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Omelia IV Tempo Pasquale, anno C del 2 maggio 2004

2Maggio 2004 - IV PASQUA C ; At 13¸14.434-52; Ap 7¸9.14b-17; Gv 10¸27-30 Anche nella liturgia di oggi ci sono delle cose che sarebbe interessante approfondire¸ per le quali non c’è tempo nel corso della breve omelia. Per esempio il modo in cui nell’episodio degli Atti degli Apostoli¸ al capitolo 13 che segna una cerniera¸ come avete sentito¸ perché cominciano a smettere di predicare agli Ebrei e vanno a predicare soltanto ai pagani. E la giustificazione che viene data in questo racconto¸ come vedete¸ scarica completamente la colpa sugli Ebrei che avrebbero respinto – Non si giudicano degni della vita eterna – e poi suscitano la persecuzione sobillando le donne pie di alto rango; una cosa strana anche questa – Le donne pie di alto rango-. Son piccole curiositภperò capite che tutte le questioni antisemitismo¸ antigiudaismo; bisognerebbe esaminare con calma i testi per vedere cosa veramente significano. Insomma son tutte piccole cose che hanno anche una certa attualità. Poi viene ripreso dalla seconda lettura e dal vangelo il tema del pastore. Domenica scorsa c’era quella famosa triplice parola di Gesù a Pietro – Pasci i miei agnelli¸ pasci le pecorelle¸ pasci gli agnelli-¸ e c’era il tema del pastore che pasce il gregge. Questa domenica il vangelo è brevissimo però il tema rimane lo stesso. Il pastore questa volta è Gesù e ci sono le pecore che ascoltano la voce e seguono. E anche nella seconda lettura c’è il tema del pastore¸ con un interessante ossimoro¸ perché c’è l’agnello e l’agnello diventa pastore. E’ quella strana figura retorica per cui si trovano insieme due contrari¸ si gioca sulle opposizioni – L’agnello che sta in mezzo al trono sarà il loro pastore -; quello che dovrebbe essere il pasciuto diventa invece il pastore. E’ curioso tutto questo. Ci sarebbero tante cose da dire . Io comincio subito da quella che mi pare più interessante e che forse è anche la più provocatoria¸ come tante volte mi capita di dover fare o di voler fare. Cioè questa immagine del pastore e del gregge¸ che è antichissima come sapete ( tutti quando commentano queste cose dicono che c’è anche in Omero¸ nell’Iliade; i re sono i pastori dei popoli) quindi l’immagine del capo che viene chiamato pastore¸ del popolo a lui soggetto che è paragonato al gregge è un’immagine antichissima¸ è uno degli archetipi che derivano dall’esperienza delle primitive comunità umane. Nella Bibbia è predominante¸ è una delle immagini permanenti; c’è nell’a.t. e poi è ripresa dal nuovo. Viene applicata anche a Dio da Ezechiele: Dio è il pastore che pasce le pecore. Gesù Cristo assume la figura del pastore e¸ specialmente nel Vangelo di Giovanni¸ che come sapete è il più spirituale dei Vangeli¸ il capitolo 10 è tutto dominato da questa teoria di Gesù pastore del popolo gregge. Anche qui la cosa è interessante¸ molto bella¸ letterariamente ha una storia millenaria. Io ho l’impressione però che col passare del tempo e arrivati all’epoca moderna questa immagine del pastore¸ questa analogia del pastore¸ o viene radicalmente riformata¸ per non dire addirittura eliminata e soppressa¸ oppure potrebbe diventare una delle ragioni ( ma la colpa non è della parola pastore¸ la colpa è di quello che ci sta dietro) per cui la nostra religione e più o meno tutte le religioni a contatto con la modernità o cambiano o scompaiono. Perché non ha più senso¸ in un mondo come il nostro¸ dire che l’immagine per spiegare la nostra situazione all’interno di una Chiesa¸ di una religione¸ è di essere pecore guidate da un pastore. Già tra l’altro la parola pecora¸ agnello pecora è lo stesso¸ che nel mondo antico forse poteva essere un complimento è diventata un termine dispregiativo. Se io dico a uno¸ d’accordo si fa l’accrescitivo¸ -pecorone- non è un complimento. Anni fa in un regime che è stato¸ se Dio vuole¸ superato