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Omelia XXXII DOM. T.O. B del 8 Novembre 2009

Anche l’orazione che abbiamo detto all’inizio della messa accostava la figura della vedova che mette nel tesoro del tempio tutto il suo sostentamento e¸ in questa vedova la preghiera iniziale vedeva un simbolo¸ un’immagine di Gesù Cristo che offre tutta la sua vita a Dio per la salvezza del mondo¸ l’offerta di sé. Ed è un’interpretazione molto corretta della funzione che ha questo piccolo episodio della vedova nello schema del vangelo di Marco. L’episodio è ripreso anche da Luca¸ è ignorato da Matteo ma la sua posizione più caratteristica si trova in Marco. Ma questa idea ci permette di passare ad un altro testo della messa che abbiamo sempre trascurato da cinque¸ sei domeniche e cioè la Lettera agli Ebrei la quale parla in tutta la sua lunghezza proprio del sacrificio di Cristo che è entrato¸ come dice il brano “Non in un santuario fatto da mani d’uomo ma nel cielo stesso¸ per comparire al cospetto di Dio in nostro favore” ed ha offerto sé stesso. E’ molto diverso¸ dice l’autore di questo testo¸ da tutti i sommi sacerdoti¸ o anche i sacerdoti¸ che fanno parte dell’antico rituale ebraico e di ogni tipo di religione e la grande differenza¸ secondo l’autore di Ebrei¸ sta proprio nel fatto che tutto il sistema sacerdotale consiste in un rito nel quale la persona che è deputata a presiederlo ed a eseguirlo¸ offre alle divinità altre cose¸ offerte varie. E la più efficace di queste offerte viene considerato un animale ucciso¸ il quale poi viene trattato in vario modo per adattarlo¸ direi¸ al gradimento degli dei. Ed è una concezione che noi oggi diremmo¸ sia pure con un aggettivo se volete improprio¸ una concezione primitiva e barbara. La Lettera agli Ebrei è stata scritta proprio per dire: “Guardate che in un certo senso quello che Gesù ha fatto potrebbe assomigliare ai sacrifici che in tutte le religioni ci sono¸ con la differenza che¸ invece di offrire un animale¸ ha offerto sé stesso”. Ma questa scelta¸ che è appena in superficie direi¸ nel testo di Ebrei contiene la possibilità di un ulteriore equivoco¸ che poi perdura anche oggi¸ che da secoli disturba il cristianesimo. Lui ci ha salvati perché un animale non conta niente ma¸ se crepa un uomo¸ allora Dio perdona tutti¸ il che è una cosa cosí orrenda¸ assurda¸ cretina che ci si meraviglia che sia mai stata pensata. La teologia medievale¸ che ha tanti pregi san Tommaso compreso in questo punto¸ ebbe anche il difetto di continuare questo filone di pensiero¸ la ragione è semplicemente: loro venivano da un mondo in cui il sacrificio di animali per placare la divinità era universalmente diffuso e quindi non avevano¸ direi¸ per pigrizia mentale¸ per associazione di idee del tutto spontanea ed ovvia che¸ invece di sacrificare un torello e una capra¸ Gesù ha sacrificato sé stesso¸ è la vittima innocente sull’altare della croce. Idiozie¸ ma che dipendono dal fatto – scusate se a volte mi faccio prendere dall’entusiasmo e dalla foga – però la parola idiozie è giusta¸ sapete¸ perché è proprio una cosa incredibilmente assurda che è continuata ad esistere fino… Bé¸ ci sono sempre stati tentativi di andare fuori da questo schema però è stato all’inizio del secolo scorso¸ in cui la teologia ha incominciato a liberarsi da questo condizionamento mentale. Siccome si usava la stessa parola sacrificio¸ senza riflettere sull’uso improprio di questo termine¸ si cercava di applicare lo stesso modo di interpretare le cose delle religioni naturali¸ ebraismo compreso¸ al caso di Cristo. Cristo ci ha salvato perché ha pagato per tutti con la sua