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Omelia IV DOM. T.O. C del 31 Gennaio 2010

Il vangelo è interessante e complicato¸ ma siccome capita come seconda lettura il celeberrimo “Inno alla carità” della Prima Lettera ai Corinti e¸ siccome¸ il tema della carità è essenziale per il cristianesimo¸ direi che devo approfittare della presenza di questa lettura per spiegarla e per cercare¸ quindi¸ di dire con la massima esattezza¸ di cui sono capace¸ che cosa intende Paolo quando parla del primato della carità. Intanto c’è una questione terminologica¸ alla quale ho già accennato altre volte¸ e della quale bisognerebbe tener conto¸ anche se capisco che in molte lingue la soluzione non è possibile. La parola greca che viene usata per indicare questa realtà è la parola agape¸ come tutti sanno¸ ed il sostantivo agape è praticamente usato in tutta la grecità. soltanto nella traduzione greca nell’A.T. e nel N.T. Il verbo agapan è usato di più (e dopo dirò qualcosa sul suo significato) ma il sostantivo è un sostantivo tipicamente ebraico – cristiano. In tutta la letteratura greca¸ compresi epigrafi e papiri¸ si trova soltanto due o tre volte: in un inno ad Iside trovato in Egitto e¸ forse¸ in altre due ricorrenze¸ per il resto il vocabolo è assente nella lingua greca¸ il sostantivo. Questo per dire che tradurre questa parola con la parola amore è una vera e propria scorrettezza linguistica. Qualunque insegnate di lingue straniere direbbe che se si trova in un testo¸ specialmente antico¸ una parola rara la si deve tradurre in italiano con una parola anch’essa rara. Non si può tradurre un vocabolo che capita due – tre volte soltanto in Shakespeare con una parola che noi usiamo continuamente. Se è un termine raro¸ deve avere un corrispondente raro nella lingua di arrivo¸ tradurre amore è privo di senso¸ non ha nessuna consistenza linguistica. D’altra parte bisogna onestamente riconoscere che¸ probabilmente¸ in molte lingue non è possibile trovare una parola che cerchi di dire il significato che questo termine ha nella letteratura ebraico – cristiana¸ o¸ meglio¸ ebraica no¸ greca¸ dell’A.T. tradotto in greco e cristiana nel N.T. Anche il significato di “pranzo comunitario dei cristiani” è soltanto cristiano¸ bisognerebbe trovare un termine leggermente meno abusato e meno comune del termine “amore”. Che cosa significa questa parola? Il verbo greco¸ ho già detto che il sostantivo non c’è¸ quando viene adoperato¸ che non è frequentissimo però è presente¸ significa aver cura¸ rispettare¸ proteggere¸ preferire e indica certamente qualcosa che assomiglia ad una decisione di prendersi cura di qualche cosa e dภquindi¸ un significato diverso da quello spontaneo delle due altre parole: l’eros e la filia che significano amare per passione¸ per desiderio o per amicizia. Tra l’altro il verbo agapan non viene quasi mai usato per le persone ma¸ per esempio¸ viene adoperato per dire “amare la virtù¸ il coraggio”¸ anche per dire “amare i propri beni”. E’ raramente usato per indicare “amare una persona”. Quindi anche il verbo nella lingua greca ha un uso settoriale molto particolare. I traduttori greci nell’A.T. l’hanno scelto per dire nella loro Bibbia alcuni termini ebraici. Nel N.T. è diventata la parola più frequente per indicare questa attitudine¸ che noi chiamiamo amore¸ perché non vogliamo usare il vocabolo caritภche è stata la scelta latina. Perché carità ormai da noi significa elemosina ed allora si dice la parola elemosina è restrittiva. Detto questo¸ come introduzione sul significato¸ esaminiamo il testo di Paolo. Paolo parla di questo perché i cristiani di Corinto sono tutti orgogliosi dei doni che¸ secondo loro¸ lo Spirito ha fatto e sono soprattutto entusiasti del dono delle lingue. In che cosa poi consistesse questo parlare in lingue è difficile per noi ricostruirlo. Paolo non ne è entusiasta¸ lo accetta¸ lo tollera¸ ma polemizza contro questa specie di orgoglio del saper parlare in lingue e¸ ad un certo punto¸ dice che vuole additare una via più giusta¸ più corretta e parla¸ appunto della carità: “Desiderate intensamente i carismi più grandi ed allora vi mostro la via più sublime”. E’ una variazione nella nuova traduzione ed è la via dell’agape¸ della caritภe la cosa interessante è che Paolo la presenta con una introduzione che¸ forse per accontentare i cristiani di Corinto che