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Omelia XXXI DOM. T.O. A del 30 Ottobrre 2011

TRASCRIZIONE NON INTEGRALE Questo capitolo del vangelo di Matteo¸ dopo la parte abbastanza morbida che abbiamo letto¸ contiene una serie di guai¸ nei quali scribi e farisei vengono accusati. E´ uno dei testi duri che si trovano nei vangeli¸ perché tutto il modo di fare¸ direi professionale¸ di scribi e farisei viene condannato da Gesù. E´ una parte dura e sostanzialmente ingiusta¸ perché è un´accusa generica che viene rivolta a tutti senza distinguere responsabilità differenti e per di più è anche un processo alle intenzioni. Gesù si è mostrato molto indulgente con i pubblicani e genericamente con i peccatori¸ e non si capisce per quale motivo non ci deve essere nessuna indulgenza per le eventuali mancanze degli scribi e farisei. Può darsi che per il fatto di avere una responsabilità di tipo religioso debbano essere trattate con maggiore severitภperò non si può dire loro- guai a voi che non usate misericordia- non usando misericordia nell´accusare. Insomma sono testi che lasciano un pochino perplesso il lettore¸ perché sembra che Gesù abbandoni la sua posizione di apertura e incoraggiamento al peccatore perché si converta¸ per ripetere quello che invece faceva Giovanni Battista¸ cioè accusare¸ mettere paura- razza di vipere etc-. Luca riduce molto la serie di guai e Marco non ha niente¸ quindi molti pensano che gli autori di queste accuse siano stati i cristiani¸ praticamente gli evangelisti¸ anche perché molte delle situazioni per cui si rimproverano i farisei sembra che storicamente non fossero presenti al tempo di Gesù¸ e forse non era neanche in uso il titolo di rabbi¸ che è divenuto in uso verso il 70. Sembra che Matteo se la prenda più con i contemporanei suoi¸ e che attribuisca a Gesù delle parole che non avrebbero neanche motivo o senso negli anni 28-30. Matteo talvolta ha trattato i capi degli ebrei con tale severità e durezza per cui qualcuno lo ritiene in parte responsabile di quell´antipatia per l´ebraismo che ha percorso tutta la storia del cristianesimo. Il brano che abbiamo letto è più morbido. Il primo concetto in fondo è di apertura e stima verso farisei e scribi- praticate ciò che vi dicono¸ non agite secondo le loro opere-¸ perché sono troppo severi¸ e¸ questa sí è un´accusa¸- impongono oneri agli altri e loro non vogliono smuoverli neppure con un dito-. Cosa vuol dire con un dito? Se mai- di un dito-. Viene subito in mente se la chiesa cattolica qualche volta non faccia la stessa cosa. La severità che si impone ai divorziati¸ mentre in fondo si assolvono facilmente coloro che passano da uomo a uomo o da donna a donna¸ senza legarsi stabilmente con una convivenza. Mi rendo conto di quanto è difficile essere pastori di una comunità religiosa¸ e penso che ci può essere buona fede in certi maestri dell´islam¸ che con la scusa che sono seduti sulla cattedra di Maometto¸ lanciano guai. Questo testo ci fa capire quanti pericoli insidiosi esistano nella fedeltà religiosa se si trasforma in assoluta¸ letterale ostinazione nel difendere principi astratti¸ o teorie teologiche dimostrabili sui libri ma che contrastano continuamente con la fatica di vivere delle persone. I protestanti lo fanno di lasciare alla responsabilità delle coscienze questa decisione; non sono lassisti¸ dicono soltanto- veditela tu- e non condannano a parole. Questa soluzione potrebbe lasciar sola la persona con la sua coscienza¸ come i sommi sacerdoti fecero con Giuda. Gestire una religione è la cosa più complicata che c´è perché tocca il segreto della coscienza personale. Si rischia di sbagliare sempre¸ trovare la via di mezzo è difficilissimo. Forse è per questo che Gesù dice ai suoi discepoli¸ non alle folle¸ - non fatevi chiamare rabbí¸ guide-; bisogna qualche volta essere maestri e guide; chiamare¸ nelle lingue semitiche¸ vuol dire essere; - non illudetevi di essere rabbí e guide; siete delle persone che sono alla ricerca della veritภsedete su una cattedra pericolosa¸ che non è più quella di Mosè ma è quella di Gesù Cristo¸ non siete sempre capaci di dare testimonianza con le opere-. C´è una variante nelle tre frasi: non fatevi chiamare rabbí¸ non fatevi chiamare guide¸ non chiamate padre nessuno etc. Diverso è farsi chiamare e chiamare. Nella seconda lettura è stato saltato il versetto 8 perché Paolo dice che si è comportato con i Tessalonicesi come un padre. Quando il testo dice- non abbiate nessun padre sulla terra- riproduce una situazione tipica del mondo antico per cui un maestro veniva chiamato padre dall´alunno. Vuol dire- quando voi farete il vostro compito di guide e di insegnanti¸ oltre che non pretendere di essere chiamati eccellenza¸ non ubbidite a delle autorità umane-; non avere padri sulla terra significa derivare il proprio insegnamento soltanto da Dio¸ dalla sua parola¸ dalla preghiera¸ non da autorevolezze umane. Voi discepoli¸ dice Gesù¸ dovete cercare di scoprire quello che viene veramente da Dio¸ l´unico padre¸ quindi anche l´unico maestro¸ l´unica guida. Davvero essere religiosi significa essere umilmente consapevoli che forse si stanno sbagliando sempre un´infinità di cose. La religione è un tentativo di rincorrere una verità che ci sfugge sempre. Umile ricerca da fare insieme¸ perdonandosi a vicenda¸ discutendo per arrivare alla veritภsenza accusarsi o ingiuriarsi¸ tutti insieme¸ e soprattutto¸ come voleva il Concilio¸ ma ancora non si è riuscito a farlo¸ con una fraterna partecipazione anche dei laici¸ in maniera che la gerarchia non sia quella che deve decidere da sola¸ ma sia sempre quella che è in dialogo fraterno con tutti i credenti.