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Omelia XXVII DOM. T.O. B del 4 Ottobre 2009

Anche tralasciando la prima lettura¸ che meriterebbe di essere commentata¸ rimangono tre punti che meriterebbero di essere commentati: la seconda lettura¸ la questione del divorzio e la questione dei bambini perché sono tre temi diversi l’uno dall’altro concentrati tutti in questa domenica. La seconda lettura mi sta a cuore perché conferma quello che io ho cercato di dire nelle ultime tre domeniche. La traduzione ha peggiorato il testo precedente¸ vi dirò poi il perché¸ ha confermato¸ dicevo¸ quello che io ho continuato a ripetere per tre domeniche cioè il fatto che il vangelo¸ specialmente il vangelo di Marco¸ ci presenta Gesù il quale va a Gerusalemme senza nessuna vera compagnia¸ perché il gruppo dei discepoli sta per suo conto e pensa a cose che non hanno niente a che fare¸ secondo Gesù¸ con la sua missione¸ potere¸ gloria¸ primati¸ per cui lui resta praticamente solo con sé stesso a patire quello che gli accadrà e quello che gli accadrภl’abbiamo sentito¸ è detto con varie espressioni. La più significativa ci è sembrata quella di domenica scorsa “sarà consegnato agli uomini” cioè Gesù vive il dramma di colui il quale sta per perdere la propria autosufficienza¸ il controllo di sé stesso e dovrà subire quello che gli uomini faranno di lui che è il sentimento¸ l’attitudine che prepara¸ che assomiglia¸ che è analoga a quella dell’uomo quando muore. Il morire non è altro¸ alla fin fine¸ che perdere il dominio di sé ed essere travolti dalla morte¸ senza poter far nulla per reagire. E io dicevo che questo è l’elemento più audace¸ e per molti incredibile della religione cristiana: attribuire a Gesù¸ che è l’uomo più divino che esista¸ cioè più unito a Dio che si possa immaginare¸ tanto che lo chiamiamo addirittura Dio¸ dire che Gesù¸ per il nostro bene¸ “A vantaggio di tutti” come dice il testo di Ebrei¸ lui che ha come sua natura propria la immortalitภha voluto provare che cosa significa morire. Questo è¸ l’ho ripetuto e lo ripeto ancora¸ questo è il proprium del cristianesimo. Il cristianesimo è questo o non è niente. Cioè è questa affermazione che Dio da solo¸ nella persona di Gesù¸ ha voluto sentire che cosa significa morire ed avviarsi verso la morte per capire che è quello che proviamo noi e per essere veramente¸ come dice il testo¸ fratello nel senso proprio del termine. Ora¸ il testo della Lettera agli Ebrei¸ questo concetto che ho cercato di esprimere¸ che Marco ci comunica in maniera narrativa¸ il testo della Lettera agli Ebrei¸ nei primi versetti che abbiamo letto¸ lo dice in una frase che è sempre stata¸ fin dagli inizi¸ sottolineata dai commentatori “Per grazia di Dio provasse la morte a vantaggio di tutti”. E’ quel “Provasse la morte” che è stato reso banale dalla traduzione perché¸ tra l’altro¸ se fossero veramente dei filologi quelli che si occupano di queste traduzioni ¸ o almeno consultassero il vocabolario che uno studente di liceo adopera¸ avrebbero osservato che il verbo greco è il verbo gustare assaggiare¸ è il verbo del mangiare ed è un verbo che ha la stessa radice in sanscrito¸ in greco¸ in latino¸ in italiano: guein in greco¸ gustare in latino¸ gustare in italiano. E il vecchio latino¸ perché ne sapevano più allora di adesso “Gratia Dei gustaret mortem”¸ assaporasse la morte. La vecchia traduzione diceva sperimentare¸ calando di tono¸ questa è calata in basso: “Provasse”. E’ assaporare la morte¸ capire cosa vuol dire morire con luciditภcon gli occhi aperti¸ senza morfina che¸ per carità è un dono di Dio¸ quindi usiamola più che possiamo. La morte lui l’ha provata per la strada¸ mentre andava a Gerusalemme¸ nell’Orto degli Ulivi¸ poi sulla croce ha perso i sensi. La morte la si prova prima¸ quando la si teme¸ quando la si aspetta¸ quando la si vede negli altri. Quel “Gustare la morte” è stato banalizzato¸ per di più mettendo l’ordine delle parole in maniera tale che fosse: “Provasse la morte a vantaggio di tutti” col “tutti” che prevale. Gratia Dei gustaret mortem. Tenetevi il latino¸ che è il greco¸ che è il sanscrito¸ che è l’uso nella Sacra Scrittura di un verbo che significa assaporare il cibo applicato alla morte. In greco lo si usa per dire assaporare la dolcezza della vita¸ la dolcezza della sapienza. Penso che non lo si usi mai per dire: “Assaporare la tragedia della morte”. Ora capite che questi vertici