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Omelia VI PASQUA C del 9,Maggio 2010

La prima lettura¸ che comprende i primi due versetti del capitolo 15 degli Atti degli Apostoli¸ poi salta tutto fino al versetto 22¸ quindi salta 20 versetti il che non è un buon metodo di tagliare i testi biblici¸ sarebbe interessante perché racconta quella riunione che si tenne a Gerusalemme¸ nella parte saltata¸ per decidere se era giusto¸ come dicevano alcuni¸ quelli dei primi versetti¸ se era giusto imporre ai pagani di ricevere la circoncisione¸ obbligarli a circoncidersi¸ nel qual caso il cristianesimo sarebbe rimasta una corrente all’interno dell’antico ebraismo¸ oppure¸ se si poteva liberarli da questo obbligo¸ evitare che dovessero diventare parte del popolo ebraico ed ammetterli alla stessa salvezza che Dio prometteva agli ebrei senza diventare ebrei. La decisione finale fu questa e¸ per questo¸ questo capitolo 15 degli Atti sia esattamente il resoconto storico di quello che è avvenuto o sia una sintesi che mette insieme tante cose diverse¸ tuttavia¸ questo capitolo è prezioso perché è quello che giustifica il fatto che il cristianesimo non è una corrente all’interno dell’ebraismo ma è una religione a sé stante¸ debitrice all’ebraismo di tanti suoi contenuti e di molte sue tradizioni¸ ma non è un pezzo di ebraismo modificato da Cristo ma è una cosa nuova che¸ per natura sua¸ è universale¸ non discrimina¸ non distingue¸ non chiede di far parte di una cultura¸ di una civiltภdi un popolo e¸ soprattutto¸ rifiuta quel rito che era il rito di appartenenza al popolo ebraico. Il popolo di Dio è del tutto universale e non comprende al suo interno nessuna discriminazione di tipo etnico. Tutto questo è deciso¸ secondo il Libro degli Atti¸ in quella riunione che si tenne a Gerusalemme negli anni 36 – 40 e¸ quindi¸ sarebbe una lettura molto interessante da esaminare in dettaglio per approfondire questo tema che è sempre di attualità e lo è in particolar modo oggi¸ quando dobbiamo cercare di assestare bene che cosa rappresenta il cristianesimo nella storia dell’umanità occidentale. Non è una continuazione dell’ebraismo¸ anche se¸ ripeto¸ assume come proprio quasi tutto il patrimonio dell’antica tradizione ebraica ma lo adopera in maniera non dico opposta ma certamente molto differente da come esso continua ad essere usato dal filone ebraico con il quale si va d’accordo¸ non c’è motivo di litigare¸ soltanto si afferma la propria diversità. E questo ha sistemato la prima lettura. Per la seconda lettura è inutile che ripeta quello che ho detto domenica scorsa e due domeniche fa. Si continua a parlare della cittภquella che scende come se fosse una sposa¸ e di questo abbiamo parlato domenica scorsa¸ di questa città viene data una descrizione¸ anche qui salta una quantità di versetti¸ dal 14 al 21¸ per riprodurci quindi un riassunto di questa descrizione del tutto fantastica e ideale della città di Gerusalemme che sarebbe il mondo nuovo che Dio fa esistere su questa terra¸ non in Paradiso¸ dopo la fine della persecuzione. E troveremo¸ in questa seconda lettura¸ qualcosa che ci richiama il discorso del vangelo. E questa volta¸ quindi¸ ci occupiamo finalmente del testo evangelico che abbiamo trascurato nelle due domeniche precedenti. Anche nel testo evangelico¸ probabilmente questo è stato un errore dei primi tipografi che poi si è ripetuto e nessuno se n’è accorto¸ anche nel vangelo manca il versetto iniziale. Il versetto iniziale è che l’apostolo Giuda¸ non Iscariota¸ chiede a Gesù: “Come mai è avvenuto che tu ti sei manifestato a noi e non ti sei manifestato al mondo?” dopodiché si dice che Gesù risponde dicendo: “Se uno mi ama…” Quindi il discorso che adesso leggiamo nel vangelo è risposta alla domanda che l’evangelista mette in bocca ad un apostolo di nome Giuda il quale¸ però¸ pone una domanda che è probabilmente quella che si ponevano gli aderenti al gruppo giovanneo negli anni in cui il vangelo venne composto: 70 – 80 del primo secolo. Si collega a quello che dicevo all’inizio sulla prima lettura. Se Gesù è venuto per tutti gli uomini¸ abolendo la restrizione all’ebraismo che era invece nella tradizione secolare¸ se è venuto perché tutti venissero ammessi senza rituali discriminanti¸ come la circoncisione che lascia