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Omelia IV PASQUA B del 29 Aprile 2012

29 aprile 2012 – IV Pasqua B – At 4¸8-12; 1 Gv 3¸1-2; Gv 10¸11-18 Il Gesù del quarto vangelo parla sempre in maniera troppo diversa da come testimoniano Matteo Marco e Luca¸ probabilmente Gesù non parlava come lo fa parlare l´autore del quarto vangelo¸ il quale riscrive alla sua maniera quello che secondo lui Gesù avrebbe detto¸ e lo fa alla luce di quella comprensione della grandezza di Cristo che è stata suscitata dalla fede nella risurrezione. Una volta arrivati a convincersi che Cristo vive in Dio¸ perché è simile a Dio in maniera eccelsa¸ oppure è Dio lui stesso in senso proprio¸ allora gli si attribuiscono parole che lui forse non ha detto cosí come gli vengono riferite¸ ma gli si mette in bocca un discorso che dice quello che i discepoli hanno capito alla luce di questa fede nella risurrezione. Rarissimamente nei sinottici Gesù usa il pronome io¸ nel vangelo di Giovanni io è continuamente presente¸ nei sinottici parla di sé con la metafora del figlio dell´uomo¸ in Giovanni quasi sempre c´è un io energico all´inizio della frase. Nei sinottici parla in parabole¸ non si è mai definito pastore¸ ha raccontato la parabola del pastore che perde la pecora e va a cercarla; in Giovanni non c´è nessuna parabola¸ ma ci sono metafore nelle quali l´io di Gesù si dichiara identico a un´immagine¸ per cui dice- io sono il buon pastore-. Nei sinottici lo lasciava intendere attraverso la parabola¸ nel quarto vangelo c´è la definizione. La parabola lascia maggiori libertà e suscita una maggiore ricchezza di idee; quando si sente dire -io sono il buon pastore- viene messo davanti a una formula¸ che può accettare o rifiutare ma non partecipa alla costruzione del pensiero. Da dove è venuta questa idea del pastore? In Matteo assomiglia al pastore Dio che nel giudizio separa pecore da capri¸ ma è un´immagine fantastica. L´idea di pastore viene da un´immagine dell´agire di Dio nata quando si è cominciato a sperare alla possibilità di tornare dall´esilio a Babilonia. Nella seconda parte del libro di Isaia nasce l´immagine del pastore che guida il cammino attraverso il deserto di Siria per arrivare alla Palestina¸ Dio davanti al suo popolo; è lí che si trovano quelle belle immagini di Dio che cammina piano perché le pecore vanno adagio¸ aiuta le pecore madri¸ e se c´è una pecora ammalata la prende in braccio. E´ particolarmente efficace l´idea di questi ebrei¸ che da soli non saprebbero neanche trovare la strada¸ che hanno memoria di un altro deserto¸ quello del Sinai¸ e non sarebbero mai tornati se non avessero avuto questa immagine di un Dio che li accompagna. E´ la figura di Dio che aiuta il suo popolo per tornare in una terra dove non sa cosa troverà. Quando il quarto evangelista mette in bocca a Gesù -io sono il buon pastore-¸ desidera che pensiamo a quell´antico ricordo? Gesù è colui che si presenta come la guida di coloro che non hanno coraggio di fare da soli¸ che non avrebbero la forza di fare da soli? Quando nella lettera agli ebrei si dice che lui è il grande pastore e sorvegliante delle vostre anime¸ l´idea è già diversa¸ perché l´idea dell´episcopus¸ cioè di colui che sorveglia¸ non è più l´idea di quello che porta in braccio¸ ma piuttosto quella di colui che controlla se ti comporti bene. Quando Pietro a Efeso dice ai responsabili della comunità che Dio li ha posti a pascere la chiesa di Dio cosa avrà inteso dire? Controllano¸ sorvegliano¸ o aiutano¸ o tutte e due le cose? Partendo da un´immagine nasce un itinerario di ricerca su come pensare Gesù come rappresentante di Dio nella storia. Nasce la cristologia. E bisogna averne tante di cristologie in mente¸ perché se si legge con attenzione il Nuovo Testamento si trovano dieci filoni su cui pensare Gesù Cristo¸ e ognuno ha la sua parola-immagine. Nella messa ne useremo un´altra che è esattamente l´opposto: l´agnello di Dio. E nasce questa situazione che potrebbe sembrare umoristica¸ che ora è agnello e ora è pastore. Un padre della chiesa ci direbbe: sí¸ perché Dio è uomo; vedi da dove ricaviamo l´umanità e la divinità? Dal fatto che lui è il tutto che si fa niente¸ e che aiuta il niente a farsi qualcosa. E nell´apocalisse si dice che questo agnello è il leone della tribù di Giuda¸ e c´è tutto un´accavallarsi di immagini e metafore che danno inizio a questo modo di pensare. Chi è rimasto al catechismo a domandine e rispostine non si accorge che in realtà il Nuovo Testamento è una specie di serie di immagini attraverso le quali continuamente circolare; immagini che sono tutte vere e nello stesso tempo tutte inadeguate. Perché Cristo è tutto quello che noi vorremmo essere e che non siamo¸ ed è nello stesso tempo capace di far diventare tutto quello che dovremmo essere; è appunto pastore ed agnello; è il pensiero di Dio e la perfetta conoscenza della nostra distanza da Dio; conosce le pecore e le pecore conoscono lui; questo conoscere è fatto proprio attraverso questo contiuno circolare tra immagini. Quindi non tre parole per dire tutto; si può dire che è pastore¸ dopodichè si apre la domanda: cosa vuol dire? Noi possiamo considerarci un gruppo di esiliati che cercano di tornare in patria¸ e non sappiamo la strada¸ e abbiamo paura di restare morti a metภe non sappiamo come comportarci? E allora abbiamo bisogno di qualcuno un po´ più forte che ci dia una mano? L´immagine del pastore può diventare attuale e ci si può domandare se non è veramente utile che colui che è al di sopra di tutti si è fatto agnello!