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Omelia I AVVENTO C NOTA FINALE del 29 Novembre 2009

Devo in parte ripetere quello che ho già detto due domeniche fa. La presenza¸ in molti testi del N.T. di questo tema della venuta finale del Signore ed il modo con cui questa venuta finale è descritto è in gran parte spiegabile con la situazione storica e culturale del tempo di Gesù e¸ se volete¸ dei primi anni della vita cristiana. Ma il pensiero cristiano che è venuto dopo la Bibbia¸ a poco a poco¸ aveva portato a compimento una interpretazione che riduceva la descrizione fisica di come sarebbe accaduta questa venuta del Signore. Aveva sempre più trasformato questa idea del Signore che viene sulle nubi del cielo come una pura immagine di qualcosa d’altro non come una descrizione anticipata di fenomeni che sarebbero dovuti accadere. Ci sono vicende differenti nel corso dei duemila anni di cristianesimo nell’interpretazione di questi passi ma sembra di capire che la tendenza dominante si è rivelata sempre più quella che considerava queste descrizioni come delle immagini¸ delle metafore¸ dei simboli che andavano in gran parte svuotati del loro significato letterale per assumere un significato il più possibile metaforico. Già due domeniche fa io avevo osato dire che probabilmente anche Gesù¸ quando aveva forse pronunciato questi discorsi sulla fine¸ lo aveva fatto con una buona dose di ironia e di sarcasmo nei confronti delle attese popolari in sconvolgimenti astronomici¸ tellurici¸ atmosferici e lo aveva fatto quasi costruendo una specie di parodia di questo esteriorismo fisico del modo di parlare degli ebrei del suo tempo. Forse¸ per delicatezza non aveva dichiarato false tutte queste affermazioni¸ le aveva riprese e¸ direi¸ che le aveva ricordate e riprese punteggiandole di osservazioni ironiche qua e lภin maniera di far capire¸ con molta delicatezza¸ che il problema era un altro¸ che queste erano soltanto immagini di qualcosa di più serio e di più vero che doveva essere pensato e detto in altro modo e cioè che la persona deve pensare alla sua santificazione ed al suo perfezionamento perché Dio è giudice della vita dell’uomo. Questo è il tema fondamentale. Ma la descrizione di come avvenga questo giudizio¸ chi sia il giudice in persona¸ questa specie di corredo di fenomeni esteriori come i terremoti¸ i cambiamenti delle stelle che cadono¸ le nubi del cielo¸ il Figlio dell’uomo sulle nubi dovevano essere considerati descrizioni adeguate al gusto ed alla sensibilità di quell’epoca a descrizioni che dovevano servire soltanto come simbolo. Da non oggettivare ma piuttosto che considerare come si considera il 95 % dell’Apocalisse dicendo che si tratta semplicemente di un’opera di fantasia che¸ attraverso queste molteplici descrizioni¸ vuol dare consistenza ad alcune verità profonde che devono però essere espresse in maniera più sobria¸ molto più concettosa piuttosto che descrittiva. Questo mi pare che sia l’orientamento con cui si devono accostare questi testi. Devo anche dire che¸ forse sbaglio¸ però che ritengo che l’operazione che venne fatta su questo punto¸ non su altri¸ quando venne tradotta in concreto la riforma del Vaticano II della liturgia¸ aver introdotto nella messa esplicite affermazioni espresse con le parole “Nell’attesa della sua venuta¸ in attesa che venga il nostro Salvatore Gesù Cristo”¸ tutte cose che non c’erano nella liturgia precedente¸ è stato un biblicismo archeologico cioè introdurre nella nostra liturgia le stesse frasi del testo biblico. Questa mania¸ tipica degli studiosi che si sono impegnati a preparare queste cose¸ vescovi e papi non si sono accorti dell’assurdità di questo modo di fare. Erano immagini che erano scomparse nella vecchia messa¸ uno dei pregi della vecchia messa è che non c’erano queste cose¸ perché la teologia del tempo aveva già fatto capire: “Ma questi sono modi di