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Omelia NATALE DEL SIGNORE del 25 dICEMBRE 2012

25 Dicembre 2012 – NATALE DEL SIGNORE – Is 52¸7-10; Eb 1¸1-6; Gv 1¸1-18 Questo testo ha una visione di Dio diversa da quella del seguito del Vangelo; è uno dei testi più rispettosi e timorosi del modo di parlare di Dio¸ come se volesse far capire che Dio nessuno l´ha mai visto¸ e che al massimo noi possiamo riflettere su quello che il Figlio ha rivelato. -Lo ha rivelato-; il verbo significa chiarire¸ spiegare¸ far conoscere¸ descrivere; cioè ce lo ha fatto vedere in una maniera molto indiretta¸ perché Dio nessuno l´ha mai visto e nessuno lo può vedere. Solo nell´altra vita¸ secondo la prima lettera di Giovanni¸ vedremo Dio cosí come egli è. Il prologo presenta Dio come molto lontano¸ quasi irraggiungibile¸ e vuole distanziare anche Gesù da Dio. E´ già interessante l´inizio: al principio era il Verbo. Uno potrebbe dire- e perché non: al principio era Dio-? Perché non nomina subito Dio? Perché lo allontana? L´-In principio- cita l´inizio della Genesi- In principio Dio creò il cielo e la terra-. Potremmo parafrasare: quando cominciava ad esistere il mondo¸ il Verbo era. Verbo in greco è logos e significa ragione che comprende le cose¸ vuol dire anche parola¸ nel senso di specchio del pensiero. Quello che c´era la principio¸ il testo non dice che è Dio¸ dice che al principio c´era una ragione¸ una intelligenza¸ una conoscenza¸ una sapienza. Oggi forse diremmo: in principio c´era il senso. Questo pensiero che regge tutto non è immediatamente identificato con Dio¸ è il pensiero¸ Dio rimane lontano¸ Dio rimane alle spalle di questo pensiero. Infatti il testo dice che questo pensiero¸ il verbo¸ era presso Dio¸ e poi aggiunge¸ e io metterei l´inciso¸ e in un certo senso era Dio. Da un lato l´autore vuol dire che questa regola¸ questa razionalitภche è quella da cui deriva il mondo¸ viene da qualcuno¸ da qualcosa che è molto vicino a Dio. Ma c´è una frattura fra Dio¸ il Verbo¸ il mondo. -Tutto fu fatto per mezzo di lui¸ e separatamente da lui¸ nulla è stato fatto-. La nostra visione delle cose è in collegamento più diretto con il Verbo che con Dio. Ed è sottolineato nella frase finale: Dio non l´ha mai visto nessuno¸ ci accontenteremo del Verbo che ce lo racconta. Questa visione di Dio lontano¸ di Dio che è al di là della nostra possibilità di conoscere¸ non potrebbe essere utile oggi per aiutare a credere coloro i quali si domandano come si possa considerare vicino a noi come un padre colui che nello stesso tempo deve anche occuparsi delle galassie? Dio è lภdove noi non arriveremo mai¸ ma in Dio c´è la possibilità di mandarci una fotografia di se stesso¸ un´immagine di se stesso. L´autore di Ebrei usa altre immagini¸ più concrete: irradiazione della sua gloria¸ impronta della sua sostanza¸ parola potente; il prologo di Giovanni dice Logos¸ pensiero che può comunicarsi¸ può essere accolto¸ compreso¸ ricevuto da noi. Dio rimane oltre¸ bisogna avere rispetto della infinita grandezza di Dio. Io credo che molti non credano in Dio perché l´abbiamo troppo avvicinato a noi. La preghiera iniziale ripeteva il solito slogan¸ che fa male alla fede¸ - Dio ci ha creati a sua immagine-¸ e noi pretendiamo di essere immagine di Dio; siamo sicuri che non sia una bestemmia? L´antico ebreo che diceva queste cose perché non ha detto che siamo immagine di Jahvè¸ il nome del vero¸ unico Dio? La parola Dio¸ nell´ebraico di allora¸ significa qualunque essere al di sopra degli uomini. Quel testo va tradotto con: Dio creò l´uomo a immagine di un dio¸ quasi che fosse una sottospecie di quegli dei che sono a loro volta sottospecie degli esseri celesti. Dio è al di sopra di tutto¸ specialmente il Dio di cui l´ebreo non pronuncia neanche il nome. Dio ci ha creati a immagine di qualcosa che è più grande di noi. Il Nuovo Testamento prende la parola- immagine di dio- e non la applica più a noi¸ ma a Gesù Cristo; il Verbo è immagine di Dio. Ritengo che se si vuole fare un anno della fede¸ che induca le persone a credere¸ bisogna presentare in maniera più umile¸ seria ed onesta¸ questa differenza di grado che c´è tra la nostra piccolezza e l´immensità irraggiungibile di Dio. Il Natale è questa emanazione¸ questa impronta della sostanza¸ questa irradiazione della luce invisibile. Il Natale ci porta quindi Dio come un telescopio ci porta una la luce di una irraggiungibile stella. Dio è lภqui abbiamo l´impronta della sua immagine; questo è il Logos. Per mezzo del quale è stato fatto tutto quello che ci riguarda¸ la meraviglia di questo pianeta¸ dove c´è un´alleanza tra materia e spirito¸ tra l´uomo e ciò che non è uomo¸ che rende bello e affascinante il vivere sulla terra. E questo Logos¸ dice il testo di Giovanni¸ ha fatto una cosa che sarebbe impensabile attribuire a Dio¸ si è unito a una povera carne umana¸ al punto di dover essere chiamato¸ propriamente¸ nello stesso tempo¸ in un certo senso Dio¸ in un certo senso uomo. E questo è il senso profondo del Natale. Perché possa essere capito bisogna che inseriamo queste piccole barriere¸ distanze¸ tra Dio¸ l´immensità irraggiungibile¸ il suo specchio¸ la sua interfaccia¸ che quando si occupa di noi diventa un bambino¸ che cresce¸ ha fame¸ ha sonno¸ muore sulla croce¸ ritorna¸ rimane invisibilmente presente mediante un suo spirito che comunica con noi. Quando si introduce questo allargamento¸ questo distanziamento¸ si capisce che il pensiero cristiano è davvero una fotografia seria della realtà; riesce ad abbracciare tutta la realtภmantenendo le cose al loro posto¸ senza avvicinare troppo¸ senza allontanare troppo¸ in una maniera saggiamente equilibrata. E´ razionale¸ è ragionevole¸ è intelligente.