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Omelia SS. TRINITA' del 6 giugno 2004

6 Giugno 2004 - SS. TRINITAŽ C- Pro 8ž22-31; Rm 5ž1-5; Gv 16ž12-16 Oggi è la celebrazione della Santissima Trinitàž cioè una domenica nella quale si vuole ringraziare Diož per quello che è; per quello che ci ha fatto capire che è. Perché questa è la Trinità. Solo che la Trinitàž poverettaž cioè la dottrina della Trinitàž ha subito secolari insulti dagli sforzi dellŽintelligenza umana per cercare di capire e di penetrare questo mistero. Che hanno prodotto delle appassionanti e intelligentissime speculazioni ed elucubrazioniž che sono anche notevoliž di cui resta qualche minima traccia nel modo di parlare del Prefatiož che prima della riforma del Vaticano II si leggeva tutte le sante domenichež sempre uguale; il Prefatio della Trinità: la faccenda della sostanzaž delle personež unica sostanzaž tre personež unità di naturaž diversità; tutto questo groviglio di speculazioni intellettualiž ammirevoliž per caritàž molto genialiž barocche peraltrož arzigogoli intellettuali. E tutto questo che doveva servire a salvaguardare la corretta fede nella Trinitàž in realtà è servito a nullaž anzi in un certo senso ha deturpato la Trinità cosí come era nata nella primitiva coscienza dei cristiani delle origini. Tanto è vero che ai normali cristianiž a cominciare da voiž non ve ne importa proprio nulla della faccenda che vi sia unŽunica naturaž tre personež che se uno dice una parola diversa da persona è eretico e va allŽinferno; tutte cose che non vi vengono neanche in mente. Eccož succede tante volte nella storia che con le migliori intenzioni si creano degli edifici che non servono a nulla. La Trinità non è nata in questo modo. La Trinitàž secondo molti studiosi di oggiž va vista in unŽaltra luce. La Trinità nasce dalla storia di persone che essendo state con Gesù e avendo visto come lui parlava di Diož come si comportava lui Gesùž e soprattutto avendo avuto il convincimento che la croce lo aveva portato dentro nella vita di Diož per cui lui come crocifisso era diventato pari a Diož uguale a Diož hanno dovutož direi proprio perché costretti da questa esperienza vissutaž hanno dovuto modificare la loro concezione rigidamente monoteistica che era quella tipica dellŽebraismož prendendo atto che il nome Dio bisognava attribuirlo anche a Gesù. Perché dargli un titolo inferiore a questož usare altre parolež che sož come arcangelo o sommo essere non bastava perché Gesùž Gesù aveva parlato e aveva comunicato soltanto la realtà di Dio; non voleva Gesù essere esaltato per qualcosaltro che non fosse Dio stesso. Gesù aveva fatto capire ai discepoliž come dice il Vangelo di Giovanniž che lui veniva da Dio e voleva tornare a Diož che lui era un pezzo di Dio. Certo che questo li ha scandalizzatiž perché loro da bravi ebrei erano convinti che di Dio non si può dire niente se non che è uno solo e che tutto dipende da lui. Ma gli mancavaž come manca allŽebraismo biblicož io non so niente dellŽebraismo posteriorež quindi non sto parlando degli ebrei di adessož sto parlando della Bibbia-Antico Testamento. Certo: Dio che conoscež Dio che operaž Dio che fa; ma alla fine è un Dio che rimane estraneo alla sensibilità e alla coscienza delle persone: Dio che non è amico. Loro invece in Gesù avevano trovato un uomož amico come lorož del quale però si erano convinti che non si può chiamare uomo perché Gesù eraž ripetož lui come persona totalmente immerso e si sentiva identificato con Dio. I casi erano due: o abbandonavano Gesù e dicevano - Era un buon uomož ma è mattož esaltato- e si tenevano il loro vecchio monoteismo. Oppure per non rinunciare alla grandezza di Gesùž che a loro sembrava appunto irrinunciabilež e per dire che Gesù aveva avuto ragione della sua totale assicurazione di non essere nientaltro che un uomo tenuto in vita da Dio hanno detto - Allora bisogna cambiare e bisogna supporre