» Home » Domande - Risposte   » Libro deglio ospiti    » Contatti  
Omelia XXV DOM. T.O.A del 18 Settembre 2011

Trascrizione non integrale. Questa parabola sembra contenere una nozione di giustizia che a noi sembra scorretta; noi saremmo portati a dar ragione agli operai che hanno lavorato tutto il giorno¸ i quali dicono- il salario deve essere proporzionato alla fatica e al lavoro compiuto-¸ perché questa è giustizia. Quindi leggendo questa parabola¸ specialmente con la sensibilità sociale che oggi tutti abbiamo¸ rimaniamo meravigliati che Gesù racconti un episodio di questo genere per giustificare l´attitudine di un padrone che secondo noi non si comporta come dovrebbe comportarsi un padrone equilibrato. Il testo riflette la situazione della Palestina del tempo¸ perché si usava effettivamente cosí coloro che non avevano un lavoro fisso si radunavano alla mattina nella piazza davanti alla porta; questo padrone sembra che prenda tutti quelli che trova al mattino¸ poi è strano perché ogni tre ore lui passa di nuovo a cercare operai; ma questo evidentemente serve per il funzionamento del racconto; tra l´altro dice che darà loro il -giusto-; coi primi si accorda per un denaro¸ a quelli delle nove dice- quello che è giusto ve lo darò-; allora il lettore dice- forse darà di meno-¸ un denaro alle sei del mattino¸ alle nove quello che è giusto; per gli altri non si dice più nulla¸- fece altrettanto-. Quando poi fa il pagamento avverte che ha deciso di cominciare dagli ultimi; agli ultimi viene dato un denaro¸ tutti gli altri se ne accorgono¸ e qui è il punto dove la parabola vuole arrivare: vedendo che quelli di un´ora sola ricevono un denaro¸ gli altri immaginano di prendere di più. E´ quello che capiterebbe a tutti noi. Questo è il punto chiave della parabola. Non dimentichiamo gli ultimi due comandamenti- non desiderare-¸ che è quasi un freno all´aspirazione alla fortuna inaspettata¸ perché tutti noi vorremmo sempre qualcosa di più¸ perché ci sentiamo insicuri nella vita. Se la parabola volesse¸ come primo insegnamento¸ insegnare questo? Accontentatevi di quello che vi è stato garantito con contratto! Se volete questa è un´interpretazione ascetica¸ che si sarebbe fatta volentieri in secoli passati: modera le tue aspirazioni e i tuoi desideri! E´ un consiglio che nel dinamismo della vita moderna non è più possibile neanche dare. Oggi tutto è fatto in modo che le cose debbano crescere¸ bisogna essere attivi¸ bisogna precedere¸ prevenire¸ arrangiarsi¸ scavalcare; è diventato quasi un dovere morale¸ altrimenti si perde tutto¸ e si viene emarginati. Il primo insegnamento è questo: come sappiamo gestire la nostra aspirazione al di più¸ che per tante ragioni è un´aspirazione nobile¸ alle volte necessaria¸ che promuove e ci rende più svegli¸ ma siamo poi capaci di gestire il rammarico di non essere riusciti¸ il fatto di restare indietro¸ oppure questo ci rende invidiosi¸ ci deprime? Il bene della pace interiore è un bene di cui abbiamo ancora bisogno¸ e ognuno deve graduare il giusto equilibrio. Il diritto alla mormorazione rimane; il popolo ebraico aveva continuato a mormorare; Dio aveva promesso che li avrebbe liberati dalla schiavitù e portati in una terra dove scorre latte e miele; in mezzo c´era il deserto; e lí loro aspettavano che il Signore li aiutasse¸ invece c´è la fame¸ i serpenti¸ le malattie¸ la manna¸ poi son stufi anche della manna¸ e brontolano; è l´immaginazione che ti fa soffrire: se m´ha dato questo mi darà ancora di più; no: il contratto è solo questo. La seconda lezione viene da una concezione di Dio¸ non dell´uomo¸ la concezione di Dio arbitro insindacabile. Le frasi che dice il padrone a chi ha protestato sono durissime. Comincia con la parola¸ rara nel nuovo testamento¸ amico¸ che è sarcastica¸ ironica; -hai concordato con me per un denaro¸ prendi il tuo e vattene-; e poi le due frasi¸ eccessivamente sgarbate¸ - non posso fare delle mie cose quello che voglio?-. La morale sociale vuole che uno delle sue cose faccia quello che serve anche agli altri; è immorale dire- posso fare quello che voglio perché questa roba è mia-; questo concetto di mio è primitivo¸ barbaro. L´altra frase- sei invidioso perché io sono buono?- riguarda l´immagine di Dio come la pensa la sacra scrittura: Dio vuole essere generoso con quelli che hanno veramente bisogno. Qui il problema è un altro: noi ci chiediamo attraverso quali interventi¸ quali strategie Dio protegge quelli che hanno bisogno. I malati¸ i moribondi¸ i bambini che muoiono: cosa fa Dio per questa gente? Lascia a noi il compito di fare qualcosa. E qui c´è l´altro grande divario tra la concezione biblica che immaginava un Dio che interviene di persona ad aiutare i bisognosi¸ e la concezione che pian piano abbiamo dovuto maturare¸ che Dio in realtà agisce mediante coloro che credono in lui¸ o semplicemente mediante la bontà degli uomini. Dio aiuta i bisognosi inserendo nella natura umana la compassione per i loro bisogni. Direttamente e personalmente non fa nulla. E´ diventato diverso e più difficile credere in Dio e in questa sua immagine nel nostro mondo contemporaneo. Ma dobbiamo prendere atto che tocca a noi¸ e che quando riusciamo a farlo non è merito nostro¸ ma è lo Spirito Santo che ce lo suggerisce¸ è l´esempio di Cristo che ce lo suggerisce¸ è la parola della Scrittura che mette in discussione la nostra pacifica coscienza. Dio agisce tramite noi; tutto questo nel brano di vangelo non c´è ancora; c´è forse nelle lettere di San Paolo¸ però è un insegnamento che la Chiesa è stata capace di trarre dall´insieme della Scrittura. Se c´è qualcosa che la gente approva nella vita della Chiesa è la capacità di essere caritatevole¸ nei limiti in cui può farlo. Onestamente devo dire che c´è ancora un po´ di spreco nella Chiesa; forse dovremmo¸ soprattutto voi come laici¸ essere un po´ più esigenti con coloro che amministrano i beni della Chiesa perché riducano sempre di più le spese che non arrivano direttamente al bisognoso¸ concentrare ancor di più l´aiuto a popolazioni che hanno bisogno; questo potrebbe essere l´insegnamento della parabola.