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Omelia XIII DOM. T.O. C del 27 Giugno 2010

Anche il vangelo di oggi è in parte sconcertante e ci vorrebbe molto tempo per analizzare i particolari di questo testo¸ e più si analizzano e più ci si confonde e si finisce per non raccapezzarsi più. Dunque¸ innanzitutto tutti i commentatori rilevano l’importanza del primo versetto che abbiamo letto che è di difficile traduzione perché è scritto in un greco che risente dell’ebraico della traduzione greca dell’A.T. e tradurre letteralmente quello che c’è scritto diventa poco chiaro¸ per questo tutti i traduttori cercano di migliorare¸ con delle piccole gaffes. “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto”. Le vecchia maestre delle elementari spiegavano che siccome non si può elevare in basso è pleonastico dire elevare in alto¸ quindi è un errore sintattico della lingua. Elevare basta. Non si può scendere in alto ed è stupido dire scendere in basso¸ ma si vede che i traduttori non erano molto esperti di grammatica italiana. Il greco dice semplicemente “I giorni della sua assunzione” e non vedo perché non si debba dire assunzione. Parola interessante perché significa molte cose: assomiglia al modo di parlare di Giovanni: “Quando sarò innalzato da terrà attirerò tutti a me”. Anche Luca usa questo termine che indica da un lato fisicamente essere innalzato sulla croce però l’innalzamento si compie quando Gesù va in cielo¸ come se ci fosse un argano divino che dalla croce lo tira su. Allora è una parola molto densa di significato¸ non è elevato in alto. Se non altro la parola assunzione ha un significato sacrale ed avrebbe indotto l’ascoltatore¸ o il lettore del vangelo¸ a cercare di dare un senso compiuto a questo termine. Si poteva anche tradurre esaltazione perché è proprio questa idea¸ che è caratteristica soprattutto di Giovanni e di Luca¸ che c’è un cammino¸ un viaggio che termina apparentemente a Gerusalemme ma¸ in realtภtermina in Dio. Colui che è disceso adesso sale e sale portando con sé la sua umanità trasformata nel Figlio di Dio. E questo lo dice la seconda parte del versetto: “Prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme”. In greco: “Rafforzò il suo volto verso Gerusalemme”¸ che è un modo di parlare tipicamente ebraico¸ è un rafforzativo dell’espressione voltare la faccia¸ quindi dirigersi invece di semplicemente voltare¸ si dice voltare con forza¸ orientare con forza. Ed anche qui¸ certo¸ si allude ad una decisione ma direi che è più plastica l’immagine che sta alle spalle della parola perché dà l’impressione di uno che parte e con gli occhi vede la meta che è la meta dove Gesù dovrà compiere la volontà del Padre e¸ come già aveva detto due volte ai discepoli¸ nella prima predizione della Passione che abbiamo letto domenica scorsa¸ poi c’è una seconda predizione che precede immediatamente questo brano che la liturgia non legge ma che è nei quattro versetti precedenti questo che abbiamo letto¸ che deve andate a Gerusalemme e la seconda predizione ha la famosa formula: “Il Figlio dell’Uomo sarà consegnato in mano agli uomini” dai quali non c’è niente di buono da aspettarsi. Ma è soprattutto questo contrasto¸ che avevamo già visto domenica scorsa: il Figlio dell’Uomo che potrebbe essere figura celeste e potente¸ in realtà è annientato¸ consegnato in mano agli uomini¸ però¸ allo stesso tempo¸ questa è la sua assunzione. E’ qualcosa di analogo a quello che accade nell’Orto degli Ulivi cioè sono quei momenti in cui nei vangeli si allude a questa unica e personalissima esperienza di Gesù che è uscito da Dio¸ torna a Dio ma passando attraverso la massima lontananza da Dio che è quella della creatura¸ della creatura che muore¸ della creatura respinta¸ come dice il Prologo di Giovanni: “Venne fra i suoi ma i suoi non l’hanno accolto”¸ e¸ anche in questo¸ Luca è vicino a Giovanni perché qui racconta che i samaritani non voglio offrirgli l’alloggio per la notte a lui e ai discepoli perché il suo volto è diretto a Gerusalemme “Era chiaramente in cammino verso Gerusalemme” come se si vedesse dalla faccia: “Questo ha la faccia di uno che va a