che Dio è capacež può essere nella sua grandezza immensa e infinita anche uomo-. Il che li ha scandalizzatiž li ha sorpresiž credevano infatti di essere eretici e di non essere a postož ma non rinunciarono a questa ideaž perché era la loro esperienza vissuta con Gesù che li convinceva che bisogna avere il coraggio di parlare di Dio diversamente da come se ne parlava prima. Come diceva la preghiera quotidiana degli ebrei: Jahve è uno solož amalo con tutto il cuore! Amalo cosa? Una parolaž un X! No! Invece han detto - Per amare Dio e parlare di Dio bisogna nominare Gesù-. Solo tramite Gesù si può capire qualcosa di Diož perché Gesù e Dio sono la stessa cosa. EŽ questo il coraggio intellettuale per cui è nata fede cristiana. A questo hanno aggiunto unŽaltra considerazionež che è quella che facevamo domenica scorsa: che Gesù rimane per sempre con noi perché Diož ce lŽha insegnato Gesùž è Spirito. Cioè Dio non è soltanto al di sopra dei cieliž al di fuori di tuttož ma è quiž dentro di me. E hanno aggiunto questa terza componente del nostro modo di parlare di Diož dicendo - Bisogna avere il coraggio di andare oltre il monoteismo ebraico-. Loro non hanno mai negato che Dio era uno. Han solo detto che Dio era un nomež unŽ unità molto complessa. La cosa poi che li deve aver sorpresi ancor di più è stata questa: che gli ebrei ovviamente in genere non hanno accettato questa loro profanazione dellŽunicità di Dio e li hanno emarginati e combattuti. Ma quello che li deve aver meravigliato è che i paganiž cioè gente che abitava nellŽimpero romanož e non solo i più stupidiž la povera gentež perché ormai la storia ha dimostrato che buona parte delle classi ricchež aristocratiche divenne cristianaž che molte persone istruite diventano cristianež anche se il governo sospettava e in fondo non ha mai perseguitato gli ebrei ma perseguitava questi cristiani. Eppure cŽera della gente chež grazie al loro modo di parlare di Diož è questo che è sorprendentež dicevano - Voi dite giusto su Diož io vengo con voi-. - Ma è rischiosož vi confiscano i beni -. -Non importa-. E questo è durato durante tutti i tre secoli dellŽimpero romano. Con alternanza: alle volte stavano benež alle volte venivano infastiditiž ma la gente continuava a venire. Non è stato Costantino che ha obbligato tutti a diventare cristianiž anche perché in quel momento il governo imperiale era cosí debole e frammentato che non ha nessun potere di imporre una religione. Ne ha preso atto. Loro sono rimasti esterrefatti di questo consenso che veniva da classi sociali differenti. CŽerano anche certo poveri schiaviž maž ripetož cŽerano anche ricchiž aristocraticiž signore della nobiltàž coltež e gente che aveva fatto studi filosofici. I quali abbandonavano una religione chež síž ha degli aspettiž se volete un poŽ meschiniž ma una religione la cui mitologia anche noi studiavamož non molti anni faž stupefacente per la sua grandiosità di immaginazione ež come Freud ha dimostrato sfruttando un pezzettino di quella ricchezza mitologicaž una cultura religiosa greco-romana che aveva la capacità di interpretare i problemi della vita umanaž sia pure attraverso storiež leggendež raccontiž però di interpretarli con molta profonditàž arrivando molto vicini alla verità. Tanto è vero che in molte fasi della nostra storia culturale siamo tornati allŽantichità greco-romana perché abbiamo detto - Lí si può capire cosŽè lŽuomo-. Oraž voglio direž i romani che si convertivano al cristianesimo non erano gente che abbandonava una religione da quattro soldi per aderire a qualcosina di meno stupido. Venivano da una cultura ricca di poterež intelligenzaž capacità costruttivež organizzazione e aderivano a unŽimmagine di Dio che era nata. Sarebbe bello potere andare avanti in queste cose e anche sentire le vostre eventuali obiezioni. Quello che volevo dire era solo questož che lodarež riconoscerež adorarež ammirare la Trinità vuol dire