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Omelia XII DOM. T.O. C del 20 Giugno 2010

Questo episodio¸ come sapete¸ è presente in tutti e tre i vangeli sinottici. Solo che in Marco e Matteo ha delle caratteristiche diverse dalla impostazione che ha dato Luca a questo testo¸ e siccome voi dovete abituarvi a leggere i vangeli distintamente¸ senza confonderli l’uno con l’altro¸ è bene che impariate a vedere l’importanza di queste piccole differenze. Il più antico degli evangeli è Marco¸ è lui che pone questo episodio dicendo anche la località dove sarebbe avvenuto questo dialogo: Cesarea di Filippo che era una città costruita da Filippo¸ uno dei figli di Erode¸ sul lago di Tiberiade. Gesù non entra mai nelle grandi città quindi era nei pressi di Cesarea di Filippo. Luca¸ siccome desidera essere preciso nel suo vangelo e non è sicuro delle indicazioni che trova in Marco o nelle sue fonti¸ di solito preferisce¸ per paura di sbagliare¸ non indicare né la localitภné il tempo preciso in cui avvengono le cose¸ per questo non nomina Cesarea di Filippo ma dice che Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. Sua è anche l’aggiunta della preghiera¸ in Marco e Matteo si parla raramente di Gesù che prega. In Luca se ne parla¸ invece¸ molto spesso. E questa è una piccola differenza di contorno. Poi il racconto prosegue più o meno nello stesso modo in cui prosegue in Marco. I discepoli dicono che la gente pensa a Gesù confrontandolo con una persona di prima e questo è curioso¸ per certi altri aspetti¸ che non possiamo approfondire stamattina. Sembra di capire che i contemporanei di Gesù che vivevano in Palestina sognavano il ritorno al passato non un cambiamento futuro perché quando vedono Gesù non lo immaginano come colui che rinnoverà le cose¸ ma pensano piuttosto che possa essere uno del passato che ritorna e riporta le cose alle glorie passate. E questo è curioso ed è un altro tema che meriterebbe di essere approfondito perché¸ secondo alcuni testi¸ sembra che molti ebrei del tempo di Gesù¸ quelli che seguivano la cosiddetta corrente apocalittica¸ fossero in attesa di sconvolgimenti cosmici che avrebbero rinnovato tutto¸ cieli nuovi¸ terre nuove. Altri testi¸ come questo¸ ci danno invece l’impressione che la gente non pensasse affatto a dei rinnovamenti futuri ma rimpiangesse il passato per cui¸ quando vede Gesù che compie prodigi¸ che predica¸ che è sapiente¸ cha ha un seguito¸ spera che sia Giovanni Battista¸ che Erode ha appena fatto uccidere¸ oppure il grande Elia di otto secoli prima¸ come se noi sperassimo in Dante Alighieri¸ o uno degli altri antichi profeti. E’ curioso questo contrasto¸ cosa che interessa chi fa di mestiere lo storico. E’ difficile dire quale era la situazione culturale del tempo. C’era una attesa spasmodica di un rinnovamento¸ di cose nuove? C’era la nostalgia di cose passate? Cosa si aspettavano da un eventuale inviato di Dio? Che facesse rinascere le glorie di un tempo o che desse qualcosa di nuovo? Ed è curioso che i discepoli¸ se questo sondaggio è stato compiuto in maniera realistica¸ dicessero a Gesù: “Pensano che sei uno di una volta” e che quindi riporterà Israele alla gloria del passato. Gesù non commenta¸ chiede ai discepoli chi è e loro rispondono¸ risponde Pietro: “Il Cristo di Dio”. Come sapete Marco e Matteo hanno una formulazione diversa¸ parlano del Figlio del Dio vivente¸ Luca usa l’espressione – sarebbe meglio tradurre – il Messia di Dio perché Cristo sembra un nome proprio e quindi sembrerebbe di capire che Pietro risponde pensando al futuro perché il Messia viene a rinnovare¸ sebbene anche lui porti la memoria dei grandi re Davide e Salomone. Ma si immagina che il Messia venisse pensato soprattutto come uno che porta cose nuove. Ed è stranissimo che Gesù rispondendo¸ intervenendo e commentando quello che Pietro gli ha detto¸ non riprenda la parola Messia ma introduce un’altra immagine¸ un altro titolo: il Figlio dell’Uomo. C’è anche in Marco e Matteo¸ fin qui è tutto uguale. Perché usa questo titolo¸ Figlio dell’Uomo¸ che si trova solo nei vangeli¸ non è mai adoperato nelle Lettere per definire Gesù? Perché