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Omelia XXV DOMENICA TEMPO ORDINARIO ANNO C del 19 settembre 2004

19 Settembre 2004- XXV DOM. T.O. C- Am 8¸4-7; 1Tm 2¸1-8; Lc 16¸1-13 Anche la parabola di oggi si presta a due possibili tipi di interpretazione. Il primo è quello che ne fa una specie di lezione riguardo all´uso della ricchezza; e questa è la tesi dominante nella tradizione¸ e è quella che viene scelta anche dalla impostazione liturgica¸ che infatti ha preso come prima lettura la celeberrima requisitoria di Amos contro la prepotenza dei ricchi che calpestano il povero e approfittano della sua debolezza per portargli via anche quel poco che ha e arricchirsi ulteriormente. Ed è un celeberrimo testo di Amos¸ da sempre manifesto della sinistra¸ probabilmente più efficace delle cose che ha detto Marx (volevo dire sciocchezze¸ ma è giusto dire cose). Questa è l´interpretazione più tradizionale¸ risale addirittura all´evangelista Luca¸ il quale unico riporta questa strana parabola. Ora è evidente che la parabola¸ letta da un lettore normale¸ che non sia un genio¸ la parabola significa che nella vita¸ quando si è con l´acqua alla gola la disonestà è lecita. La parabola letta da una persona normale¸ ingenua¸ è un elogio della furbizia¸ senza tener conto di scrupoli morali. Sfido chiunque a dire che la parabola¸ letta ingenuamente¸ non significa questo: l´amministratore ha imbrogliato per tutta la vita il suo padrone; adesso quello là finalmente se ne è accorto e lo licenzia¸ e lui si vendica un´ultima volta e dice - Ah sí! Mi impedisci di continuare ad essere disonesto? Bene¸ ti imbroglio per l´ultima volta-. Falsificando le ricevute ottiene di avere degli amici che¸ in riconoscenza di quello che hanno loro stessi disonestamente guadagnato¸ lo accoglieranno in casa loro. E la parabola si concluderebbe dicendo che il padrone lodò quell´amministratore disonesto perché aveva agito con scaltrezza. Sarebbe l´esaltazione della visione che secondo certi libri è la visione dell´antico oriente semitico¸ cioè saper imbrogliare con furbizia; attenti bene¸ non con violenza. E´ la grande virtù dell´uomo capace¸ dell´uomo intelligente¸ saper imbrogliare con astuzia; l´astuzia sarebbe la grande virtù che l´antichitภnel vicino oriente¸ considerava il pregio maggiore. E Gesù si adeguerebbe a questa mentalità. Se voi siete capaci di dare alla parabola un significato diverso poi me lo dite e facciamo un libricino¸ facciamo conoscere le nuove scoperte. Siccome la parabola letta in questo modo sembra essere una lode dell´astuzia¸ della furbizia¸ della scaltrezza i primi cristiani¸ e direi soprattutto Luca che non fa parte di quel mondo orientale che apprezza la furbizia e la scaltrezza¸ l´imbroglio¸ ma è un´ellenista¸ crea dei problemi morali; e allora si cerca di interpretare il senso della parabola aggiungendo ( e è significativo il fatto che vengono aggiunte una¸ due¸ tre¸ quattro¸ cinque¸ forse sei diverse applicazioni - I figli di questo mondo sono più scaltri dei figli della luce. Procuratevi con la disonesta ricchezza amici. Chi è fedele nel poco è fedele nel molto. Se non siete stati fedeli nella disonesta chi vi affiderà? Se non siete stati fedeli nella ricchezza degli altri chi vi darà la vostra?-) Non chiare queste applicazioni¸ devo dire. E poi l´ultima¸ decisiva: non si possono servire due padroni¸ cioè Dio e la ricchezza. Se ci pensate bene nessuna di queste conclusioni ha a che fare con il significato della parabola; cioè non è una spiegazione coerente e logica della parabola; sono tentativi di dire che Gesù con questa parabola ci ha detto¸ ci ha detto cosa? Non ci ha detto di essere onesti come c´è scritto qui - Se non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza etc. -. Io non so risolvere questo problema¸ lo segnalo. L´esegesi moderna ritiene che è sbagliato come sistema quello di pensare che Gesù raccontando questa parabola abbia voluto insegnarci qualcosa riguardo alla ricchezza. Sarebbe come dire che¸ vi ricordate¸ quando tre o quattro settimane fa Gesù parlava di quel tale che costruisce la torre volesse insegnarci come si progetta la costruzione di una torre; la medesima domenica si parlava di un re che doveva partire per la guerra: sarebbe come dire che quando Gesù disse quella paraboletta intendeva insegnarci come si deve fare a fare la guerra¸ il che non è vero. Quelle due parabole venivano interpretate in un settore completamente diverso da quello che apparentemente loro toccavano. Nessuno trae da quei testi insegnamenti su come si