morte. Il N.T. testamento non dice mai questo¸ mai¸ in nessun passo. Purtroppo la Bibbia hanno sempre creduto di conoscerla e di leggerla ma non mai è stata capita nel suo vero significato. E’vero che la Lettera agli Ebrei adopera lo schema sacerdotale ma fa di tutto per differenziarsi dalla comune interpretazione sacerdotale. E quello che caratterizza questo testo è proprio questo tentativo di differenziazione che¸ viceversa¸ non è stato valorizzato e si è riappiattito tutto su una specie di estensione alla persona di Cristo del meccanismo logico del sacrificio di animali. Ma le cose non stanno cosí. Se ci pensate bene il N.T. ci dice che certamente Gesù è venuto per liberare l’uomo dal peccato che lo rovina ma questa è la grande idea di tutta la Scrittura e del N.T. in particolare. Il vero male dell’uomo è il peccato. Bisognerebbe decidere cosa si deve intendere per peccato¸ ma è chiaro che peccato significa disubbidienza a Dio¸ maltrattamento del creato e del prossimo¸ quello che è proibito da tutte le leggi morali di questo mondo. Poi si potrà discutere sui dettagli¸ ma tutti capiscono che cos’è il male morale che è il peccato. Cristo è venuto per farla finita con questa soggezione dell’uomo al peccato e lo ha fatto in diversi modi e il N.T. utilizza¸ per descrivere questi diversi modi¸ alcune voci¸ alcune parole¸ alcune categorie¸ si direbbe oggi¸ che hanno la loro radice nell’A.T. Per esempio¸ lo ha fatto come profeta. Il profeta denuncia il peccato¸ il profeta predica¸ il profeta mette il dito nella piaga¸ il profeta smaschera l’occultamento del male che¸ alle volte¸ le strutture di potere o la semplice distrazione umana o l’interesse personale ed egoistico cercano di occultare. Robe da denuncia. E Gesù ha denunciato: “Guai a voi!”. Quindi il primo modo è quello¸ direi¸ che non ha niente a che fare con il culto. Durante la sua vita terrena Gesù veniva chiamato profeta. E’ come profeta che Gesù ci libera dal peccato¸ ci libera dal peccato come messia. Cosa vuol dire come messia? Vuol dire re¸ ma è chiaro che è una metafora anche questa¸ come è metafora quella del profeta. Vale a dire ci aiuta cercando di instaurare modi di vivere differenti rispetto a quelli dominati dal peccato. Gesù ci ha salvato dal peccato quando ai discepoli che gli chiedevano di sedere uno a destra e uno a sinistra gli ha detto di no¸ quando ha detto che era venuto non per essere servito ma per servire¸ quando ha fatto il confronto con i capi delle nazioni che li dominano¸ che è anche un modo profetico di parlare. Quando ha guarito i malati¸ sia pure con poteri magici¸ perché in questo ha rivelato che la cura del debole è la grande opera da fare. Infine¸ bisogna prendere atto che Gesù è venuto nel mondo per liberarci dal peccato con tutta la sua esistenza¸ vivendo fin da quando è nato da sua madre¸ un amore per la giustizia¸ per la verità che è assolutamente totale per cui tutta la sua persona è stata dedicata a questo compito. E’ il giusto per eccellenza e questo è un tema che¸ per esempio¸ nella storia della Passione ricorre. Perfino Pilato lo ammette¸ secondo i racconti evangelici: “Io non trovo in lui nessuna colpa”. D’accordo¸ è una frase detta in un processo quindi non svela la verità profonda delle cose però chi legge il vangelo dice: “Ma di chi si potrebbe dire una parola di questo genere: non trovo in lui nessuna colpa¸ tutti hanno qualche piccolo scheletrino nell’armadio!”