raffigurare¸ sono modi di parlare¸ la sostanza è un’altra”. Vennero reintrodotte e cosí il bravo cristiano di oggi sente dire “In attesa della sua venuta” e questo tema della venuta¸ che era qualcosa¸ ripeto¸ di veramente descrittivo di un alto valore¸ finisce per risultare inaccettabile alle nostre prospettive sul futuro. Io ritengo che non sia possibile immaginare che verrà un giorno… Ma com’è possibile i una terra è rotonda¸ che venga sulle nubi del cielo? Il Sud Africa aspetta di vederlo quattro giorni dopo? Fa il giro della terra sulle nubi del cielo? Allora¸ a questo punto¸ anche l’arcivescovo o il liturgista¸ dice: “Ma no¸ sciocchino¸ è un modo di dire!”. Se è un modo di dire¸ cambialo¸ mettine un altro che sia più adeguato alla sostanza ed alla realtà delle cose. All’interno dello stesso N.T.¸ io lo ribadisco e l’ho già detto¸ all’interno dello stesso N.T. c’è un tentativo di ridimensionare questo modo descrittivo di parlare della conclusione della storia. Nel quarto vangelo non esiste una parola che parli della venuta ultima del Signore. Parla¸ invece¸ il quarto vangelo¸ di una venuta adesso¸ quotidiana¸ che in questo momento sta accadendo. “Coloro che amano Cristo sono amati dal Padre¸ ed è come se il Padre¸ il Figlio e lo Spirito venissero ad abitare nei loro cuori e nelle loro coscienze”. Questa è la venuta di cui parla il quarto vangelo. Il quarto vangelo¸ di suo¸ ha delle altre oscuritภin certi aspetti sono più chiari e¸direi¸ sono più avanzati i sinottici e su questo punto l’atmosfera in cui è nato il quarto vangelo ha colto nel segno. Quello che l’ ebreo descriveva a livello esteriore¸ cosmico¸ tellurico¸ astronomico in realtà era solo un modo per segnalare l’importanza di un altro evento e l’evento è il contatto personale che Dio ha con le coscienze grazie alla visita che Gesù Cristo ha compiuto al nostro mondo¸ grazie all’incarnazione mediante la quale Gesù ha sperimentato nella sua vita divina cosa vuol dire essere uomini¸ le nostre debolezze e le nostre incertezze per cui¸ dopo aver fatto questa esperienza¸ ritorna ad esistere come Dio¸ ma ci visita con la consapevolezza di cosa vuol dire essere uomini. “Verremo a loro e faremo dimora presso di voi”. Questa è la parusia¸ questa è la venuta del Signore quindi abbiamo il coraggio di considerare pure immagini¸ per di più¸ secondo me¸ immagini devianti per la maggioranza di chi le sente¸ immagini che risultano oscure¸ inutili¸ controproducenti. Erano state soppresse dal linguaggio liturgico¸ nossignore¸ le hanno reintrodotte! Rifacciamo pulizia¸ almeno nella nostra mente. Lo so che la Scrittura parla cosí¸ ma la Scrittura ha mille modi di parlare e di esprimersi e va considerata nella sua interezza e¸ in questo caso¸ mi pare di capire che la posizione del quarto vangelo assorbe tutte queste immagini¸ le dematerializza e le trasforma nel grande messaggio degli ultimi discorsi del vangelo: “Verremo a lui¸ faremo dimora presso di lui¸ il Padre¸ il Figlio ed il Paraclito”. Dio che è l’altro consolatore che sta vicino alla nostra vita. Celebrare l’Avvento¸ allora¸ vuol dire non attendere una venuta futura su immaginarie nubi del cielo e neanche attendere un giudizio presentato in maniera¸ anche quello¸ arcaica come il severo padrone che castiga e premia con un antropoformismo che la Bibbia stessa ha tentato di superare ma che poi è rientrato dalla finestra¸ ma come il creatore che conosce le sue creature¸ le ama perché lui le ha fatte esistere¸ sia pure attraverso il lungo processo dell’evoluzione¸ affidando alla natura il compito di far emergere l’uomo. alla fine questo uomo che emerge¸ Dio¸ lo riconosce come opera sua ed ha mandato il suo Figlio perché gli andasse a raccontare nell’infinità di Dio totalmente diverso dalle creature¸ cosa significa essere dei poveri uomini che hanno fame¸ sete¸ che devono mangiare e dormire per tirare avanti. Quando ha