si diceva che era meglio un giorno da leone che non so quanti da pecora. Noi però siam venuti su cosí: la pecora è una bestiolina simpatica¸ ma è stupidina. Perché dire a un gruppo che è un gregge non sarebbe offensivo? Come può convivere una religione la quale rappresenta la struttura come un pastore e un gregge che ascolta¸ segue perché da sé non è capace di far niente¸ ripeto¸ come è conciliabile per esempio con la parola democrazia. Come si fa ad essere nello stesso tempo persone che difendono la democrazia? Per di più oggi c’è la tendenza che da una quarantina d’anni riemerge. Istituzionalmente le nostre dovrebbero essere democrazie rappresentative¸ dove in fondo l’unica cosa che si fa è votare; ma c’è una serpeggiante tendenza da una cinquantina d’anni che la democrazia deve essere diretta e partecipata. Mica soltanto noi votiamo¸ poi ficchiamo il naso¸ e andiamo in piazza a protestare¸ la delega non è mica totale¸ democrazia vuol dire che “chi cumandi me”. E come si fa a parlare di gregge? Come può ancora reggere la metafora del gregge? O le religioni si trasformano¸ ma allora van contro se stesse¸ oppure come fanno a sopravvivere laddove la democrazia si impone? Ma non c’è mica soltanto la democrazia¸ c’è tutta la questione della scienza che è ricerca autonoma della mia intelligenza¸ dove per principio metodologico non devo dare niente per scontato se non ciò che io ho verificato¸ e ogni autorità che non sia documentata dalla mia sperimentazione non ha nessun valore di scienza. Come si fa ad essere pastori e greggi? Se per caso la metafora del pastore riguarda anche la determinazione di ciò che è vero e di ciò che è giusto¸ quando invece la mia formazione e la mia esperienza mi dice che¸ se Dio vuole¸ adesso è la verificabilità dei miei strumenti¸ la mia ragione che deve essere indipendente da ogni autorità estranea¸ come faccio ad usare l’immagine del gregge ed essere un ricercatore? I bambini a scuola¸ ma non soltanto a scuola¸ anche nella famiglia¸ ricevono ogni tanto questo comandamento – Ragiona con la tua testa¸ non ascoltare gli altri-! Comandamento che viene poi continuamente smentito¸ perché alla fine tutti si vestono allo stesso modo¸ mettono le stesse scarpe¸ per cui il vero pastore¸ quello che comanda su tutti è la moda. Noi non ci siamo probabilmente liberati¸ né grazie alla democrazia né grazie alla scienza¸ dal fatto di vivere succubi di pastori¸ solo che i pastori sono diventati non Dio¸ Gesù Cristo¸ il grande re¸ Aristotele¸ ma sono diventate Vogue e altre cose e cioè la moda¸ che è la pastoralità più demenziale¸ ma siccome però è l’unica cosa che nel nostro prodotto interno cresce un momentino bisogna sostenerla. Però i ragazzini¸ che pure sono succubi della moda¸ e i loro genitori ancor più di loro¸ vengono invitati – Devi ragionare con la tua testa-! Cosa vuol dire ragionare con la propria testa? E allora la… del passato¸ gli altri maestri¸ buoni e cattivi maestri¸ la filosofia¸ la cultura di un tempo dove la mettiamo? Cosa vuol dire ragionare con la propria testa? Vuol dire essere autonomi? Essere scioccamente superbi? -Quello che dico io è giusto-? Come ci si confronta con i magisteri¸ compreso quello dei genitori¸ del parroco¸ del Vescovo o del Papa¸ di Gesù Cristo¸ con Maometto e Budda a fianco¸ e Confucio e tutti gli altri? I cristiani sono quelli che vanno in giro a dire – Noi dobbiamo diventare pecore¸ dobbiamo diventare agnelli-? Certo non dobbiamo diventare lupi. Ma non dobbiamo¸ ognuno di noi¸ diventare pastore di se stesso? L’ecclesiologia¸ cioè la concezione della Chiesa¸ fino a che punto deve dipendere dall’immagine del gregge e del pastore? Si parla tanto di comunità cristiana. Cos’è una comunità cristiana? E’ una comunità dove tutti si incoraggiano l’un l’altro¸ come spesso si ripete¸ anche qui¸ ma senza pensarci su -Mettiti in ascolto della Parola¸ inchinati di fronte alla Parola¸ lasciati convertire dalla