un segno fisico nel corpo¸ il battesimo non lascia nessun segno se non nella coscienza di chi lo riceve (qualche ebreo¸ infatti¸ volendo disebraicizzarsi doveva farsi fare un’operazione di chirurgia estetica che non funzionava mai bene¸ specialmente fatta a quei tempi) allora¸ se è universale¸ domanda Giuda¸ che però è uno che¸ secondo l’evangelista¸ anticipa una domanda che è quella degli anni 70 – 80¸ se è universale perché non si è manifestato a tutto il mondo¸ in maniera visibile da tutti? Perché il cristianesimo¸ se è universale¸ è nato in un gruppo di pochi¸ un piccolo gruppo di seguaci di Gesù? Perché? Onestamente bisogna riconoscere che la risposta che l’evangelista mette in bocca a Gesù non riusciamo a capire se risponda veramente alla domanda che era stata fatta. Sono i versetti che abbiamo letto¸ che di per sé sembra che si occupino di altre cose¸ non tanto delle domanda “Se è di tutti¸ perché passa attraverso pochi?”¸ perché¸ cioè¸ Gesù non ha creato delle strutture che rendessero immediatamente universalizzabile il suo messaggio¸ perché questa trafila? E’ una domanda interessante a cui neanche i teologi sanno ben rispondere. Tant’è vero che oggi che il numero dei praticanti cristiani diminuisce almeno nelle zone dell’Europa¸ alcuni si domandano se il cristianesimo deve sforzarsi sempre di essere religione di tutti o se forse deve accontentarsi o preferire di essere religione di alcuni. Vedendo che il numero diminuisce la strategia pastorale è oggetto di ricerca e di discussione. Cosa facciamo? Cerchiamo mezzi di propaganda che ci facciano conoscere da tutti¸ magari travisando la serietà profonda del messaggio¸ oppure scegliamo¸ come suggerimento divino¸ di curare con pazienza¸ perché crescano come veri testimoni¸ persone che credono veramente fino in fondo quei pochi che sentono la chiamata. Cosa siamo destinati ad essere noi nel mondo? Un’isola a cui gli altri possono fare riferimento ma non diventarne partecipi¸ come membra¸ oppure siamo destinati a cristianizzare il mondo intero? La città di Gerusalemme¸ quella dell’Apocalisse¸ è tutto il mondo o è un’isola nel mondo¸ un’isola nella quale si può incontrare Dio? Il cristianesimo si deve disporre sul pianeta a chiazze: un’abazia¸ una chiesa¸ un convento¸ un ritiro¸ come i parchi naturali dove si va a vedere cosa potrebbe essere la terra se non la rovinassimo? Oppure deve fare di tutto il mondo una grande Chiesa? Alla domanda di Giuda¸ che probabilmente sottintendeva il programma pastorale del gruppo che nasce attorno al quarto vangelo negli anni 70 – 80. Già loro probabilmente si domandavano: Diventeremo mondiali o rimarremo presenza capillare ma a macchia di leopardo nel mondo? Anche nel mondo metaforicamente della cultura¸ cioè ispireremo tutto oppure avremo delle zone nelle quali possiamo dare una puntina di interpretazione cristiana. Cosa risponde Gesù a questa domanda? Sembra di capire che secondo il quarto vangelo¸ il brano che abbiamo letto¸ Gesù risponde a Giuda: “Pochi ma buoni. A me interessa di più che uno mi ami¸ capisca¸ sia fedele¸ pratichi le parole perché a questo uno¸ dice il testo¸ noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. Questo noi è il Padre¸ Gesù ed un’altra misteriosa entità che viene chiamata il Paraclito¸ parola che può significare assistente¸ protettore¸ avvocato¸ compagno¸ consolatore¸ “Para” vuol dire presso¸ “Kaleo” vuol dire chiamare: chiamato presso. E’ Dio stesso che si fa colui che ci viene a trovare¸ pone la sua dimora presso coloro che credono. La risposta di Gesù¸ quindi¸ sembra essere che la strategia di Dio è quella di proporre¸ in maniera se volete sí¸ questo generalizzata¸ la possibilità di una relazione laddove nasce una simpatia¸ una attrattiva¸ allora dice: “Ci sarà il contatto personale con Dio”. E’ interessante questa immagine della dimora. “Verremo e faremo dimora presso di lui”. E’ l’immagine¸ che abbiamo già visto anche domenica scorsa e che c’è nella seconda lettura¸ è l’immagine della tenda. Vi ricordate che dicevamo domenica scorsa che la presenza di Dio viene paragonata a quella della tenda¸ è la presenza che c’era nel tempio. Quando Gesù dice a Giuda: “Se uno mi ama verremo e faremo dimora presso di lui” è come se dicesse: “Se uno mi ama diventerà quello che il tempio di