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Omelia PENTECOSTE C del 23 Maggio 2010

Avrei tante cose da dire sullo Spirito Santo¸ di cui si celebra nel giorno di Pentecoste la natura¸ tutto¸ sono però anche incerto perché le letture che abbiamo fatto meriterebbero anche queste un esame abbastanza dettagliato. Il fatto è che nel N.T. si parla in moltissimi punti dello Spirito Santo¸ stranamente poi è accaduto che invece¸ nella normale catechesi o istruzione che si fa ai fedeli¸ lo Spirito Santo è continuamente nominato ma solitamente non si dice mai nulla di cosa sia¸ come operi¸ cosa faccia. Rimane una parola continuamente ripetuta e non si riflette mai sul modo con cui è presentato nel N.T. in diverse maniere. Questa è la ragione per cui bisognerebbe avere tempo per vedere come lo Spirito Santo è presentato nel Libro degli Atti¸ per esempio¸ come è presentato in Paolo¸ che è una presentazione dello Spirito completamente diversa da quella di san Luca negli Atti degli Apostoli¸ com’è presentato nel quarto vangelo¸ il quale lo presenta in una forma che è addirittura contraria al modo con cui lo presenta Paolo. Bisognerebbe avere il tempo per dire tutte queste cose. Spero di potere domenica prossima¸ con la scusa che è la festa della Trinitภe lo Spirito Santo fa parte¸ di poter continuare il discorso sullo Spirito Santo in particolare. E prima di incominciare questa presentazione¸ almeno dei tre modi in cui lo Spirito Santo è presentato¸ quello degli Atti¸ quello di Paolo e quello di Giovanni¸ vorrei fare una piccola analisi della prima lettura¸ il famoso racconto del giorno di Pentecoste¸ con questa descrizione del prodigio delle lingue perché non è un testo facile. Non so come voi immaginate la scienza che Luca descrive in questo brano. Vorrei farvi vedere alcuni particolari del testo che possono illuminarci su quello che Luca voleva dire perché tante volte noi leggiamo un testo della Bibbia¸ secondo un nostro schema interpretativo¸ ci immaginiamo la scena¸ magari come l’abbiamo vista in qualche film o in qualche diapositiva catechistica¸ dopodiché diciamo che Luca dice questo¸ ma non è detto. Bisogna riflettere sui piccoli particolari del testo. E’ una lezione biblica ¸ se volete. “Venne all’improvviso dal cielo un fragore” poi traduce “quasi un vento che si abbatte impetuoso”. Quasi va bene¸ è un latinismo ma va bene. Luca non intende dire che è venuto il vento¸ dice che c’è stato un fragore come se si abbattesse un vento impetuoso. Il “come se” in latino si dice “qua si” come se¸ quasi. Il quasi italiano non rende l’intenzione dell’evangelista. Quindi va cancellato dalla fantasia che entrò il vento in casa¸ si sentí un rumore¸ e stranamente il testo dice che il rumore riempie tutta la casa. Quindi¸ notate che la parola tradotta con rumore¸ se venisse tradotta ancora più letteralmente¸ farebbe capire che cosa Luca vuol dire dicendo che il rumore riempie tutta la casa¸ perché la parola c’è anche in italiano¸ tale quale¸ identica “ecos”¸ è l’eco che rimbomba¸ si sentí come un rimbombo di eco che riempie la casa. Non è quindi un fenomeno di vento¸ è una voce. Luca voleva che il suo lettore immaginasse cosí la scena¸ non qualcosa che si sente come il vento¸ al massimo la cosa più prossima è il tuono¸ il tuono lontano che rimbomba ed il tuono evoca la voce di Dio¸ evoca il Sinai. In ebraico c’è una sola parola “qol” che significa voce e significa tuono e tutte le volte che loro dicono tuono¸ pensano a voce e quando dicono voce è la stessa parola che dice tuono. Dio tuona dal cielo¸ Dio parla. Allora l’idea è quella che viene una voce. “Apparvero loro lingue” qui è giusto “lingue come di fuoco”¸ non lingue di fuoco¸ sembravano fiammelle che si dividevano in modo che ogni lingua si posasse sulla