prendere atto di questo dato storico: alcune persone si sentirono costrette ad allargare la loro concezione di monoteismož dicendo che il monoteismo non si mette in discussionež ma bisogna sbloccarež inserendo in Dio una possibilità di essere uomo e una possibilità di essere prossimo a ciascuna persona disposta ad accoglierlo. Cioè bisogna dire che lŽunico Dio è Spiritož ed è Gesù; il chež ripetož per un ebreo era bestemmia. Si sono sentiti costretti a farlo per non perdere il positivo che avevano ricavato dallo stare insieme con Gesù. E fatto questož direiž sono stati travolti dai fatti. E sono stati di nuovo costretti a dire - Allora è giusto quello che noi diciamo -ž vedendo il consenso che non cessava mai di aumentare. EŽ un dato di fatto questo. Forse noi oggi dovremmo dire- Vedete che grande dono Dio ci ha fatto! Ci ha dato la possibilità che quando si parla di Lui bisogna avere quella apertura mentale che i primi credenti ebbero al tempo apostolicož non isolandolo in una unità astrattaž superiorež irraggiungibilež invisibilež ma cercare di capirlož di concepirlo come una potenza cosí infinita nellŽessere da poter instaurare veramente una comunionež una comunicazione di vita con tutti noi-. Ed è lo stesso pensiero che cercavo di dire domenica scorsa quando dicevo - Dio è Spirito. Dio è colui che pure rimanendo perfettamente sé stesso e al di sopra e al di fuori di tutto è capace di relazione con le creature che intendono accoglierlo. Questa è la Trinità. Nel mondo antico si è fatto già di tutto per cercare di trovare delle analogiež degli esempiž delle giustificazioni di questo modo di pensare di Dio. Fra tutte le cose che si sono dette quella che forse riesce ancora a farci capire qualcosa è quel piccolož semplicissimo espediente linguistico delle due preposizioniž o trež se volete: tutto proviene da Diož per mezzo del Figliož nello Spirito. Da Diož per mezzo del Figliož nello Spirito. Cioè che è come dire che quando si dice la parola Dio bisogna pensare qualcosa di simile a quello che accade in tutte le nostre esperienze umane di comunicazione e di lavoro. Cioè la vera immagine tra Dio e noiž noi saremmo stati creati a immagine di Diož consiste proprio in questo. In che cosa consiste la nostra capacità di uomini? Siamo persone che formuliamo un progettož cerchiamo uno strumento per attuarlož lo realizziamo. Questi tre momenti sono costitutivi dellŽessere personaž dellŽessere umano: progettarež trovare lo strumentož eseguire. EŽ lo schema famoso della comunicazione: uno che manda un messaggiož un mezzo per trasmettere il messaggiož la ricezione del messaggio. Dal Padrež per mezzo del Figliož nello Spirito. Dio va pensato come colui che èž in un certo sensož la struttura portante di tutto lŽagire di tutto il vivere del mondo. Dal Padrež per mezzo del Figliož nello Spirito. Questa era lŽintuizionež cioè Gesù è lo strumento con il quale lŽorigine di tutto che è il Padre realizza il suo progettož si mette in contatto con le creaturež crea con esse la comunione. Come sarebbe: io che parlož il microfonož voi che ascoltate e recepite. Ma se ci pensate tutta la vita è cosíž lŽessere è cosí: daž per mezzo diž inž per raggiungere lo scopo. La Trinità non è altro che questo. Con lŽunica affermazione che tutto questo avviene anche in Dio e grazie a Diož e Dio è coinvolto totalmente in tutti e tre i momenti: il progettož lo strumentož la realizzazione. Dio va pensato cosí. Dio va pensato come colui che è intimo alla realtà del mondo perché tutto viene da Luiž per mezzo del Cristo ogni suo progetto si realizzaž e quando il progetto si è realizzato il risultato èž non lŽesistenza di qualcosa dŽaltrož ma lŽesistenza di qualcosa che può unirsi a Dio: nella comunione dello Spirito. Dal Padrež per mezzo del Figliož nella comunione dello Spirito. Cosí come ogni cosa viene da un progettož attraverso uno strumentož in vista di una realizzazione unificante.