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Omelia XXIX DOM. T.O. B del 18 Ottobre 2009

Questo è il terzo brano nel quale si annuncia in qualche modo la Passione del Signore e ripete la struttura che abbiamo visto già due altre volte¸ cioè i discepoli procedono separati da Gesù camminando sulla strada verso Gerusalemme¸ occupati nei loro pensieri e nelle loro speranze di salvezza. Gesù va invece per la sua strada per affrontare a Gerusalemme la Passione e la morte. Lo ha detto ai discepoli ma loro non hanno mai capito che cosa significasse tutto questo e quando il gruppo dei Dodici si è messo in contatto con Gesù ed hanno parlato insieme¸ non si sono mai capiti. Gesù ha ribadito la sua intenzione¸ loro hanno fatto finta di comprendere e la volta dopo si sono ritrovati a parlare delle stesse cose e cioè la ricchezza¸ la potenza¸ la gloria¸ la carriera¸ l’onore. In questo ultimo incontro¸ che è l’ultimo dialogo secondo lo schema narrativo di Marco tra Gesù ed i discepoli¸ dopo ci saranno ancora dei discorsi¸ le cose in parte si chiariscono¸ nel senso che Gesù è molto più attento a spiegare la ragione per cui sta andando a Gerusalemme e che cosa diventerà morendo a Gerusalemme e sembra di capire che anche i discepoli¸ almeno Giacomo e Giovanni certamente¸ ma anche gli altri¸ incominciano ad intuire qualche cosa di quello che Gesù vuol fare loro capire. Incominciamo quindi dal vedere come Gesù in questo vangelo presenta¸ alla fine di tutto¸ con molta chiarezza¸ sé stesso¸ il suo compito¸ che cosa è venuto a fare nel mondo. La cosa ci interessa perché anche noi abbiamo alle volte la necessità di rispondere alla domanda: come si potrebbe definire la persona di Gesù? Che cosa rappresenta nella storia¸ che cosa è stato¸ che cosa ha voluto essere? Probabilmente non ci si può accontentare di una risposta sola¸ però è anche vero che bisogna trovare una qualche categoria riassuntiva che possa dire chi è Gesù. Qui¸ alla fine del vangelo¸ si trova la famosa frase che è riprodotta anche da Matteo e Marco¸ che Marco per primo ha strutturato linguisticamente “Il Figlio dell’Uomo non è venuto per farsi servire ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. Ed è una descrizione¸ non è una definizione che colga l’essenza delle cose¸ è una descrizione di quello che Gesù è venuto a fare nel mondo. Siccome voi ascoltate da tempo le mie prediche¸ sapete già spiegare da soli quello che c’è alle spalle di questa frase¸ soprattutto il significato dell’espressione Figlio dell’Uomo. So che le cose bisogna continuare a ripeterle perché c’è una certa incapacità delle persone di imparare e quindi chiedo scusa se la ripeto. L’espressione Figlio dell’Uomo¸ nel modo ebraico di parlare del tempo è un’espressione di onore e di gloria¸ non è un’espressione di per sé che indichi umiltà o bassezza perché l’espressione “Figlio dell’Uomo” che¸ in ebraico¸ può benissimo significare un uomo qualunque¸ nella profezia di Daniele¸ cioè nel linguaggio religioso del tempo di Gesù – nel linguaggio profano significava semplicemente un uomo qualsiasi - ma nel linguaggio religioso aveva assunto il significato dal capitolo 12 di Daniele nel quale si paragonano tutti gli imperi della terra a delle bestie¸ leone … E quindi gli imperi Assiria¸ Egitto¸ probabilmente anche Roma¸ Grecia¸ nel senso di Alessandro Magno¸ vengono paragonati a dei mostri belluini¸ a delle bestie perché sono considerati imperi ingiusti¸ crudeli¸ oppressivi. Il popolo di Israele viene paragonato ad un figlio d’uomo¸ cioè ad un uomo. In quel contrasto è evidente il giudizio negativo che si dà su tutti gli imperi del tempo¸ paragonandoli a degli animali¸ il giudizio positivo che si dà ad Israele¸ ai santi dell’Altissimo¸ come li denomina il testo¸ i quali hanno invece figura umana¸ quasi a dire: “L’unico elemento di umanità si trova in Israele”. Figlio dell’Uomo diventa quindi¸ a partire da quel testo¸ nel linguaggio delle attese religiose¸ la figura del Salvatore che fa del popolo di Israele il popolo che opera con giustizia¸ che non domina con la violenza ma che stabilisce la giustizia e la pace con la sua saggezza. Non ha bisogno di forza perché è protetto da Dio ed è sapiente. Quindi la frase ha una connotazione di tipo politico¸ sia pure con questa esaltazione della potenza di Dio che è moderazione¸ pazienza¸ convincimento non mai forza e violenza. Gesù rifiuta anche questa dimensione¸ questo è il punto. E’ il Figlio dell’Uomo ma non è il governatore¸ il re¸ il politico¸ l’imperatore. Non ha senso quindi chiedere di partecipare alla sua gloria come visir o ministro alla destra e alla sinistra perché è venuto non per farsi servire ma per servire in prima persona e