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Omelia PASQUA-RISURR.DEL SIGNORE del 4 Aprile 2010

Penserei di fermarmi¸ per la breve riflessione che dobbiamo fare¸ sulla frase che abbiamo letto nel vangelo: “Vide e credette”. E’ interessante questo racconto del quarto vangelo. All’inizio c’è la Maddalena la quale¸ anche lei¸ vede: “Vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.”¸ vede e da quello che ha visto trae una conclusione¸ direi tipica della psicologia femminile che è realistica¸ che non è propensa a vedere miracoli o misteri¸ ma è abituata alla realtà delle cose concrete della vita. Le donne sono sempre più concrete degli uomini e conclude: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto”. L’evangelista scrive però la frase dando ad essa la possibilità che il lettore la interpreti anche in un senso misterioso quello che forse la Maddalena non aveva pensato all’inizio¸ cioè non nomina il soggetto¸ non dice : “I ladri… “ ma “Hanno portato via” e poi “Non sappiamo” dando l’impressione al lettore che in fondo Maria si è fermata all’ipotesi prima¸ la più verosimile: non c’è più il corpo¸ qualcuno¸ per qualche ragione¸ l’ha sottratto¸ però nello stesso tempo¸ direi alle spalle di questo¸ in una parte più profonda della mente umana¸ rimane anche un’altra¸ per adesso¸ molto vaga possibilità: e se ci fosse sotto qualche mistero in più rispetto a questa ovvietà di un corpo trafugato? E cosí il quarto vangelo crea una piccola suspence¸ poi arrivano due discepoli e¸ anche qui¸ il racconto è fatto in maniera che¸ anche qui¸ il lettore¸ o intendiamoci¸ il quarto evangelista è uno scrittore abbastanza ingenuo¸ non è il grande scrittore capace di creare delle suspences che ti tengono col fiato sospeso mentre leggi¸ poverino¸ è un dilettante nell’arte dello scrivere¸ però¸ anche quando introduce i due discepoli¸ li mette uno a fianco all’altro¸ il più giovane corre prima di Pietro¸ arriva per primo¸ guarda ed ha una prima visuale molto approssimativa: “Vide i teli posati là ma non entrò”. E c’è una seconda visione e l’evangelista non dice che conclusioni abbia tratto il discepolo. Poi viene Pietro e Pietro entra nel sepolcro e mentre prima le cose erano viste dal di fuori¸ probabilmente da un’apertura abbastanza bassa¸ 80 cm.¸ 1 metro erano alte le aperture di questi sepolcri scavati nella grotta¸ alle prime luci del mattino¸ se il sepolcro poi era aperto verso est si poteva vedere qualcosa¸ Pietro entra ed entrato¸ si vede che la luce c’era¸ vede le cose in tutti i loro particolari. L’evangelista li descrive: i teli posati¸ non si capisce bene dalla parola che viene usata se si tratta di un grande lenzuolo¸ come la sindone o se si tratta di fasce e la cosa è incerta. Dal punto di vista del significato della parola greca sarebbe più corretto interpretare fasce¸ strisce¸ tenendo conto del costume ebraico di seppellire i morti¸ sarebbe più corretto pensare ad un grande lenzuolo¸ stretto e lungo¸ proprio come la sindone. E il sudario¸ che era invece un asciugafaccia più piccolo che si metteva attorno alla testa ed alla faccia¸ non era posato con gli altri teli ma era avvolto in un luogo a parte¸ o si potrebbe anche tradurre¸ era avvolto in un modo tutto suo. Era avvolto in modo particolare e non si dice quale è stata la reazione di Pietro¸ dice soltanto che ha osservato. Quando viene l’altro¸ il discepolo che Gesù amava¸ che tradizionalmente si identifica con l’evangelista ma gli studiosi moderni sono del parere che ha a che fare con l’autore del quarto vangelo ma che non è Giovanni