prepara una guerra. E cosí qui. Gesù racconta un aneddoto¸ che probabilmente si riferisce ad un fatto di cronaca successo nella Galilea o nella Giudea in cui lui vive in quei giorni; si racconta la storia di questo amministratore furbo che se l´è cavata in questo modo¸ e del suo padrone signorile e direi intelligente il quale gli dice - Bravo delinquente¸ ammiro la tua intelligenza¸ sei forte-. Che è un apprezzamento¸ ripeto¸ non di tipo morale¸ ma una valutazione sull´abilità e l´intelligenza della persona. Gira questa storia¸ Gesù la racconta a suo modo¸ ma per dare un insegnamento che riguarda tutto un altro settore¸ e cioè riguarda il regno di Dio¸ il rapporto con Dio. E allora¸ dicono i commentatori più recenti¸ il modo per interpretare questo racconto è questo: quando uno ha l´acqua alla gola¸ pur di salvarsi¸ intanto gli si sveglia l´intelligenza e scopre soluzioni che prima non gli sarebbero venute in mente¸ quindi aver l´acqua alla gola aguzza l´ingegno¸ e soprattutto quando uno ha l´acqua alla gola non bada a nient´altro se non alla salvezza e rischia pur di salvarsi. Se anche l´unica strada è rischiosa¸ ripeto¸ quando è in gioco la propria vita o la propria salvezza si cerca in ogni modo di uscir fuori¸ qualunque siano le condizioni. Allo stesso modo¸ sembra sottintendere Gesù¸ di fronte all´imminente giudizio di Dio¸ di fronte alla venuta del Signore¸ di fronte a Dio che si presenta il peccatore¸ o l´uomo¸ deve essere disposto a tutto. Il testo di per sé parla di uno che è stato disposto alla disonestà; non è questo che Gesù vuol dire¸ cosí come quando parlava di quel re che parte per la guerra non intendeva insegnare che bisogna militarmente combattere; quella volta intendeva dire che bisogna essere riflessivi¸ prudenti¸ calcolare bene¸ questa volta intende dire che in caso estremo si deve accettare anche la via più rischiosa. Diventare discepoli di Gesù¸ al suo tempo e negli anni immediatamente successivi¸ significava correre il rischio di essere perseguitati¸ di prendere la croce¸ e uno poteva dire - Ma a che pro devo fare questo¸ perché devo accettare queste difficoltà e questi rischi-? E il predicatore cristiano rispondeva - Perché sei con l´acqua alla gola¸ perché sei un peccatore che meriti la condanna¸ e se Dio viene non hai altro scampo che affidarti alla salvezza che Cristo ti presenta-. Questo è il modo con cui oggi si suggerisce di interpretare questa parabola. Sarebbe¸ vedete¸ detta in forma negativa¸ più o meno un insegnamento analogo a quello che nel Vangelo di Matteo viene dato nella parabola della perla. Un mercante di perle se trova una perla di grande valore¸ quella che ha sognato per tutta la vita¸ vende tutto¸ compra quella perla. E l´ascoltatore riflette e dice - Bello stupido! Adesso che ha venduto tutto e che ha quella perla che non può vendere perché la vuole per sé non gli resta che morire di fame-. Sí! Ma quando uno è innamorato¸ quando uno ha questa frenesia¸ questo desiderio¸ perde la testa¸ corre ogni rischio pur di avere quello che ama e desidera. Questo è lo stesso insegnamento all´opposto. Pur di evitare la catastrofe¸ non una catastrofe economica riparabile¸ ma la catastrofe finale¸ l´eterna condanna¸ la divina disapprovazione¸ il licenziamento non da parte del fattore ma da parte di Dio¸ pur di evitare questo¸ uno è disposto a tutto. Come ha fatto quell´amministratore. E la gente sorride dell´amministratore¸ ma non¸ ripeto¸ per imitarlo nei particolari¸ nelle singole modalità esecutive con le loro connotazioni morali¸ ma nella profonda intenzione del cuore. Di fronte a Dio i paragoni da fare sono il desiderio della cosa che per tutta la vita si è sognata¸ per la quale si lascia perdere tutto e si corre lภe ¸ al contrario¸ nei confronti di Dio il timore di perderlo¸ il timore di essere licenziati da lui ti fa dimenticare qualunque altro interesse¸ qualunque altra preoccupazione¸ e tu sei disposto a fare la cosa che potrebbe sembrare umanamente la più stupida e controproducente. Sei disposto ad accettare la croce che sembra parlare di morte per avere la vita. In fondo come rischiò di fare l´amministratore. Poteva darsi che il padrone¸ scoprendo l´ultimo imbroglio¸ lo buttasse in prigione¸ lo fustigasse¸ e invece il padrone l´ha lodato. E cosí il cristiano che abbandona tutto per seguire Cristo¸ e molti¸ vi ricordate¸ padre e madre che andrebbero odiati lo mettono in guardia - Ma che cosa fai?- è colui il quale ha capito che il pericolo di essere licenziati da parte di Dio giustifica anche il rischio della croce.