si specifica “E dare la propria vita in riscatto per molti”. La parola riscatto significa¸ in quelle culture¸ la somma¸ spesso simbolica¸ che si paga al padrone per liberare uno schiavo. Quindi Gesù è colui che¸ in un certo senso¸ si vende per liberare gli uomini che sono in schiavitù. Questa è la sua autodefinizione. Interessante è che in questa definizione il confronto rimane con la realtà politica degli imperi cioè tra le righe. Il paragone che Gesù adopera per parlare di sé stesso rimane quello del confronto con gli imperi perché lui dice: “I governanti delle nazioni dominano su di esse¸ i loro capi le opprimono; tra di voi¸ però¸ non sia cosí perché il Figlio dell’uomo non è venuto per comandare ma per servire”. A questo punto voi capite che qui si apre un interrogativo al quale talvolta non si pensa con sufficiente equilibrio. Se Gesù ha detto veramente queste parole ed ha costruito cosí il suo discorso confrontando la sua presenza nel mondo e quella dei suoi discepoli con quella dei capi delle nazioni. Certo ha detto che i suoi discepoli non dovranno essere come i capi delle nazioni¸ che le opprimono¸ dovranno anche loro farsi servi di tutti¸ ultimi di tutti. Però rimane il livello politico nel quale il paragone viene fatto. Si può dedurre da questo testo allora che i discepoli di Gesù devono rinunciare ad ogni ruolo politico o si deve dedurre¸ come è avvenuto di fatto storicamente¸ che i discepoli di Gesù devono assumere un ruolo politico a condizione¸ però¸ che non sia la brutta copia della politica diffusa sempre¸ dappertutto nella storia che si basa sulla forza¸ sul potere e sull’oppressione ma¸ al contrario¸ avere un compito a livello politico che si opponga al prevalere del potere e della forza inventando strutture nuove¸ inventando modalità nuove che siano servizio¸ che siano filantropia¸ beneficenza¸ carità. Il problema¸ se volete¸ teologico¸ giuridico che si può trarre da questa frase è questo della parte finale del vangelo perché altre volte Gesù adopera¸ per esempio¸ il paragone delle pecore e del gregge “Voi siete pastori”¸ adopera e può adoperare il paragone della famiglia¸ padre¸ figlio. Perché in questo detto cosí solenne¸ che conclude la sua vicenda storica – perché domenica prossima sarà vicino a Gerusalemme e poi Marco incomincia il racconto finale della preparazione alla Passione – perché confronta la situazione dei suoi discepoli con i capi delle nazioni? Avrebbe anche potuto chiarissimamente escludere questa tematica dicendo: “Voi non avere a che fare con la gloria¸ voi costituirete una libera società che assomiglia ad una famiglia”. No¸ li mette a confronto con i capi della nazioni. Poteva paragonarli a quella struttura¸ a quella realtà socio – religiosa¸ che tutti voi sapete che esisteva e ne conoscete anche alcune caratteristiche¸ che era la comunità degli Esseni¸ quella di cui resterebbero tracce archeologiche evidenti a Qumran. Gli esseni erano proprio degli ebrei che rifiutavano totalmente la dimensione politica¸ non si aspettavano un messia politico¸ non avevano nessuna intenzione di avere un ruolo d’impatto sociale. Volevano semplicemente avere la libertà di radunarsi insieme e vivere in una santità personale¸ nella intimità della loro coscienza ed essere testimoni della presenza di Dio nel nascondimento. Tant’è vero che pare che a Qumran si fossero andati a stabilire in una zona desertica costruendo con le loro mani delle abitazioni per vivere isolati¸ al di fuori del mondo. E’ una sorta di comunità di tipo eremitico. Perché Gesù non ha detto questo ai suoi discepoli? Molti storici pensano che lui stesso da giovane avesse frequentato questa comunità insieme al Battista perché alle volte il suo modo di presentare le cose sembra riflettere alcune delle espressioni¸ dei modi di parlare e di pensare che documenti scritti¸ trovati per esempio a Qumran¸ dimostrano che era il modo di parlare degli Esseni¸ quindi li conosceva. Perché ha fatto il confronto con i capi della nazioni senza dire ai suoi discepoli: “Ma non fatemi neanche domande di questo genere¸ voi non avete niente a che fare con il livello operativo di dimensione politica”. Perché invece fa questo confronto? Ecco¸ a questo dobbiamo pensare anche oggi perché il problema se la Chiesa debba configurarsi nella storia come una comunità di santificazione personale¸ una comunità che rimane il più possibile chiusa nel privato¸ intendo dire nel diritto privato cioè senza pretendere visibilità pubblica di nessun genere¸ perché deve essere una comunità di individui credenti. E’ la tesi che oggi viene sostenuta dai laici¸ le religioni devono essere problemi di coscienza e non devono avere mai nessun influsso sulla