangelista crea. Tradotto nella nostra terminologia vorrebbe dire: la religione per la vita di questo mondo è inutile¸ superflua; lo dicono ormai quasi tutti. E alcuni¸ scienziati o filosofi¸ cercano di sopprimere l´aspirazione ad esperienze religiose¸ perché distraggono dai veri compiti¸ per i quali basta una ragione intellettualmente elevata e formata. Noi sosteniamo che la religione¸ quando è vissuta male perché diventa fondamentalista¸ dogmatista¸ conquistatrice¸ quando vuol fare proselitismo¸ può essere un grosso fastidio nella vita sociale¸ ma vissuta bene¸ cioè quella che si basa sulla ricerca interiore di ogni persona dell´oltre quello che tutti dicono e fanno¸ e di un oltre che non rimane nell´orizzonte terreno¸ ma che supera le nostre capacitภl´aldilภnon fa male¸ proprio perché dà la possibilità a un uomo di andare oltre l´immediatezza del bisogno corporeo di sopravvivere. Va nell´area dello spirito¸ della verità. Anche Gesù è del parere che è inutile litigare se Samaria o Gerusalemme¸ se tempio o non tempio. Forse potremmo dire che è inutile decidere se mussulmano¸ buddista¸ protestante¸ calvinista¸ ortodosso; spirito e verità; tutte le religioni possono funzionare se portano a questa direzione verso spirito e verità. Dove spirito significa lo spirito totale¸ quello che i filosofi chiamavano lo spirito assoluto evitando però di dire che lo spirito assoluto è l´irraggiungibile Dio; e verità è la manifestazione del tutto; quella che continua a sfuggire ai nostri tentativi di sintesi onnicomprensiva. E´ l´aspirazione verso ciò che è totalmente e sempre oltre. Il Messia ha portato sulla terra questo. E i samaritani hanno fatto un salto di qualitภe direi che si sono civilizzati¸ quando hanno detto: questo è veramente il salvatore del mondo. Perché salvare il mondo significa anche certamente avere acqua¸ pane¸ petrolio¸ ma questo lo sappiamo fare noi¸ lo dobbiamo e lo sappiamo fare noi; il problema è se siamo qui soltanto per questo¸ e poi morire¸ allora direi che siamo un po´ sfortunati. Cercare di pensare se non ci sia qualcosa che dura di più¸ che non assomiglia a quello che ci occupa dalla mattina alla sera tutti i santi giorni: andare a prendere l´acqua. E´ tutto qui? Non sono in grado di conoscere qualcosa che va oltre¸ che sorpassa tutto questo?