Gerusalemme non è più perché Dio non abita nel tempio fatto di pietre¸ abita nelle case dove vivono gli uomini” e¸ a sua volta¸ casa può indicare la casa ma può anche essere metafora della persona¸ della coscienza¸ della mente¸ della ragione¸ del cuore¸ usate la parola che volete. Lí abita e se ci pensate questa è la stessa cosa che c’è in san Paolo¸ che c’è nella Prima Lettera di Pietro. “Noi siamo un tempio per modo di dire. Siamo come una costruzione fatta di pietre vive¸ siamo il luogo dove Cristo¸ Dio¸ il Paraclito si rendono presenti attraverso le attività della mente¸ conoscenza e amore. Se uno mi ama osserva la mia parola¸ il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui”. Allora capite che secondo questo modo di impostare le cose¸ il cristianesimo diventa soprattutto non la religione delle strutture¸ dei riti¸ ma diventa la religione dell’interiorità nella quale ciascuno è tempio¸ è guida. E’ lui che decide che cosa vuol dire stare con Dio. E’ interessante perché se ci pensate nel quarto vangelo c’è¸ per esempio¸ l’immagine del gregge ma non c’è l’immagine del pastore se non Gesù Cristo. E’ Gesù Cristo che guida il gregge: “Le mie pecore mi conoscono¸ conoscono la mia voce e mi seguono”. Il quarto vangelo non valorizza la funzione degli intermediari¸ quelli che poi diventeranno preti¸ papi¸ vescovi. Solo nel capitolo 21¸ aggiunto al vangelo¸ si aggiunge l’incarico a Pietro ma con quelle clausole di cui ho già parlato: “Mi ami tu” tre volte¸ “Pasci le mie pecorelle”¸ le mie pecorelle che non sono le pecorelle di Pietro. Solo lí c’è l’intermediazione gerarchica¸ per dire le parole di Sitchin. Giovanni pensa ad una Chiesa che¸ se volete¸ assomiglia molto al sogno del protestantesimo originario: ognuno per suo conto. Con l’aiuto del Paraclito legge la Bibbia¸ la capisce¸ incontra Cristo¸ lo tiene in mente¸ gli vuol bene¸ lo approva¸ migliora da solo¸ diventa sacerdote di sé stesso. Quello dei protestanti è stato un sogno¸ alla fine ci sono brave persone e delinquenti là come fra i cattolici¸ non è cambiato niente. Tuttavia questo sogno di Lutero¸ che era puramente un sogno¸ che tutti diventeranno sacerdoti¸ vescovi¸ papi di sé stesso è molto vicino al pensiero di Giovanni. D’altra parte¸ come dicevo¸ lo stesso quarto vangelo¸ come anche la prima lettura¸ riconosce che alla fine tutto questo può portare disordine¸ caos¸ ognuno fa quello che vuole¸ ognuno dice: “Io ho capito”¸ e si creano dibattiti¸ confusioni¸ liti ed allora riconosce: “C’è bisogno di un’autorità che vigili¸ coordini¸ che sia il custode della pace”. Ma la pace¸ qui nel brano di vangelo¸ è la pace che nasce dalla singola coscienza¸ che non è la pace come la dà il mondo: il mondo la dà controllando¸ la pace del mondo è quasi sempre armata o¸ in ogni caso¸ c’è il vigile. Gesù la dà in una maniera che è fiducia nella capacità della coscienza¸ è la grande illusione di Gesù. Però il cristianesimo¸ anche il cattolicesimo¸ nonostante la pesante strutturazione della sua gerarchia¸ deve mantenere quello che il protestantesimo¸ almeno come sogno¸ ha cercato di rivalorizzare¸ e in fondo anche gli orientali¸ che hanno della gerarchia un concetto non giuridico ma semplicemente rappresentativo - sacramentale. Non comandano molto i patriarchi orientali¸ celebrano non comandano. Il punto da mantenere è questo: l’individuo¸ la persona¸ il suo contatto con Dio¸ la sua originalità nel costruirsi un modello di vita che sia quello che secondo lui corrisponde a Gesù Cristo. Certo¸ umilmente¸ confrontandosi con altri¸ non imponendolo ad altri¸ se no non è più la pace¸ è la pace del mondo. Non è quindi il tentativo di prevaricare su altri per difendere la propria idea di cristianesimo¸ che è l’errore che poi fece Lutero¸ ma ricuperare questo senso che io e Dio siamo in contatto¸ lui si prende cura di me¸ io sono responsabile di lui. Questa religione interiore¸ che non è chiusura nel privato¸ però è privata¸ è personale¸ ognuno ha la sua e deve averla ed è bene che non ne parli troppo agli altri perché è la sua religione¸ da vivere con umiltà e con prudenza. Ma se non si fa questo¸ il cristianesimo diventa una struttura sociale di propaganda ideologica come ce ne sono tante altre¸ invece deve mantenere questa chiave di tipo interiore – personalista.