conosciuto in Cristo che cosa vuol dire essere creature dichiara di averci fatto esistere perché ci ha voluti¸ ci stima¸ ci ama e viene a noi. E prende dimora presso di noi in un senso del tutto spirituale per cui¸ per parte nostra¸ credere nella venuta del Signore vuol soltanto dire credere¸ ed ho usato altre volte questa parola¸ in una compagnia accanto a noi di una persona che ci conosce veramente per quello che siamo: Gesù Cristo¸ il Gesù Cristo che è già venuto e che fisicamente non verrà mai più. Quando si dice: “Attendo la sua venuta” si intende soltanto dire¸ con il vecchio linguaggio trionfalista dell’Apocalisse¸ la vittoria¸ l’impero¸ il regno¸ la soggezione di tutto a lui. Con linguaggio più morbido che useremmo noi oggi 1510: la riuscita del suo progetto¸ il successo della sua opera di formazione e di salvezza dell’uomo¸ il suo superamento e¸ se volete¸ usiamo pure la sua vittoria su tutti i mali che ci affliggono¸ l’aiuto perché ci sia conoscenza¸ fraternitภgiustizia. Questa è la parusia¸ la vittoria sul male e il trionfo del bene e la si può esprimere¸ ripeto¸ con parole che indicano guerra o gara come vittoria¸ trionfo¸ successo¸ potenza¸ onore¸ gloria¸ premio che sono presenti continuamente in testi del N.T. che noi possiamo tradurre in parole un tantino più moderne ed educate come appunto successo¸ riuscita efficacia¸ efficienza¸ guarigione¸ maturazione¸ formazione. Questa è la parusia. E’ la continuazione nella storia e nella vita di ciascuno di noi¸ mediante la preghiera quotidiana¸ di quella venuta di Cristo che c’è stata nella storia¸ che è stata la venuta di Dio per andare a vedere come la natura aveva fatto saltar fuori quell’uomo che lui aveva progettato. Che cos’è diventato? Come vive? Come dice l’A.T. quando scende a vedere la Torre di Babele: “Voglio andare¸ voglio andare a vedere cosa stanno facendo”. Questa è la parusia di Gesù Cristo e noi accogliamo la parusia di Gesù Cristo quando¸ come dice san Luca¸ stiamo attenti a noi stessi¸ che i nostri cuori non si appesantiscano né in dissipazioni ma neanche in affanni della vita. E che Dio faccia in modo che la conclusione di tutto non ci piombi addosso come un ladro¸ allora sentire accanto a noi la presenza e la compagnia di Gesù Cristo. Per esempio qualunque decisione dobbiamo prendere nella vita¸ qualunque sogno coltiviamo¸ qualunque progetto stiamo elaborando¸ fermarci un momento e domandare: “Ma Gesù ha qualcosa da dire¸ sia pure in maniera molto indiretta¸ su questa mia idea¸ nelle sue parole¸ nei suoi fatti c’è qualcosa che può aiutarmi a capire che cosa sto desiderando e che cosa sto facendo? Lo desidero¸ lo faccio e lo programmo nell’atmosfera che lui ha creato¸ atmosfera spirituale¸ nel suo nome? Questo è credere nella venuta del Signore e attendere la sua venuta perché ci guidi e ci illumini nella vita presente. Approfitto del fatto che oggi ho finito stranamente presto per chiarire forse meglio quello che io intendevo dire. Noi dobbiamo continuare ad usare il verbo venire ed il sostantivo venuta tutte le volte che li incontriamo nelle preghiere della messa¸ nel N.T.¸ nel Credo perché siamo fedeli al linguaggio originario della Sacra Scrittura¸ però è nostro dovere interpretare con attenzione e con precisione il significato che deve assumere questo termine venire – venuta. Dobbiamo quindi andare oltre la materialità delle descrizioni bibliche e¸ mentre diciamo: “Attendiamo la venuta – Nell’attesa della sua venuta”¸ dietro le parole venire e venuta noi sottintendiamo significati del tipo : “Porti a compimento la sua opera di salvezza¸ realizzi veramente quello che desidera che noi diventiamo¸ raggiunga la meta¸ lo scopo ed il fine della sua venuta”. In altre parole¸ qualcosa di analogo a quello che diciamo nel Padre Nostro: “Sia fatta la tua volontà - Venga il tuo regno”. Questo è ciò che io volevo dire nella confusa predica che ho fatto.