ed è un anonimo discepolo¸ vide e credette. Sto allungando fin troppo forse la descrizione di come l’autore presenta gli avvenimenti ma il punto che ci interessa¸ e che vale per sempre¸ dal quale si può ricavare un’idea di cosa significhi credere in senso religioso¸ è proprio presente nell’accostamento fra questi due verbi. Che cosa vide? Non vide niente di chiaro¸ vide dei teli disposti in una maniera particolare. L’unica cosa che¸ a differenza della Maddalena potrebbe pensare¸ ma l’evangelista non lo dice è che se si fosse trattato di ladri non avrebbero perso tempo a sistemare con ordine alcuni teli distesi ed il sudario da una parte¸ avrebbero lasciato tutto in disordine. Può darsi¸ l’evangelista¸ comunque¸ non fa questa osservazione¸ però¸ mentre la Maddalena aveva pensato subito al furto¸ questi aspettano¸ riflettono¸ non traggono conclusioni subito. Pietro¸ forse¸ ha aspettato ancora delle ore prima di giungere ad una conclusione. Hanno visto¸ poi¸ probabilmente¸ hanno pensato ed hanno creduto. Vedete¸ questa¸ tradotta nel linguaggio della teologia o della catechesi è la nozione del segno. La fede non nasce dall’evidenza¸ non nasce dall’aver visto¸ nasce da alcuni indizi¸ da alcuni segni che vengono interpretati a seconda della cultura e della disposizione d’animo di chi guarda¸ della capacità di fare ipotesi di chi guarda: i ladri¸ gli angeli¸ Dio. Bisogna guardare con attenzione¸ osservare. Il testo traduce vide¸ il verbo greco può anche essere tradotto guardò. E’ diverso vedere da guardare¸ guardare implica attenzione¸ curiosità. Si potrebbe dire osservò¸ si potrebbe arrivare a dire contemplò. La fede nasce dall’osservazione prolungata e nasce in persone riflessive¸ meno sbrigative della Maddalena. La Maddalena arriverà alla fine per un’altra strada¸ meno sbrigative¸ che si fermano a pensare e che i segni possono portare in diverse direzioni. La fede nasce cosí¸ nasce da persone che hanno molta riverenza di quello che hanno davanti¸ nel caso nostro tutta la narrazione evangelica¸ tutta la tradizione della Chiesa. La guardano con attenzione¸ qualcosa affascina¸ qualche cosa disturba¸ qualcosa attrae¸ qualche cosa respinge. Se non c’è nel cuore questo interesse¸ questa simpatia¸ questa curiositภquesta voglia di capire¸ non succede niente. E da dove nasce questo desiderio? E’ difficile dirlo. Ci sono persone che costituzionalmente sono portate a questa attenzione alle cose. E’ una attenzione alle cose che io¸ scusate se continuo a ripeterlo¸ ritengo sia più facilmente presente nel ricercatore che si occupa di attività scientifiche che non in persone di altra indole¸ e chi guarda¸ chi osserva fa delle ipotesi. Nel caso nostro la fede nasce quando l’ipotesi che si preferisce è: “Qui c’è il dito di Dio¸ questo è un fatto che non si spiega solo umanamente”¸ e questo è il “Credette”. Credette vuol dire: si sceglie la supposizione più audace¸ quella che potrebbe spiegare tutto¸ e¸ attenti bene¸ la si crede non perché si hanno le prove ma la si crede per questa simpatia che si è creata. Forse faccio la figura di sciocco ma succede come in certi sceneggiati polizieschi¸ certi gialli: l’accusato dice all’avvocato difensore: “Non sono stato io¸ non l’ho ucciso io. Lei mi crede?”