molti pensano che sia un titolo che risale veramente al modo di parlare di Gesù. Che cosa indichi Figlio dell’Uomo è un problema che abbiamo toccato in altre occasioni ma che adesso non possiamo approfondire¸ ma sarebbe anche questo da osservare nei particolari perché Figlio dell’Uomo in Daniele significa un essere celeste ma in Ezechiele significa un uomo comune¸ un poveraccio. E il modo di presentarsi di Gesù oscilla fra questi due poli opposti. In Daniele “Il Figlio dell’Uomo sale al trono dell’Altissimo sulle nubi del cielo¸ riceve onore¸ potenza e gloria”. Quando il profeta Ezechiele viene chiamato Figlio dell’Uomo¸ Dio lo chiama cosí per dire: “So che non conti niente¸ non meriti neanche il titolo di Signore¸ sei un uomo”. Come quando i neri ci interpellano¸ chissà che glielo ha detto¸ con “Capo”. Sono modi strani di parlare. La caratteristica è che Gesù¸ qualche rara volta¸ parla del Figlio dell’Uomo come dotato di potere¸ ma di solito¸ come qui¸ spiega che sarà una persona senza potere¸ verrà sconfitto e condannato¸ ma qui incomincia la diversità di Luca. Voi vi ricordate che in Matteo e Marco si dice che Pietro si arrabbia e dice: “Non ti accadrà mai!” e questo episodio Luca lo salta. Poi Gesù direbbe a Pietro: “Dietro a me¸ Satana!”. Luca ignora tutto questo e quando scrive il suo vangelo¸ quello di Marco circola giภquello di Matteo forse sta nascendo contemporaneamente e Luca non sa che Matteo copierà Marco anche in questo particolare però lui conosce Marco e cancella questo rimprovero a Pietro. E subito dice che Gesù ha invece detto a tutti¸ e qui c’è un incongruenza storica perché erano in un luogo solitario¸ c’erano con lui i suoi discepoli e poi a tutti diceva….. Vorrà dire a tutti i discepoli o a tutta la gente? Marco e Matteo sono più chiari nel far intervenire le folle e¸ in ogni modo¸ anche questo è un particolare non di grande rilievo. Particolare di grande rilievo invece è una piccola aggiunta che Luca fa quando si parla della croce: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi sé stesso”¸ questo è già abbastanza duro “Prenda la sua croce e mi segua”. Ora qui si apre un problema che per gli storici è quasi insolubile. Gesù ha detto veramente queste parole prima di essere crocifisso? Quando la croce era la pena di morte peggiore che si potesse immaginare¸ dopo la sua morte è diventata il simbolo della salvezza¸ ma se Gesù ha detto questa frase prima che le cose avvenissero¸ cosa intendeva dire “Prenda la sua croce e mi segua”? Si lasci crocifiggere come me¸ come se fosse un delinquente che non ha diritto di essere difeso? Perché la croce era il supplizio degli schiavi che non potevano pagarsi un difensore e che¸ secondo la cultura popolare del tempo¸ non meritavano neanche di essere difesi: erano destinati e servire¸ quando non servivano più¸ a morire. Come i gladiatori che morivano nel circo e tutti applaudivano e piaceva vederli morire lí dissanguati. C’erano molta barbarie ed inciviltà nell’antica Roma¸ la culla del diritto. In Palestina questi giochi del circo non c’erano¸ però la crocifissione era entrata in uso. E’ vero che gli ebrei onoravano certi crocifissi perché li consideravano dei martiri¸ in ogni caso se Gesù questa parola l’ha detta prima della sua crocifissione¸ i significati simbolici che si possono attribuire all’immagine “prendere la croce”¸ che tra l’altro allude proprio al fatto che secondo la prassi romana il condannato portava sulle spalle il legno trasversale e doveva fare¸ quindi¸ tutta la strada fino al luogo dove veniva crocifisso con sulle spalle la trave. E’ curioso¸ pensateci¸ mettetevi nei panni del Gesù storico che dice: “Se voi volete venire dietro di me¸ preparatevi a fare quello che qualche volta avete visto: che condannano un delinquente schiavo a morte¸ voi lo vedete per la strada trascinare la croce sulle spalle¸ la gente che non si cura di lui o lo deride”. E’ questo che Gesù voleva dire? Allora si capisce perché in Marco e Matteo Pietro interviene e dice: “Questo non è possibile!”