testa di ciascuno. Questa è un’immagine non facile da capire¸ cosa vogliono dire queste lingue di fuoco? Devo dire che anche i commentatori esperti non sanno come spiegare con sicurezza questa immagine delle lingue di fuoco. Perché il fuoco? La maggioranza dice che Luca si ricorda la frase messa in bocca al Battista che¸ proprio perché incomprensibile¸ è sicuramente storica: “Vi battezzerà con Spirito Santo e fuoco”. Come si fa a battezzare con fuoco senza fare del male? Quella frase¸ proprio¸ ripeto¸ per la sua difficoltà non è la frase inventata¸ perché si inventano le frasi ad effetto¸ che si capiscono non quelle che suscitano nell’ascoltatore un punto interrogativo a cui non si sa rispondere. Luca ricorda questa frase ed allora inventa le fiammelle di fuoco nel giorno di Pentecoste. E qui possiamo solo fare congetture. La migliore fra le congetture¸ per capire il senso del fuoco¸ potrebbe essere questa: gli ebrei¸ come tutto nel mondo antico¸ quando facevano i loro sacrifici¸ gli animali¸ e ho già spiegato poche domeniche fa che la grande novità del cristianesimo è avere soppresso completamente tutto questo modo di presunto onore di Dio¸ però loro la vittima la bruciavano e¸ ovviamente¸ avevano bisogno di offrire sempre il grasso perché il grasso assicurava che si bruciasse tutto ed il fuoco trasformava in fumo l’animale offerto ed il fumo sale verso l’alto. Allora¸ detto astrattamente¸ con il nostro modo di parlare¸ il fuoco rappresentava l’adeguamento di un’offerta perché potesse essere degna di Dio¸ perché potesse essere simile a Dio¸ che lo si immaginava come colui che abita nel cielo¸ al di sopra delle nubi. Allora¸ per indicare l’offerta¸ l’adeguamento alla natura di Dio di quello che si offre. Allora¸ forse¸ questo tuono che rappresenta la voce di Dio¸ si presenta come qualcosa che rende i Dodici¸ o i presenti¸ capaci di contattare Dio. E’ il fuoco che le rende simili a Dio¸ sintonizzabili con Dio¸ diremmo oggi. E¸ allora¸ quello che Luca vuole che noi pensiamo è: “Ecco¸ adesso questi diventano più degli antichi profeti¸ portavoce di Dio nel mondo perché un frammento di divino si è posato sulle loro teste”. Non c’è più il bruciamento materiale¸ ma c’è questa idea: come il fuoco adegua l’offerta all’essere proprio di Dio rendendola eterea¸ cosí adesso l’essere etereo di Dio si impadronisce di queste persone e le rende capaci di parlare come prima non sapevano fare. Una voce divina che divinizza il linguaggio umano. Luca poteva benissimo copiare dall’A.T.¸ dai racconti di vocazione dei profeti cose simili¸ ma¸ mentre sto parlando¸ probabilmente a molti di voi viene in mente che il fuoco era già presente nella vocazione di Isaia. Lui dice: “Sono un pover’uomo dalle labbra sporche¸ cosa vuoi che parli di Dio?”. Allora¸ uno dei cherubini prende dall’altare dell’incenso un carbone ardente¸ tocca la bocca di Isaia e gli dice: “Ecco¸ sei purificato¸ puoi parlare”. Questo è il fuoco. Allora è la costituzione di queste persone come persone che¸ con la loro glottide umana¸ sapranno parlare in nome di Dio¸ lo Spirito Santo li rende predicatori. Cosa diranno? E qui c’è il fenomeno delle lingue¸ miracolo strepitoso o¸ forse¸ semplice rivestimento letterario alla maniera di “Alice nel paese delle meraviglie”. La Bibbia è in gran parte… cioè è l’autore di cui non ricordo il vero nome¸ perché Carrol è semplicemente uno pseudonimo¸ è l’autore di “Alice nel paese delle meraviglie”¸ che ha copiato tutto il metodo dalla Bibbia: creare un mondo alternativo che è quello che la Bibbia vuol fare. Allora¸ Luca vuol creare un mondo alternativo: questi sono predicatori che faranno arrivare fino ai confini della terra il messaggio di Dio e si faranno capire da tutti¸ parleranno lingue diverse. E¸ allora¸ immagina questa