Parola¸ ubbidisci alla Parola-. Comandamento¸ preferivano dire una volta certi protestanti. L’ubbidienza¸ la soggezione¸ la libera sottomissione. Fino a che punto fa parte dell’esperienza religiosa cristiana una consegna di se stessi all’autorità suprema di Dio ? Però bisogna vedere¸ perché Dio nessuno l’ha mai visto¸ passa attraverso la tradizione umana¸ persone che parlano. Ecco¸ fino a che punto si deve conciliare l’autonomia della ricerca¸ il dovere di rischiare la propria intelligenza nel fare ipotesi e il giusto rispetto e la valorizzazione che si deve avere per la sapienza secolare¸ millenaria di quello che è stato detto¸ e soprattutto dell’autorità suprema del Verbo di Dio? Questi sono secondo me i problemi che si aprono alla nostra mente quando diciamo – Le mie pecore sentono la mia voce¸ mi conoscono¸ mi seguono-. Seguire come pecore è un’immagine impropria. Bisogna seguire come persone intelligenti. Che ragionano sí con la loro testa¸ ma in continuo ascolto. Ascolto di chi? Come si fa a dosare chi deve essere di più ascoltato? Il dialogo tra Chiese e comunità. Oggi si gioca su questa complicata situazione. Per cui la vecchia immagine del pastore e del gregge rimane soltanto un’antica¸ venerabile immagine¸ da ammirare direi quasi come un museo¸ ma che non riesce più a dire tutta la complessità del problema. Ripeto¸ soprattutto per questi due orientamenti fondamentalmente tipici del mondo moderno¸ cioè la partecipazione di tutti alla gestione della vita del mondo¸ che si chiama democrazia¸ globale e partecipata¸ e l’altro¸ partecipazione di tutti mettendo a servizio di tutti il massimo delle proprie capacità per la conoscenza e il dominio sulla realtà attraverso la scienza e la tecnica. Allora siamo noi che dobbiamo essere comunitariamente e democraticamente responsabili del nostro futuro. A questo punto il pastore chi è? E’ forse colui che stimola questa libera partecipazione? La stimola e la controlla¸ la frena magari quando eccede? E’ necessaria per esempio una specie di autorevolezza¸ diciamo pure la parola volgare¸ il tabù religioso¸ per mettere a freno le possibili derive della libertà individuale¸ dell’arbitrio della ricerca? O bastano le precauzioni che una società civile e democratica è in grado di darsi? O qualche volta occorre l’idea di una sanzione superiore¸ diciamolo di nuovo brutalmente¸ la minaccia dell’inferno¸ per tenere a freno le possibili devianze di un mondo che non vuole più essere pecora ma dove tutti vogliono essere protagonisti e concorrenziali uno all’altro? "Io ragiono con la mia testa ". Per caritภse ragioni solo con la tua testa fatti visitare subito¸ perché con solo la tua testa non puoi combinare nulla¸ devi farti prestare una quantità di input da teste che già hanno funzionato e la cui capacità di ragionare è verificata dal vaglio del tempo¸ altrimenti sei un povero scemo. Ecco perché c’è tensione oggi tra essere cittadini ed essere appartenenti ad una religione¸ tra essere uomini impegnati nel mondo¸ moralmente impegnati¸ ed essere aderenti ad una religione. Le religioni usano questa vecchia immagine che ha del vero¸ intendiamoci¸ ma quello su cui bisogna ragionare è proprio questo – Come si possono conciliare insieme la pretesa di Gesù di dire – Io¸ venite¸ seguitemi e obbedite-? Ho sentito dire in una trasmissione radio che il più narcisista che sia mai esistito a questo mondo è Gesù. Il quale pretende perfino che quando lo vediamo crocifisso ci inchiniamo e diciamo – Tu sei Dio-. Ecco¸ una religione che si presenta cosí come può conciliarsi ancora con questo spirito…: libertà di ciascuno che oggi portiamo avanti? Questi sono i gravi problemi a cui noi cristiani dobbiamo pensare. Perché non interessano mica soltanto le robe astratte¸ ma interessano il modo in cui per esempio un genitore può comunicare a suo figlio cosa vuol dire oggi essere nello stesso tempo uomini liberi e cristiani¸ pecore di un gregge.