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Omelia III AVVENTO B del 11 Dicembre 2011

TRASCRIZIONE NON INTEGRALE Is 61¸1-2.10-11; 1 Ts 5¸16-24; Gv 1¸6-8.19-28 E´ bello leggere la bibbia come un miracoloso libro che è calato dal cielo e che contiene segrete rivelazioni¸ ma è altrettanto bello e utile leggerla con consapevolezza critica¸ avendo la possibilità di ricostruire¸ almeno in parte¸ il modo con cui sono nati i testi. La prima lettura è presa dalla terza parte del libro di Isaia; la seconda parte invece è quella che viene messa in bocca a Giovanni quando predica nel vangelo: rendete dritte le vie del Signore. Il ritorno dall´esilio è stato reso possibile da un decreto di Ciro; con lui è cambiata la politica; mentre Assiri e Babilonesi si basavano sulla forza militare¸ i Persiani usano l´efficacia dell´amministrazione e della burocrazia¸ e Ciro ritiene anche che le popolazioni sottomesse devono poter godere di una certa libertà e mantenere le loro tradizioni locali. Gli autori delle profezie attribuiscono tutto al volere di Dio; loro dicono: se questo è successo è Dio che l´ha voluto. E nella seconda parte del libro di Isaia¸ questa intuizione¸ che è tipica della loro fede¸ raggiunge il parossismo¸ perché si dice che è Dio che ha scelto Ciro come suo Messia¸ l´ha unto¸ l´ha consacrato perché salvasse il suo popolo. Si interpreta la politica di un re non ebreo come se fosse stata influenzata dal Dio degli ebrei che ha eletto Ciro come suo servo¸ per cui non è più il re ebreo la controfaccia di Dio nei confronti del popolo. E´ questa lettura di ciò che accade che ci fa capire cosa significasse per un ebreo antico aver fede; significava far dipendere tutto da decisioni immediate e concrete che Dio prendeva a favore o a disfavore del popolo. E´ una sovrapposizione di una interpretazione di fede alla realtà profana della vita. Anche altrove nell´antichità si interpretavano le cose attribuendo agli dei le iniziative dei sovrani. Questa è la fede antica¸ la fede che tutto attribuisce a Dio¸ e soprattutto attribuisce a Dio le cose buone e lo si ringrazia. Chi ha preparato la liturgia di questa domenica ha messo come salmo responsoriale alcuni versetti del Magnificat. L´idea che se nella storia accade qualcosa di buono non è merito degli uomini¸ ma è dono di Dio¸ è la stessa prospettiva per cui si è detto che se c´è la possibilità di un´autentica innocenza in una persona¸ questo non viene dall´uomo ma viene da un dono di Dio. E dire che Maria ha avuto questo dono dal suo concepimento in avanti¸ in maniera che è stata disancorata da tutta la serie di malvagità che riempie l´umanitภsi dice la stessa cosa che si è detta di Ciro e che si dice in tutte le letture profetiche. Lo slogan – tutto è grazia – nel senso che tutto ciò che produce bene è grazia significa che per ogni cosa buona che vedo non devo ringraziare l´uomo¸ ma Dio. Può reggere ancora una fede di questo genere nella nostra cultura contemporanea? In una situazione di revisione critica di tutto quanto accade? In una fiducia nelle capacità dell´uomo e in quel concetto di responsabilità di cui ho parlato? Il nuovo testamento non dico che annulla¸ ma in parte capovolge questa concezione caratteristica dell´antico. Le grandi cose che l´onnipotente fa non le fa direttamente lui¸ ma le fa perché¸ mediante il misterioso aiuto della sua grazia¸ suscita la libera responsabilità degli uomini. L´antico testamento fa dell´uomo uno strumento che viene diretto da Dio¸ e che se porta qualcosa di suo è il male¸ l´imperfezione. La salvezza cristiana ha capovolto¸ o radicalmente modificato questa impostazione. Quello che Gesù ci dona è una capacità interiore di diventare noi stessi fonte di bene e capaci di cose buone. Questo è caratteristica del mondo cattolico e¸ in teoria almeno¸ è invece rigettato dal mondo protestante. La concezione religiosa del protestantesimo è di nuovo che se capita qualcosa di bene è merito della forza divina; anche il cattolico dice questo¸ ma ritiene che l´uomo viene guidato da Dio in un modo tale che può portare il contributo della sua creativitภperché diventa capace di bene. Nella classica visione protestante l´uomo che compie il bene è un uomo al quale Dio ha bloccato la sua libera iniziativa e lo ha condotto a fare il bene; è la famosa immagine di Lutero dell´uomo che è come un cavallo che deve essere guidato da un cavaliere¸ se viene cavalcato da Satana porta al male e alla rovina¸ se viene cavalcato da Dio produce il bene. Questo sembra stranissimo perché i protestanti sembrano essere i difensori della libertà e dell´iniziativa umana¸ ma il pensiero chiarissimo di Lutero è questo: quello che l´uomo può compiere di bene lo compie soltanto se Dio lo costringe¸ lo cavalca. Il cattolicesimo invece ha sempre sostenuto che Dio riabilita l´uomo¸ che viene realmente modificato nella sua coscienza da un dono dello Spirito¸ ed è vero che tutto viene da un dono di Dio¸ ma il dono è quello di diventare autonomo¸ di far nascere veramente da se stesso e dalla sua interiorità la capacità di bene. Sono distinzioni sottili che fanno parte della storia del conflitto di idee che ha preceduto la nascita del protestantesimo¸ perché Sant´Agostino è il protestante in anticipo¸ colui che vede il contrasto tra la città degli uomini e la città di Dio¸ non c´è via di mezzo. Il cattolicesimo ha valorizzato il sacramento della penitenza che fa continuamente tornare al bene¸ parziale¸ il male¸ non definitivo. Non ha estremizzato¸ è elastica la visione cattolica delle cose. Quando noi guardiamo noi stessi come ci consideriamo¸ cosa pensiamo delle nostre capacità di operare¸ come Dio vuole¸ nella vita? Ci sentiamo dipendenti¸ ci sentiamo liberi? Facciamo le cose come se nascessero da noi o consideriamo tutto un dono ricevuto? Come Maria magnifichiamo il Signore perché compie in noi alcune cose buone¸ oppure riteniamo di essere noi che le facciamo? Sembrano cose astratte¸ ma in realtà influenzano il nostro modo di pregare¸ di pensare Dio e di vivere il nostro rapporto con lui. Quando facciamo la comunione¸ per esempio¸ come la viviamo questa ricezione di Cristo in noi? Come colui che deve cavalcarci¸ dominarci¸ costringerci a modificare la nostra vita¸ o come colui soltanto che viene a compiacersi di quel bene che c´è in noi? Sono questioni che¸ almeno in vista delle grandi feste¸ qualche volta dobbiamo porci.