. L’avvocato tentenna¸ l’altro vuole un sí¸ alla fine¸ per misteriosi motivi¸ per il tono di voce¸ per la faccia¸ per il modo con cui lo dice¸ l’avvocato dice: “Sí¸ ti credo¸ adesso bisogna trovare le prove”. Questo è il passaggio della fede¸ non ci sono prima le prove¸ prima¸ c’è l’intuizione fiduciosa¸ il credito dato alla persona¸ poi si vanno a cercare le prove. E se le prove non si trovano¸ quello che alla fine ci ha creduto continua la sua difesa fino alla fine. La giuria condannerà perché vuole le prove¸ ma chi ha creduto¸ crede anche se le prove non ci sono¸ si accontenta di piccoli indizi. La fede è fatta cosí¸ è una sicurezza di tipo molto strano¸ sicurezza che nasce da questo desiderio che sia cosí. E’ avvalorata e sostenuta da conferme ma le conferme non sono mai l’evidenza. Questa è la fede. Questa fede¸ questo lo dico al di là del testo evangelico¸ nel senso che vado oltre quello che dice il testo¸ questa fede¸ ma lo dico perché penso che possa aiutare tutti noi a capire che cosa significa credere nell’ambito della religione¸ questa fede che è fede nei segni¸ nella possibilità che i segni creano¸ che va alla ricerca di prove ma che non si spegne anche se non le trova ed è una fede¸ quindi¸ continuamente combattuta¸ vitale¸ viva¸ questa fede¸ nella terminologia della Bibbia ebraica¸ alle volte viene espressa con un verbo che significa¸ parafrasando¸ sentirsi rassicurato¸ sentirsi più tranquillo¸ più forte¸ più sicuro: ho trovato finalmente un punto d’appoggio¸ è cosí e da quando ho pensato che è cosí io mi sento sicuro¸ mi sento saldamente protetto. La fede come qualcosa che ti sostiene nella vita. La radice ebraica che esprime questo è quella che ha lasciato traccia nella parola amen¸ amen è la parola della solidità. L’altra parola¸ che pure è presente nell’A.T.¸ è quella invece della fiducia¸ che in fondo descrivevo prima¸ quando parlavo dell’accusato e del suo avvocato. E’ quella che nel nostro Credo con un latinismo traduciamo con in mentre il vero equivalente italiano è “Credo a…” “Io credo a Dio¸ ho fiducia¸ mi fido”. Noi traduciamo “Credo in Dio” ma è una traduzione che va bene in latino¸ ma in italiano quando si dice “in” si intende dire l’oggetto che io ritengo vero. Non è questo il significato della “in” nel Credo¸ è quello che in italiano si dovrebbe tradurre con “Io credo a Dio Padre onnipotente” cioè mi fido di lui¸ ho fiducia e la fiducia mi rende sicuro. La fede produce questo senso di benessere spirituale. Ogni tanto viene l’inquietudine: “Non ho tutte le prove” però quando uno ha provato questo benessere spirituale di sentirsi rassicurato e di avere fiducia nell’altro¸ non rinuncia a questo benessere spirituale. Ed allora¸ la fede si stabilizza ed uno dice: “Nonostante tutto¸ io ci credo e basta”. Ed è questo senso di certezza: amen. “Io ho fiducia¸ credo a Dio¸ credo a Gesù Cristo¸ credo allo Spirito Santo”. Poi nel Credo vengono le cose più secondarie¸ quelle che sono appunto i contenuti di completamento¸ credo la Chiesa¸ credo il Battesimo... Ma queste sono conseguenze. La fede è questo: alcuni segni mi hanno portato a riflettere¸ in questo segno ho trovato un valore che mi affascina. Se fosse vero sarei felice. E quando uno accetta questo dice: “Per me è vero¸ cercherò le prove ma se anche non ci sono io mi trovo cosí bene in questa fede” ma bene in senso¸ capite¸ non come se fosse una droga che mi consola per un po’¸ “perché questa fede mi rende più sereno¸ più tranquillo¸ più lucido¸ più oggettivo¸ più pronto ad agire¸ mi dà fiducia nella vita”. Il risultato ultimo è: “Mi pare perfino di essere diventato più buono con gli altri”. E’ la fede che crea bontà. Le parole bibliche di questa catena sono: fede¸ speranza¸ carità. Se la Pasqua riuscisse a rinvigorire in ciascuno di voi questo itinerario¸ che ho cercato di riassumere¸ allora sarebbe veramente per tutti una grande gioia.