. Tutti¸ compresi i santi che qualche gaffes l’hanno fatta anche loro. Certo che la frase di Pilato è semplicemente una frase per bloccare un processo che ritiene ingiusto¸ ma l’evangelista la scrive dicendo: “Ha colto nel segno¸ questa è la verità”. Per questo Cristo ci ha salvati¸ perché è il giusto. Ma Cristo è morto ed è vero. Ecco¸ la Lettera agli Ebrei ci fa capire che il suo morire ha un’importanza particolare in questa sua dedizione alla sconfitta del peccato. Ed anche l’autore della Lettera agli Ebrei¸ ingenuamente¸ usa l’analogia con i vecchi sacrifici¸ un’analogia della quale non siamo obbligati a liberarci¸ ma possiamo farlo. Non è un’analogia che non si possa sostituire con un altro concetto più evoluto e il concetto più evoluto è una banalità: “Non c’è nessuno in questa vita che ami veramente il diritto e la giustizia che non debba soffrire”. E’ addirittura frequentissimo che chi dedica la sua vita alla difesa della giustizia e del diritto spesso venga lui stesso ingiustamente ucciso e perseguitato. Ci sono i fortunati come Gandhi che muoiono sul loro giaciglio e ci sono tanti altri che¸ invece¸ vengono soppressi. In Cristo c’è stata una soppressione particolarmente ingiusta¸ quando era ancora in età giovanile¸ quando aveva appena incominciato la sua missione¸ senza veri motivi¸ per cui è vero che la sua morte è fra quelle¸ non l’unica¸ ma fra quelle¸ che più di tutto mettono in scena il contrasto fra l’ingiustizia umana e l’innocenza indifesa. In questo senso io posso dire che la croce è il momento riassuntivo e culminante di quella dimostrazione della volontà di Dio di aiutarci a superare il peccato anche a costo di sacrificio e sofferenza che Gesù è venuto a portare nel mondo. Allora¸ se voglio dire le cose in breve¸ in maniera sintetica¸ posso dire: “E’ stata la croce il momento nel quale ha rivelato il suo vero intento: accettare perfino la morte perché amore¸ diritto e giustizia diventino più apprezzati¸ più amati¸ più seguiti¸ se possibile¸ dal maggior numero di uomini possibile. Questo sforzo si chiama il sacrificio di Cristo. La Lettera agli Ebrei è a metà strada¸ ripeto¸ tra l’utilizzo di formule analoghe a quelle dei rituali sacrificali. “E’ entrato nel cielo invece che nel santuario¸ ha portato con sé la sua carne ed il suo corpo invece di un animale a lui estraneo”¸ ma sono una serie di paralleli¸ di paragoni¸ di immagini che servono a mettere in luce¸ più che la somiglianza¸ la differenza. Infatti¸ molte volte¸ nei testi di queste domeniche¸ avete sentito: “Non come gli altri sacerdoti”¸ ma il vero sacrificio di Cristo – anche la parola sacrificio non è la più adatta a pensarci bene¸ la usiamo ancora nella terminologia classica greco – romana. Ciò che elimina la colpevolezza è il sacrificio. Ciò che elimina la colpevolezza è l’instaurazione dell’innocenza¸ è il pentimento¸ è la trasformazione della persona e in questo Cristo è sommamente sacerdote non tanto quando muore ma quando ci dona il suo spirito. Ed è per questo che il vangelo di Giovanni immagina che l’acqua ed il sangue¸ che escono come ultimo suo respiro donato agli uomini¸ rappresentano l’acqua che è lo Spirito di Dio¸ che passando attraverso la predicazione ed i sacramenti raggiunge tutto. Bisogna che ci rendiamo conto che quando diciamo: “Cristo ha dato la sua vita per noi¸ Cristo ci ha salvati con la sua morte”¸ in verità dovremmo dire: “Cristo ha dato tutta la sua vita per noi¸ a partire dalla nascita¸ all’interno di un contesto storico dove si valorizzava la predicazione profetica¸ l’esemplare ricerca della giustizia e del bene da parte del re¸ e in questo è messia¸ e anche qualcosa di più cioè procurarci un particolare dono divino che ci desse convinzione e forza nel liberarci noi per primi¸ e poi quelli che ci stanno intorno¸ da questa schiavitù del peccato. Allora come