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Omelia CRISTO RE C del 24Novembre 2013

Trascrizione non integrale 24 Novembre 2013 – Cristo Re- 2Sam 5¸1-3; Col 1¸12-20; Lc 23¸ 35-43 La seconda lettura sarebbe molto interessante perché presenta Gesù Cristo come fondamento di tutta la creazione e di tutta la realtà; questo significa oggi porsi la grande domanda: dobbiamo vedere una mediazione di Cristo¸ una presenza di Cristo in quello di cui si occupa l´astrofisica? Lui ha a che fare con il bigben e tutto quello che ne è derivato e che esiste? Il brano del vangelo ha una sua profondità antropologica¸ e serve a capire ciò che Gesù Cristo è per noi. Il brano parla del popolo¸ dei capi¸ dei soldati. Il popolo stava a vedere¸ e alla fine¸ quando Gesù è morto¸ scende dalla collina e tutti tornano battendosi il petto. Scendono quindi rattristati¸ pensosi. I capi¸ dopo quello che è detto qui¸ scompaiono dalla scena e riappaiono dopo¸ per assicurarsi che sia morto. Deridevano Gesù: ha salvato gli altri¸ salvi se stesso¸ se è il Cristo di Dio. Con questo capovolgimento¸ che mentre Gesù aveva detto che bisognava amare gli altri come se stessi¸ qui lo sfida dicendo: ami se stesso¸ come ha amato gli altri! E questo sottintende la convinzione che non ha fatto del bene neanche agli altri; se fosse vero che ha salvato gli altri¸ salverebbe se stesso. C´è¸ in questa posizione dei capi¸ la valorizzazione massima dell´egoismo¸ la concentrazione di tutto sulla propria persona: chi salva se stesso merita fiducia! Magari sacrificando gli altri! E questo salvare se stessi ignora completamente un possibile risarcimento in una vita futura¸ la salvezza la vuole adesso. L´occidente oggi pensa cosí: quello che conta è l´individuo¸ il suo benessere¸ la sua riuscita¸ il suo successo; senza rendersi conto che noi possiamo occuparci del nostro benessere¸ perché chiudiamo gli occhi di fronte a miliardi di uomini che in altri continenti pagano per noi. Anche i soldati fanno le stesse cose: se tu sei il re dei Giudei salva te stesso. Il soldato per professionalità non deve prendere compassione dell´altro. Paradossalmente però tutti i sinottici ricordano che il centurione¸ quando vide Gesù morire¸ disse: costui veramente figlio di Dio era; o in Luca: veramente costui era un giusto; perché Luca realisticamente pensa che un soldato romano non poteva pensare come un ebreo. Dei malfattori¸ quello cattivo sta dalla parte dei capi e dei soldati. Il buon ladrone invece¸ più che buono è una personalità interessante¸ perché in pochissime parole dice che¸ nella sua coscienza¸ fa la storia di tutta la sua vita. Dovremmo anche noi ogni tanto chiederci: cos´ho fatto io da quando sono nato fino adesso? Il ladro si rende conto di essere stato uno che merita questa condanna¸ e questo è il massimo dell´autocoscienza della propria nullità e miseria. E´ una figura della sincerità con se stessi. Non ha niente da sperare¸ ma non chiude la possibilità di uno spiraglio di speranza: ricordati di me¸ se avrai un regno in cui entrare! Questa è quella forza della fede¸ che non è pensata qui come certezza¸ ma è la speranza che sia vero. Questa fede minimale in un aldilภalla condizione che in Dio ci sia una bontà come quella di questo crocifisso Gesù Cristo¸ cambia la vita e il disagio di dover morire. La risposta inaspettata di Gesù è: oggi ci troveremo insieme in paradiso. Credere è la fiducia in qualcosa che sembra impossibile¸ e di questo tipo di fede¸ debole¸ sostenuta più dalla paura e dalla sofferenza¸ si accontenta il crocifisso. Ecco perché la salvezza può essere veramente universale e raggiungere tutti.