Gerusalemme¸ non lo vogliamo”¸ perché per ragioni loro ritenevano che Gerusalemme non avesse rilevanza religiosa. E’ come se incominciasse per la vita di Gesù il momento in cui bisogna decidersi: se adesso bisogna andare¸ basta tergiversare¸ si va a Gerusalemme e sia quel che sia”. E’ curioso perché Luca aveva posto all’inizio del ministero di Gesù al capitolo 4¸ subito dopo Giovanni Battista¸ Gesù respinto da quelli di Nazareth. L’ opposizione dei nazaretani negli altri vangeli è avanti¸ verso la metภlui la mette subito. Va nella sinagoga¸ anche là parla di Elia¸ loro obbiettano e¸ alla fine¸ volevano buttarlo giù dal precipizio che è vicino alla loro città ma lui se ne andava¸ come qui. Non lo vogliono. I samaritani sono più buoni dei nazaretani¸ si limitano a negargli l’alloggio e lui va in un altro villaggio e¸ a differenza di quello che pensano i discepoli che citano una frase che nell’A.T. è in bocca ad Elia: “Vuoi che chiediamo un castigo?”¸ e Gesù non risponde se non rimproverandoli e va avanti ed è di nuovo la fermezza della decisione. Accompagnato da discepoli¸ che loro stessi non capiscono¸ si fanno idea ancora di gloria¸ potenza. Questo è interessante anche da un punto di vista di tentativo di ricostruzione storica che ci affascina sempre¸ anche se facciamo molta fatica poi a lavorare in questo settore¸ perché qui c’è veramente l’umanità di Gesù che cerca di assorbire umanamente il dovere figliale del verbo eterno¸ il quale sa che la volontà di Dio è volontà di vita e di gloria¸ ma sa anche che questa vita e gloria adesso si presentano come accettazione della miseria. Il Figlio dell’Uomo va in un altro villaggio perché non possiede neanche una stanza¸ non sa dove andare a dormire¸ non sa dove posare il capo. Perfino gli uccelli hanno un nido e ritrovano sempre la strada quando vogliono e anche le volpi. Lui è senza meta. Certo verrà assunto¸ verrà assunto quando sarà finita la sua vitalità umana. Ma da uomo Gesù è privo di ogni appoggio e ogni sostegno. Questo modo di essere Figli di Dio nel totale abbandono¸ senza niente di cui fidarsi¸ se non di Dio stesso¸ il quale Dio però rimane nascosto¸ inaccessibile. Interessante il versetto del salmo “Sei tu¸ Signore¸ l’unico mio bene”¸ noi lo diciamo ma non è vero perché per noi il primo bene è la salute¸ accanto alla salute è amare ed essere amati e poi ci sono tutti gli altri beni: la casa¸ i soldi¸ il vitto¸ la buona cucina¸ il vino. E io li cerco nel mio piccolo. Quando noi diciamo: “Sei tu¸ Signore¸ l’unico mio bene” facciamo ridere¸ diciamo una bugia perché non è vero e verremo condannati per queste bugie che proclamiamo e derisi da Dio che ci dirà: “Non dire sciocchezze. Sii più sincero e dí: Anche tu¸ Signore¸ fai parte dei miei beni¸ ti ospito¸ quando non disturbi considero anche te un bene¸ ma l’unico mio bene non è Dio”. Per Gesù sí. E’ questa la differenza immensa che c’è fra noi e Gesù Cristo¸ lui può dire: “Sei tu l’unico mio bene¸ del resto non mi interessa nulla”. Questo modo di essere di Dio¸ solo di Dio¸ totalmente di Dio è una cosa che non può ripetersi in noi¸ noi non possiamo pretendere. Gesù è unico e questa è la grandezza e la genialità di questa figura e¸ per questo¸ noi diciamo: “Non può essere inventata perché se l’avessimo inventata l’avremmo resa più realistica”. Non l’hanno capito neanche gli apostoli questo¸ che veramente potevano dire: “Sei tu¸ Signore¸ l’unico mio bene¸ del resto non mi importa niente”. Il secondo aneddoto¸ quando dice: “Seguimi” e quello risponde: “Prima vado a seppellire mio padre” e Gesù: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti” è come se Gesù dicesse: “Io non sono di questo mondo”. E’ la stessa cosa che Giovanni dice in altro modo quando dice: “Io non sono di quaggiù¸ sono di lassù¸ sono nel mondo ma non sono del mondo¸ non me ne frega niente dei morti¸ sto per essere assunto però attraverso la morte”. Questa estraneità di Gesù… Nello stesso tempo Gesù è identico a noi e completamente diverso ed estraneo di fronte a noi. E’ unico. E’ per questo che noi diciamo¸ con un po’ di superficialità: “E’ più Dio che uomo”. Che è uomo non si discute¸ ma è