erano tutti entusiasti della loro abilità nel parlare lingue¸ la presenta come una dote di prestigio per la persona¸ cioè lui riconosce che i Corinti hanno il diritto di sentirsi grandi¸ importanti¸ capaci di diventare delle persone cristianamente mature¸ ammirevoli¸ quindi non la presenta come un dovere¸ come una specie di obbligo ma la presenta come una opportunitภcome una possibilità di crescere bene come persone. Infatti¸ anche verso la fine fa il paragone del bambino e dell’adulto: “Se voi curate la carità diventate persone mature”¸ a differenza della conoscenza di cui parla alla fine. Alla fine lui dice: “Il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà infatti noi conosciamo in modo imperfetto ed in modo imperfetto profetizziamo”. Questo è interessante. Anche il dono della profezia¸ anche questo non sappiamo bene in che cosa consistesse nella Chiesa antica¸ però certamente era un parlare in nome di Dio¸ ma tutto questo è imperfetto. “E quando alla fine verrà ciò che è perfetto¸ quello che è imperfetto scomparirà”. Poi fa l’esempio: “Quando ero bambino pensavo da bambino¸ ragionavo da bambino¸ quando sono diventato grande non faccio più il bambino” che è come dire che se uno cura soprattutto la conoscenza e la profezia rimane in gran parte bambino perché alla fine¸ quando tutto si svelerภle sue conoscenze¸ le sue profezie risulteranno essere imperfette. La carità rimane¸ la caritภdi per sé¸ non ha bisogno di cambiare. Questo è stranissimo perché tutto il resto si evolve con il crescere della vita e¸ ad un certo punto¸ risulta che “Quando sono arrivato alla meta¸ sorrido di quello di quello che credevo fosse il massimo quando ero più indietro¸ con la carità questo non succede”. Lo stesso è l’immagine dello specchio¸ che riguarda sempre la conoscenza. “Noi vediamo in modo confuso come in uno specchio” gli specchi di allora non erano come gli specchi di adesso. Adesso in certi specchi si vede meglio che ad occhio nudo ma a quel tempo l’argentatura dietro il vetro permetteva soltanto¸ come negli specchi di antiquariato¸ di vedere in modo confuso. “Adesso conosco in modo imperfetto”. Quindi l’area della conoscenza è destinata ad una maturazione e ad un cambiamento radicale quando incontreremo Dio. E’ molto strano. Si riflette raramente su questo fatto che la conoscenza è destinata ad essere trascesa da un livello di conoscenza superiore che si chiama la visione. La caritภl’agape sembra che invece¸ crescerà forse anche questa¸ ma si ha l’impressione che l’agape abbia già fin d’ora qualcosa di molto più vicino alla realtà permanente. Detto in altre parole¸ significa che la carità è più divina della conoscenza. E che cos’è la carità? Questa caritภdicevo¸ lui la suggerisce ai Corinti perché serve per la gloria dell’uomo. Cioè¸ quando uno ha la caritภPaolo non vorrebbe però potrebbe dire: “Son contento¸ ho finalmente quello che mi occorre¸ me ne glorio¸ me ne vanto¸ ho la carità”. Quindi anche questo è curioso. La caritภcome dicevo all’inizio¸ non viene presentata come un faticoso dovere da adempiere¸ come¸ alle volte¸ la immaginiamo noi: “Bisogna aver pazienza¸ bisogna voler bene”. No¸ lui la presenta come una ricchezza spirituale¸ uno star bene¸ un essere sé stessi pienamente compiuti¸ tant’è vero che i primi paragoni sono: “Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli e non avessi la carità sarei come uno strumento musicale che non funziona”. Qui la traduzione ha un po’ esagerato: “Bronzo che rimbomba¸ cimbalo che strepita”¸ ma sono molto intelligenti queste due parole perché le vecchie traduzioni dicevano soltanto che sono come un bronzo che risuona e come un cimbalo che tintinna¸ per forza il cimbalo tintinna¸ è il suo mestiere. Quello che Paolo vuol dire è o che sono strumenti di poco conto rispetto ad altri¸ come per esempio il flauto¸ la cetra¸ oppure che sono strumenti che sono difficili da usare perché se non si usano bene creano¸ appunto¸ rimbombo o strepito. Quindi vuol dire che se io non ho la carità e se anche ho tutte le conoscenze non sono una persona riuscita¸ non sono OK¸ non posso vantarmi. Poi¸ cosa ancora più curiosa¸ “Se avessi il dono della profezia¸ se conoscessi tutti i misteri¸ se avessi tutta la conoscenza¸ se avessi tanta fede da trasportare le montagne¸ se non ho la carità non sarei nulla”. Quindi¸ se padre Pio fa i miracoli