legislazione e sull’ordinamento civile che spetta soltanto allo stato democratico. E’ meglio che non pronuncino neanche giudizi o valutazioni su certe scelte che lo stato democratico fa. Sono semplicemente libere associazioni di personali scelte da tenere il più nascoste possibili. Non vadano in giro con lo chador¸ non proibiscano agli ebrei di girare con la kippah sulla testa perché gli ebrei sono diventati intoccabili. Tra poco lo proibiranno anche alle suore di mettere il velo¸ ma loro¸ che sono più furbi¸ hanno già incominciato a toglierselo per loro conto. Scherzo¸ però il problema è questo. Se ci si dovesse rendere conto che risale veramente a Gesù questo modo di collegare la sua comunità con il livello della politica¸ attenti bene¸ cercando di non copiare nulla di come fanno la politica gli stati ma cercando di interagire allo stesso livello con proposte alternative¸ se questo fosse il compito¸ allora bisognerebbe riconoscere al popolo cristiano il dovere di una interferenza con la politica a costo di subirne delle restrizioni¸ dei danni¸ dei conflitti. Questo è un problema estremamente attuale anche in Italia¸ soprattutto forse in Italia¸ si continua a protestare da parte di molti per l’invadenza della Chiesa¸ la quale pretenderebbe di agire come una lobby per ottenere risultati a livello di legislazioni¸ di comportamento pubblico. La Chiesa stia al suo posto. Lo Stato ha diritto di dire questo cioè di reprimere la libera manifestazione di pensieri. Il problema è dalla parte del cristiano. Il cristiano deve sottomettersi a questa volontà dicendo: “Sí¸ e vero¸ ce l’ha detto anche Gesù: state in casa vostra¸ occupatevi della vostra santitภal massimo all’interno della vostra famiglia chiedete il diritto di praticare le vostra cose ma quel che succede in pubblico non vi interessa. Voi siete dei nascosti”. E’ questo che ci ha detto Gesù? Perché¸ allora¸ quando ha detto: “Io sono venuto nel mondo non per essere il Figlio dell’Uomo che comanda ma per essere il Figlio dell’Uomo che trasforma la società in un’altra maniera¸ facendosi servo¸ certamente¸ ma tuttavia che vuole che si sia visibili a livello politico¸ in maniera che il vostro modo di comportarvi e di cercare di strutturare la societภquando è necessario¸ riveli anche di essere in contrasto con lo strapotere dei politici¸ strapotere che esiste anche a livello democratico perché se c’è qualcosa di razionalmente ingiusto è che la differenza di un voto di maggioranza su milioni di votanti provochi il diritto di governare. Questo¸ a pensarci bene¸ dal punto di vista logico è un’assurdità legata intrinsecamente ai sistemi democratici. Non c’è niente di meglio quindi la si accetta¸ però il cristiano ha diritto di proporre alternative. Quello che la Chiesa oggi sta facendo¸ cercando di agire in prima persona nell’area della caritภnella cura dei bisognosi¸ dell’attenzione allo straniero – anche se io personalmente non condivido fino in fondo la politica della Chiesa sull’accoglienza degli stranieri¸ però devo ammettere che è un suo diritto e dovere e che è testimonianza del vangelo. Lo stesso può essere ciò che la Chiesa tenta di fare sulla questione famiglia perché certe liberalizzazioni volute dalle lobby politiche dominanti per molti cittadini appaiono come violenze fatte contro la tradizionale visione delle cose che essi ritengono debba mantenere ancora una visibilità giuridica. Ho usato parole complicate ma tutti hanno capito che cosa volevo dire. La Chiesa ha diritto di parlare¸ ha diritto di protestare. Attenti bene¸ il grave pericolo è che la Chiesa continua ad essere scambiata¸ specialmente in Italia¸ con la gerarchia e¸ poiché i laici cristiani non aprono bocca¸ devono parlare i vescovi. Questo è il grande guaio: i vescovi parlano perché tutti gli altri cristiani si limitano ad ascoltare e non aprono mai bocca¸ o quasi mai¸ mentre toccherebbe a loro questo compito di intervento critico sulla società. Detto proprio con queste parole¸ con cui concludo¸ se¸ facendo il paragone con i capi della nazioni¸ Gesù voleva dire che i suoi discepoli non avrebbero dovuto cercare di conquistare il potere¸ questo no¸ anzi farsi servi¸ ma¸ da servitori¸ partendo dal basso¸ esercitare continuamente una revisione critica di quello che la politica fa¸ se questo è ciò che Gesù voleva¸ allora¸ soprattutto i laici¸ dovrebbero impegnarsi in questo compito: valutare¸ studiare¸ riflettere. E quando trovano qualcosa che secondo la loro coscienza è contrario a ciò che Cristo ci suggerisce nella vita¸ cercare di opporsi a che questo diventi legge o costume da tutti accettato e condiviso. Forse ho sbagliato ma mi pare che questo si possa dedurre dalle ultime frasi del vangelo.