uomo talmente in una maniera unica che quasi¸ quasi è più giusto chiamarlo Dio. Grammaticalmente bisognerebbe inserire qualche particella più seria¸ ma anche il Credo¸ il Dogma ha deciso di lasciar perdere le particelle¸ con poco rispetto della logica¸ come l’elevare in alto. Dio è il nome che siamo tentati di usare perché effettivamente in lui c’è una divina presenza. Il logos è Dio¸ Gesù è Dio in quanto adesso è unito. Ma è vero. E ne viene come conseguenza che si può cercare di stare insieme con lui¸ ma seguirlo¸ accompagnarlo¸ diventare discepoli è sempre troppo per noi. E questi tre aneddoti che Luca racconta in maniera… (due li prende da un’antica fonte perché li ha anche Matteo¸ l’ultimo lo aggiunge lui) servono proprio a dire: “Guardate che Gesù ci ha fatto capire¸ ha messo in guardia¸ queste cose: Cosa vuoi dire? Cosa vuoi seppellire tuo padre? Non capisci niente di queste cose. Tu cerchi ancora Dio nelle cose”. Lui sta imparando a cercare Dio direttamente¸ fa fatica anche Gesù¸ perché nella sua umanità anche lui ha bisogno di molti beni¸ ne ha pochissimi¸ però ha bisogno di mangiare¸ di bere¸ di lavarsi i piedi. Infatti¸ l’aveva detto al fariseo: “Sono entrato qui e non mi hai dato l’acqua per lavarmi¸ lei mi ha messo il profumo”. Apprezza queste cose. E’ un uomo che sta disumanizzandosi per diventare Dio. C’è qualcosa di disumano in lui¸ un disumano positivo non il disumano di chi diventa bestia feroce¸ il disumano di chi cerca di elevarsi fino a Dio e¸ ripeto¸ Gesù proprio per questo non è imitabile. C’è un prefazio dove si dice: “Figura dell’uomo nuovo” è meglio figura irraggiungibile¸ nessuno può diventare come Gesù. Qui bisogna decidere se il cristianesimo presenta Gesù come una specie di modello elevatissimo o soltanto¸ direi¸ per una quantità maggiore¸ ma omogeneo a quello che noi possiamo diventare. Vero uomo perché omogeneo a noi¸ eccezionale ed al di sopra di noi come lo è Leonardo da Vinci¸ ma non di più. Ed allora Gesù viene chiamato Dio ma in realtà è considerato un modello umano ideale¸ ed allora nasce l’imitazione¸ la concorrenza. Un altro modello interpretativo è dire “No¸ Gesù è unico¸ è irraggiungibile”¸ serve a noi perché troviamo un modo nostro di diventare uomini ma non scimmiottandolo. Ecco perché nel terzo episodio dice: “Guarda¸ tu vedi come si fa ad arare¸ quel riccone di Eliseo aveva dodici paia di buoi¸ chissà cosa aravano poi¸ ma una volta¸ al tempo di Gesù¸ c’era un aratro di legno che bisognava tenere fermo e spingerlo contro il suolo perché lavorasse nella terra¸ però era trainato dal bue e con l’altra mano¸ ogni tanto¸ bisognava sferzare il bue. E se uno si voltava per un attimo a destra o a sinistra¸ veniva storto. Ci vuole una abilitภuna concentrazione¸ è il massimo che noi possiamo dare: concentrarci. Ma poi¸ anche se ci concentriamo¸ non diventeremo mai come Gesù perché Gesù è al di sopra di tutti. Ecco la domanda finale¸ quella catechistico – teologica è questa: secondo voi è più giusto considerare Gesù il modello¸ irraggiungibile¸ ma il modello di un nostro possibile miglioramento umano o è più giusto considerare Gesù una presenza inimitabile¸ irraggiungibile che ci sta di fronte non perché cerchiamo di fare come lui¸ ma ci sta di fronte per giudicarci¸ per farci vedere i nostri limiti e per farci desiderare qualcosa che sappiamo di non poter mai raggiungere. E’ il totalmente diverso da noi che per farci capire quanto è diverso è apparso come se fosse uno di noi ma¸ in realtภnella sua interiorità era tutto di Dio e noi non saremo mai tutto di Dio¸ tutti interi di Dio¸ ci sforzeremo di esserlo¸ ognuno alla nostra maniera¸ con la libertà di cui parla Paolo nella seconda lettura¸ cercando di essere guidati dallo Spirito e non dalla stupidità umana¸ che lui chiama carne o dall’egoismo umano che lui chiama carne. Noi dobbiamo accontentarci che Dio diventi anche lui un bene per noi¸ ma Gesù è al di sopra. Gesù si può soltanto adorare¸ spaventarsi di fronte a lui¸ inchinarsi¸ ammirarlo ed essere continuamente inquietati dalla sua presenza. Voi scegliete come¸ secondo voi¸ è meglio collocare Gesù di fronte al vostro sguardo.