e non ha la carità non è nulla. Queste sono parole che rasentano la bestemmia¸ se ci pensate. “Possedessi tanta fede da trasportare le montagne e non ho l’agape…”. Che cos’è questa carità? Alla fine¸ poi non ve lo saprò dire che cos’è¸ vi lascio con il punto interrogativo. La terza sarebbero le imprese. “Se dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto” le vecchie traduzioni dicevano “per essere bruciato” e qui c’è una questione testuale di molto interesse ma che non possiamo trattare qui. Ma questo per dire che la traduzione nuova¸ quando era necessario¸ ha fatto dei cambi interessanti. In ogni caso qui si tratterebbe del gesto spettacolare. Quindi la carità è qualcosa che serve per essere veramente al top¸ per essere il massimo che si può diventare. Allora bisogna cercarla con passione. Dopo di che c’è la piccola descrizione: l’elogio della carità che è un genere letterario frequente in tutta la letteratura filosofico – sapienziale del mondo antico cioè cercare tutti i pregi di una determinata virtù o attitudine. “E’ magnanima¸ benevole¸ non è invidiosa¸ non si vanta¸ non si gonfia d’orgoglio”. E’ difficile sapere dove fermarsi¸ direi che delle prime cose la parola chiave è forse “Non è invidiosa¸ non si vanta¸ non si gonfia d’orgoglio” è il millantatore¸ è il “Miles boriosus” di Plauto¸ è quello che si vanta in imprese che non ha fatto¸ e di nuovo torna questa idea: la carità sostituisce quel desiderio di bella figura che tutti noi abbiamo¸ far colpo. La carità non cerca di far colpo¸ la carità non cerca una gloria apparente¸ un compiacimento basato sulla finzione¸ sul trucco. Le ultime parole: il vantarsi¸ il gonfio d’orgoglio è proprio il millantare¸ cioè mettere in mostra quello che in realtà non si ha. Poi¸ in maniera più profonda¸ che tocca la realtà e non più l’apparenza: “Non cerca il proprio interesse¸ non si adira¸ non tiene conto del male ricevuto¸ non gode dell’ingiustizia. E poi¸ positivamente¸ le ultime parole “Tutto scusa¸ tutto crede¸ tutto spera¸ tutto sopporta” che farebbero capire che la forza della carità è la resistenza dell’ottimismo. So che non è un equivalente serio¸ ottimismo è sempre parola che desta sospetti perché dà l’impressione che sia una volontaristica illusione¸ però¸ a pensarci bene¸ è il coraggio di vedere il bene anche dove non appare: “Tutto scusa¸ tutto crede¸ tutto spera¸ tutto sopporta” cercando¸ lui non l’ha detto¸ di non essere ingenua. Voi capite che tutto questo non ci sta dentro nella parola amore e non c’è forse una parola sola che sia capace di dire tutto questo. E’ una specie di strutturazione della propria psiche¸ una specie di organizzazione del proprio atteggiamento nei confronti dell’autostima e del rapporto con gli altri. Questa è la carità: è un avere un culto ed un’attenzione a quello che veramente conta. Rallegrarsi della veritภc’è scritto anche questo¸ cioè strutturare sé stessi in modo di avere l’intuizione di quello che veramente vale¸ trascurare tutto il resto ed avere sicurezza¸ fiducia e procedere nella vita. Prima di tutto non è un modo di trattare gli altri¸ è un modo di trattare sé stessi. Anche questo è curioso¸ è vero che è magnanima¸ benevola¸ ma magnanima e benevola vuol dire che il mio cuore è grande¸ che la mia bontà è forte¸ che non basta l’apparenza. Non si adira vuol dire che non si lascia vincere dall’ira¸ che poi ti mette nel torto. Non tiene conto del male ricevuto¸ questa si chiama dignitภsuperiorità d’animo. Non gode dell’ingiustizia perché non cade in basso da sfruttare d’ingiustizia e il fatto di “Tutto crede¸ tutto spera¸ tutto sopporta” significa nobiltà d’animo. La carità è una forza dello Spirito che ti rende superiore alla stupiditภalla debolezza¸ all’inganno¸ all’imbroglio. Per questo ti rende capace di essere anche una forza che può prendersi cura degli altri¸ perché sei in grado di farlo. Ecco¸ questa carità come sostegno del proprio essere¸ come intelaiatura che ti rende forte nella vita¸ non mediante l’inganno¸ non col trucco¸ non con la finzione¸ con l’apparenza. Io vorrei sapere se¸ normalmente¸ quando si dice carità si pensa a tutto questo. Rileggetelo il testo. Io posso avere sbagliato¸ esagerato. Rileggetelo e ripensateci perché se la carità è quello che ho cercato di ricavare da questo testo¸ allora è tutt’altra cosa rispetto a quello che di solito se ne dice.