scena nella quale queste persone parlano e¸ senza saperlo¸ parlano la lingua nativa dei pellegrini presenti¸ che sono degli stranieri che probabilmente sono venuti ad abitare a Gerusalemme per devozione verso Dio ed il tempio¸ infatti il testo parla di giudei osservanti. Erano parti¸ elamiti¸ arabi i quali sono venuti a Gerusalemme¸ venendo a Gerusalemme hanno dovuto adattarsi a parlare greco o aramaico¸ come fanno adesso i nostri rumeni o altri immigrati¸ che si sforzano di parlare il nostro dialetto¸ il dialetto italiano mescolato insieme; però questi bravi signori¸ venuti a Gerusalemme¸ devoti¸ hanno nel cuore la loro lingua nativa ed il grande prodigio è questo: che sentono queste persone le quali parlano e loro lí sentono come se parlassero nella lingua del loro paese¸ nella propria lingua nativa. Questo particolare è molto interessante perché vuol dire dare a questi uomini una gioia inaspettata¸ come se trovassero un compaesano e potessero parlare non l’aramaico¸ che hanno dovuto imparare per la Palestina¸ che sarà una bella lingua ma non è quella che usavano in casa da bambini¸ quando trovano il connazionale si salutano nel loro dialetto. E capite che con questa invenzione strategica¸ Luca dice: “Se i cristiani sono dei veri¸ bravi predicatori¸ quando parlano ognuno li ascolterà e sarà come se sentisse la voce di sua mamma¸ la voce della nonna¸ la voce dei suoi compagni di infanzia¸ la voce dell’età più bella della sua vita¸ la lingua nativa¸ le prime parole”. E’ un atto di delicata gentilezza che è molto bello. Un verbo adoperato da Luca¸ che nella traduzione scompare anche questo¸ ci fa capire probabilmente che cosa dicevano questi invasati di Spirito Santo. Probabilmente proclamavano la lode di Dio¸ non è che facessero delle prediche o dei discorsi¸ forse dicevano: “Sia benedetto il Signore¸ sia lode a Dio¸ gloria”¸ la parola è… Qui diceva “Nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi”. Il verbo greco è un verbo non comunissimo¸ che è il verbo che si adopera per la solenne dichiarazione¸ non è esprimersi¸ è proclamare¸ è dire con sussiego. Tant’è vero che i biblisti hanno inventato il nome apoftegma¸ che esiste già in greco¸ per indicare quegli episodi evangelici che culminano con un detto del Signore che la piccola narrazione che lo circonda vuole sottolineare come se lo si scrivesse in maiuscolo: è la solenne proclamazione. Allora la scena Luca la pensa come verosimile cioè che queste persone sono lí ed uno grida: “Sia lodato il Signore¸ viva Maria!” e il parto¸ l’elamita lo sente come se lo dicesse nella sua lingua nativa. E’ l’inculturazione¸ l’adeguamento del messaggio a ciò che appartiene come base della formazione a tutti i popoli. Allora capite che è una scena pittoresca¸ direi¸ forse meno travolgente come miracolosità di quella che pensavamo¸ ma gustosa¸ significativa¸ elegante¸ simpatica. A me piace vedere che nella Bibbia c’è questa arte popolare di raccontare le cose con dei significati umilmente¸ modestamente sottintesi¸ che a quel tempo¸ forse¸ si capivano di primo acchito. Adesso noi¸ che siamo culturalmente lontani¸ abbiamo bisogno di un maestro¸ come umilmente cerco di fare io¸ che ci aiuta a capire questi particolari. Ecco¸ questa Pentecoste un po’ da fiera di paese¸ se volete¸ è bella¸ è umana¸ indica proprio quello che lo Spirito Santo vuole essere¸ e che abbiamo detto nella sequenza¸ spero di poterlo ripetere domenica prossima¸ il Consolatore: nella fatica riposo¸ nel calore freschezza¸ nel freddo calore. E’ quello che rende gradevole l’esistenza¸ che aiuta nelle piccole cose della vita. Ecco¸ la Pentecoste di Luca l’ho ridotta forse ad un piccolo aneddoto di paese¸ ma a me sinceramente piace più cosí di come l’ho vista rappresentare in altre descrizioni.