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Omelia XXVI DOM. T.O. A del 25 Settembre 2011

Trascrizione non integrale La seconda lettura contiene un testo di eccezionale importanza¸ il cosiddetto inno di Filippesi¸ che dal punto di vista della valorizzazione di Cristo nei primi decenni della vita della chiesa è di fondamentale importanza. La lettera sarà stata scritta nel 57-58¸ meno di trent´anni dopo la morte di Cristo e Paolo cita questo testo che non è una composizione paolina¸ ma un inno a Gesù Cristo già circolante nelle chiese cristiane del tempo. Paolo lo cita dicendo- voi dovreste avere gli stessi sentimenti che furono in Gesù. Per descrivere quali sentimenti¸ quale senso della vita ebbe Gesù¸ cita questo inno. Questo inno delinea in poche parole il profilo di Gesù Cristo¸ fa il ritratto di quello che veniva considerato il riassunto per rispondere alla domanda- Chi è Gesù? Perchè lei crede a Gesù?-. L´inno pone al centro di questa caratterizzazione di Cristo la sua scelta di abbassamento¸ umiliazione¸ cioè considera¸ senza dirlo esplicitamente¸ considera l´incarnazione il modo con cui il figlio di Dio¸ anche se qui la parola non è usata¸ qui si dice soltanto che era nella condizione di Dio¸ non si dice esplicitamente che lui era Dio¸ e questo è interessante perché probabilmente questi primi cristiani avevano un´idea meno definita della divinità di Cristo¸ lo consideravano una persona la quale poteva vivere alla maniera di Dio¸ e la descrizione comincia dicendo che pur essendo nella condizione di Dio non ritenne un privilegio essere come Dio¸ e cosa fece? Non serve a niente essere nella condizione di Dio¸ il mondo greco era pieno di divinità che vivevano sull´Olimpo in condizione divina¸ non gliene importava nulla che ce ne fosse una in più o in meno. Che Gesù fosse Dio non serviva a nulla dirlo¸ quello che conta è che questo Gesù che vive nella condizione di Dio rinuncia a questa condizione. - Non ritenne un privilegio essere come Dio¸ ma svuotò se stesso-. Si sottintende che lo fece per libera decisione sua¸- assumendo una condizione di servo¸ divenendo simile agli uomini-. Non basta dire che divenne uomo¸ divenne servo¸ cioè divenne un poveraccio¸ divenne un pover´uomo¸ prese su di sé la miseria umana. Quello che li colpisce¸ tenete a mente che sono dei greci¸ Filippi era in Macedonia¸ non è la potenza¸ la forza¸ di questo avevano piene le loro mitologie¸ quello che probabilmente attrae la gente di allora era questo: c´era uno che era lassù¸ stava benone¸ ma prese la nostra condizione¸ anzi il peggio della nostra condizione¸ non soltanto uomo¸ ma servo. Servo è colui che rinuncia perfino alla sua libertà. Dall´aspetto riconosciuto come uomo-¸ cioè non l´ha fatto in segreto¸ tutti se ne sono accorti- umiliò se stesso-; vedete l´insistenza sui verbi del diminuire¸ svuotare¸ condizione di servo¸ simile agli uomini¸ umiliò; e tutto questo¸ che è la descrizione del mutamento visibile della persona è giustificato con l´accenno a una posizione interiore dello spirito¸ dell´anima- facendosi obbediente-¸ e non si dice obbediente a chi. Anche questo è interessante perché è un po´ il contrario di quello che buona parte della filosofia e della cultura greca del tempo presentava come il sogno dell´uomo: essere padrone di sé. Epicurei¸ stoici dicevano: sii re¸ liberati da tutti i condizionamenti¸ non occuparti dei traffici¸ delle sofferenze¸ dei dolori¸ concentrati su te stesso e sii interiormente autonomo¸ libero. Gesù viene presentato al contrario¸ non per un´idea¸ ma per fedeltà storica alla storia della sua passione e morte. Ubbidiente¸ anche alle contrarietà della vita¸ alla banalità dell´esistenza quotidiana¸ alle esigenze contingenti di mangiare¸ lavarsi¸ curarsi¸ stare con gli altri¸ buoni¸ cattivi¸ simpatici¸ antipatici; ubbidiente¸ che non si sottrae¸ che accetta il mondo cosí com´è; e poi addirittura¸ fino alla morte; gli esegeti dicono che è stato Paolo ad aggiungere: una morte di croce; non vedo perché¸ ad ogni modo c´è. Una morte subita¸ inflitta¸ senza protestare. L´interesse di questo testo è questa descrizione¸ viene presentato ai cristiani di Filippi come modello di vita questo Gesù Cristo che era addirittura in una condizione divina e rinunciò a tutto¸ e si fece il contrario di quello che molti mi dicono che potrebbe essere la vostra aspirazione; si abbandonò al dominio della vita su di lui. Molte persone si lasciarono attrarre da questa posizione: forse è questa la strada giusta¸ non cercare di dominare¸ ma lasciarsi condurre¸ umiliarsi. Ma è interessante anche quello che non si dice in questo inno; è interessante che non si dica per esempio che fu un grande predicatore¸ che insegnò alle folle¸ che fece miracoli¸ che guarí i malati; d´accordo che gli argomenti ex silentio non sono mai validi¸ però fanno pensare. Anche perché altrove¸ nel nuovo testamento¸ quando si parla di Gesù si ricordano: passò facendo del bene e guarendo. Al di fuori dei vangeli da nessuna parte si dice che Gesù ha predicato¸ ha insegnato. Nelle lettere di Paolo¸ che è il primo grande predicatore¸ non c´è una sottolineatura dell´attività di maestro di Gesù. Noi l´abbiamo ridotto a maestro¸ dimenticando che il Gesù che conta non è il maestro¸ ma è colui che ha vissuto in questa maniera¸ è un esempio di vita¸ un modello di esistenza¸ che insegna con quello che è e che subisce¸ non tanto con quello che dice. E poi l´altra cosa interessante di questo inno è il salto bruschissimo- Per questo Dio lo esaltò-. La novità del cristianesimo è qui: chi si umilia sarà esaltato. Voi capite che in una società come la nostra dire queste cose è al di fuori del senso comune. Cioè che la riuscita è il risultato non ottenuto con le nostre forze¸ ma ricevuto per grazia da Dio¸ della nostra umiliazione. E notate anche un´altra cosa che qui non c´è- Lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni altro nome-; nome è la dignitภil titolo¸ lo qualificò come colui che è al di sopra di ogni altra qualifica. Ci sorprende quello che non si dice: non si dice che è risorto¸ non si dice che è apparso ai discepoli¸ non si dice che è entrato a porte chiuse e ha mangiato il pesce arrostito. Questo non significa che non venissero predicate queste cose¸ significa che qui si va alla sostanza e si lascia perdere l´aneddoto¸ la descrizione. Gli autori dell´inno hanno pensato bene che la cosa da far capire era che a uno cosí¸ che era nella condizione di Dio¸ che ha lasciato perdere tutto per star vicino a chi sta male¸ Dio ha detto: questo è grande¸ questo è al di sopra di tutti¸ questo è il valore. Si limitavano a dire questo¸ senza raccontare troppo. Alle volte la narrazione didascalica può non facilitare l´adesione di fede. Il punto essenziale che qui si vuol fare capire è: il faro della tua vita¸ quello che può illuminare la tua esistenza¸ non è chi ti parla di lavoro¸ di robustezza¸ di gloria¸ di vittoria¸ non è l´eroe¸ il vincitore¸ è colui che pulisce i cessi¸ è colui che assiste gli ammalati¸ pur avendo una reggia dove potrebbe abitare¸ ma dalla quale è uscito. E Dio¸ la veritภdice: questo è il nome. Gesù Cristo è Signore¸ il crocifisso è Signore. La forza sconcertante è proprio in questa sintesi: Dio l´ha esaltato¸ e gli ha dato il nome¸ quello che non merita nessuno. Assomiglia a quando Kant dice: la tua coscienza e il cielo stellato sopra di te. Cioè il punto di riferimento¸ la stella polare è l´umiliazione di Gesù. Questo antichissimo testo è in fondo più vicino alla modernità più di tante narrazioni: aveva tutto¸ è diventato niente¸ e Dio ha detto- Lui¸ Lui è quello che vale-. Questa è la ragion pratica di Kant.