simbolo riassuntivo possiamo usare il crocifisso purché lo intendiamo in questo ampio contesto e non perché banalmente diciamo: “Invece di un animale bisognava ammazzare un uomo per riparare il peccato” e che è un ragionamento che neanche un pagano¸ forse¸ avrebbe fatto e che non è mai presente in questa forma nella Sacra Scrittura¸ non è presente in questa forma cosí grossolana¸ direi¸ neppure nella teologia medievale la quale¸ però¸ molte volte eccede in questa concretizzazione sacrificale del Cristo. Hanno già incominciato i primi quando¸ per colpa dell’Apocalisse¸ hanno parlato dell’agnello immolato¸ dell’agnello sgozzato. E’ una gaffe¸ è una debolezza della tradizione cristiana che ha origine in alcuni frammentini del N.T. ipervalorizzati da gente che era troppo legata a quel concetto: gli dei hanno bisogno di ricevere una adeguata riparazione. Era il loro modo di indicare come gli dei sono veramente sdegnati per la nostra ingiustizia¸ potrebbero castigarci. Ma tutto questo deve sciogliersi¸ questo attaccamento a questo schema interpretativo perché Gesù Cristo è venuto a dirci che Dio è il Padre disposto a perdonare¸ che non ha bisogno di risarcimenti. E’ stato faticosissimo. Il Medio Evo non è riuscito ad uscire da questa trappola della analogia con i sacrifici pagani. Perfino il Concilio di Trento¸ che pure fu un momento dove molte volte l’intelligenza dei partecipanti arrivò a delle buone conclusioni¸ non è riuscito a dare alla parola sacrificio una diversità di significato¸ quando la si vuole applicare a Gesù Cristo¸ distinguendo totalmente dalla stupidità della nozione di sacrificio delle antiche religioni. Noi dobbiamo liberarci da tutto questo¸ dobbiamo avere un coraggio¸ specie quelli che fanno catechismo¸ che insegnano nelle scuole o i genitori che cercano di parlare ai loro figli. E quando si vanno a vedere i mosaici con l’agnello sgozzato bisogna dire: “Ma si¸ sono belli ma non c’è soltanto il bizantinismo”. Sono degli errori teologici che hanno fatto delle belle scene. Sono delle gaffes catechistiche che per il fatto di essere a Ravenna¸ non per questo diventano vere. La cultura cristiana è piena di gaffes¸ come tutte le culture. Per fortuna la nostra cultura attuale¸ che è ipercritica¸ ma è giusto questo¸ che non produce quasi più niente di creativo ma analizza tutte le creazioni del passato¸ ha imparato ad interpretare giustamente e a rintracciare queste continue imprecisioni¸ sfasature che esistono in tutte le manifestazioni culturali¸ ed è capace di lavare¸ di tirar fuori le essenze positive. Lo fa in tutte le materie. Bisogna che impariamo a farlo anche noi teologi perché se continuiamo a ripetere le vecchie cose¸ le vecchie raffigurazioni¸ i vecchi quadri della Via Crucis (per fortuna ce ne hanno rubati due cosí ne abbiamo due in meno). E stiamo attenti anche quando difendiamo il crocifisso. Io sono convinto che Bruxelles non ha nessun diritto di ficcare il naso nelle nostre cose e sarebbe ora che la piantassero di sentirsi onnipotenti¸ ma stiamo attenti quando difendiamo il crocifisso¸ che non sappiamo che cosa significa il crocifisso. Non è come diceva il vecchio canone¸ ma adesso c’è una nuova traduzione in uso che io cerco di non usare¸ “La vittima immolata per la nostra redenzione”. Vedete che la vecchia terminologia greco – romana è rimasta perfino nel canone della messa? Bisogna cambiarle queste parole¸ è un’esistenza umana offerta al Creatore ed alle creature. Se immolata vuol dire questo allora va bene. Quando uno sente “immolata” pensa al coltello che sgozza¸ al sangue che scorre¸ alla macelleria. Liberiamo il crocifisso dai macellai.