¸ che in Luca non c’è. Ma Luca compie un’altra operazione che è di grande rilievo¸ dire¸ che cancella questa immagine della croce come segno di morte e di martirio perché se la croce è quello che ho detto adesso¸ non ha senso che la frase di Luca “Prenda la sua croce ogni giorno”¸ ogni giorno è privo di senso¸ se la croce significa morire¸ non si può morire più volte. Se significa essere condannati forse sí¸ se significa essere disprezzati forse sí ma il concetto di morte deve essere escluso. Quell’ “ogni giorno” è segno di una strategia evangelizzatrice di Luca che ha annacquato la forza dirompente della parola di Gesù. Certo¸ l’ha abbassata ad una metafora di un sacrificio che può ripetersi tutti i giorni¸ non è più la morte¸ non è più il martirio¸ è eventualmente la quotidiana pazienza¸ la resistenza. Ora questo è un fenomeno molto interessante perché probabilmente se uno vuole ricostruire come sono andate le cose bisogna riconoscere che Gesù¸ quando parlava¸ parlava lanciando delle frecce che ferivano la mente di chi ascoltava¸ parlava in maniera provocatoria¸ dura¸ violenta a parole. “Se uno vuole venire dietro di me¸ si prepari a morire come un delinquente indifeso”. Quando i cristiani trasmettono questo ricordo delle parole di Gesù¸ si rendono conto che la sua strategia era stata quella di inserire¸ nel breve tempo della sua predicazione¸ una specie di rivoluzione intellettuale per cui¸ addirittura¸ il Figlio dell’Uomo invece di potere¸ onore e gloria sulle nubi del cielo viene crocifisso. C’è in Gesù questa volontà di capovolgere in maniera cruda¸ decisa¸ violenta¸ rivoluzionaria. Poi¸ piano piano¸ le acque si quietano e la croce¸ come tutte le altre parole che Gesù ha detto¸ vengono diluite. Gesù ha detto di amare i nemici¸ forse voleva solo dire di non vendicarsi con troppa violenza. Anche nel Padre Nostro Luca è diverso da Matteo: la frase sul pane del Padre Nostro non è tradotta in nessun modo corretto¸ in nessuna forma latina e italiana del Padre Nostro. Matteo dice: “Il pane di domani daccelo oggi” ed il pane di domani da dare oggi è certamente la vita eterna¸ l’aldilà. Luca dice: “Il pane di domani daccelo giorno per giorno”¸ la stessa cosa che c’è qui. Rende quotidiano¸ rende ripetitivo. E’ l’adattamento delle frasi rivoluzionarie di Gesù alla debolezza umana ed alla necessità che il cristianesimo diventi un momento che possa raggiungere tutti per rendere migliore¸ meno tragica la situazione dell’intero universo. Le rivoluzioni non migliorano il mondo¸ come dimostra anche la storia dalla rivoluzione francese in avanti¸ lo migliora eventualmente quando la rivoluzione è finita¸ la trasformazione in diritti logicamente pensati. Quello che la rivoluzione otteneva con la ghigliottina¸ finita la rivoluzione¸ si cerca di ottenerlo con una legislazione più saggia. Quello che Gesù ha detto in maniera violenta¸ parlando di martirio¸ morte¸ annullamento del male¸ come se si trattasse di una specie di sterminio¸ viene tradotto in una moralità prudente¸ saggia¸ sapiente. La croce ogni giorno. Ci sono molti protestanti che considerano Luca antipatico e si infuriano per questa sua quotidianizzazione: “Ha ridotto tutto ad una robetta da niente!”¸ come se loro fossero gli eroi. Ma questa è la salvezza che Dio ci dona e di cui abbiamo bisogno. In Gesù¸ direi¸ è scoppiata la bomba¸ la mediazione degli autori del N.T. spegne il fuoco e lo riaccende sotto forma di fiammelle. Allora¸ la “croce ogni giorno” è diventata metafora della pazienza¸ della resistenza. Va bene per tutti: va bene per i pigri¸ per i deboli¸ per i paurosi. Gli eroi non servono a niente¸ se non¸ forse¸ nelle gare sportive: i grandi atleti. Quello che conta è che tutti¸ anche quelli con muscolatura piccola¸ possano fare un pochino di movimento e ginnastica. E’ il gioco quello che fa bene¸ non lo sport. E’ la manutenzione quella che serve¸ non il buttar via tutto per fare sempre cose nuove. La croce ogni giorno è la lezione che se si fa del bene al mondo¸ se si pratica una paziente¸ costante manutenzione: rammendare¸ riciclare¸ perdonare¸ educare pazientemente¸ ripetere¸ ricominciare. Ecco il significato di questa universalizzazione della bomba che era esplosa nella persona storica di Gesù.