di sensibilità linguistica che ci sono nel N.T. vanno valorizzati in una traduzione¸ non appiattiti come qui è accaduto. A me¸ io sono appassionato al problema delle traduzioni quindi mi perdo in queste inezie¸ ma il concetto che volevo esprimere è la conferma¸ nel testo di Ebrei¸ di quella visione di Cristo che ho cercato di presentarvi nelle domeniche passate e che¸ secondo me¸ è uno dei motivi fondamentali per cui uno crede in Cristo e lo ama. Perché in lui vedo Dio che¸ per capire cosa vuol dire morire¸ com’è gravoso per noi vivere per la morte¸ ha preso l’umanità in Cristo per farci capire che comprende la nostra situazione. Questo è l’amore di Dio nei nostri confronti. Sa cosa vuol dire¸ se sa cosa vuol dire questo¸ sa cosa vuol dire anche tutto il resto. E questo è il secondo tema che mi premeva di dirvi. La questione del divorzio è talmente complessa che posso soltanto accennare alcuni punti. Certo che voi capite che dopo aver detto quel che ho detto su Gesù e la morte mi domando come questo Gesù¸ che sta assaporando la morte¸ possa essere cosí freddo nel rispondere alla domanda sul ripudio. Cosí¸ in fondo¸ legalista¸ sia pure in maniera diversa dai farisei: “In principio sta scritto¸ quindi è cosí e non si discute!”. C’è un contrasto in tutto questo¸ è un contrasto che¸ anche questo se avessimo tempo potremmo dialogarne insieme e cercare di capire da che cosa dipende¸ non mostra¸ cioè¸ nessuna capacitภstranamente¸ di comprendere il fatto che la crisi della vita di famiglia è sempre stata presente¸ che la fatica di stare insieme nella casa è conosciuta da tutti. Spesso i comici¸ pensate ad Aristofane¸ se ne servono nelle loro commedie¸ ci ridono sopra perché sanno che è una tristezza che può colpire tutti in maniera inaspettata¸ da cui c’è qualcosa di vischioso nel non andare d’accordo nelle famiglie. L’A.T. è pieno di tentativi¸ mediante la legge¸ di sistemare le cose. Solo Gesù è perentorio¸ freddo¸ duro. E’ un modo strano di presentare le cose. Io lo so che vi metto in difficoltà quando faccio queste osservazioni¸ però è un dato di fatto¸ bisognerebbe avere tempo per ragionare con calma su queste cose. Direi che la tendenza legalistica della Chiesa¸ che è l’unico atteggiamento che la Chiesa cattolica usa in questo campo¸ deriva proprio dalla durezza di questo testo. Quando la Chiesa dice “No¸ non si può¸ il divorzio no!” non fa niente di suo¸ non è una idea della Chiesa¸ viene dal vangelo questa durezza ed il mio compito sarebbe di dire: “Perché¸ come mai questo rigore in colui che¸ avendo assaporato la morte¸ dovrebbe essere più indulgente nei confronti dell’uomo. Il tentativo di risposta che potrei sviluppare¸ di cui posso dirvi soltanto l’indice è questo: perché nel piano di Dio l’unione uomo – donna nel matrimonio è destinata a diventare un segno¸ uno stimolo perché gli uomini capiscano come la dedizione¸ la fedeltภil sacrificio¸ la rinuncia¸ anche al soddisfacimento del proprio desiderio di felicitภcome tutte queste cose siano indispensabili per un cammino dell’umanità verso Dio. L’ho detto male¸ forse non sono stato chiaro. Quando si dice nella Lettera agli Efesini che Gesù ha amato la Chiesa come se fosse la sua sposa¸ la Chiesa che è l’insieme degli uomini peccatori¸ allo scopo di renderla con calma¸ con pazienza santa¸ senza macchia¸ degna di essere amata¸ quando cioè si presenta nel N.T. la fatica di Cristo che affronta la morte a vantaggio di tutti con l’immagine del matrimonio¸ si introduce una idea nuova¸ che non c’era¸ se non a barlumi nell’A.T¸ che non so se si sia affacciata in altre culture¸ cioè: “Se avrete il coraggio di fare sacrifici perché il vostri matrimonio¸ anche se sta andando a rotoli¸ venga continuamente ricuperato¸ salvato¸ guarito¸ ritoccato¸ non dividetelo¸ fate di tutto per tenerlo unito¸ diventa il simbolo¸ il segno¸ lo stimolo a che la fraternitภla caritภl’amore¸ la pazienza¸ la sopportazione si estendono in tutti i campi della vita¸ cioè¸ perché veramente si viva da fratelli che si amano. Il matrimonio diventa il segno simbolico che se non c’è sacrificio non c’è veramente pace¸ che non c’è mutua comprensione¸ che non c’è unità in nessun campo¸ se essa non si riesce a costruirla nel punto dove l’amore dovrebbe sempre regnare a tutti i costi¸ che è la vita della coppia sposata. Allora tutto meno che la separazione per dire che la cosa che in ogni campo è la più importante è stare insieme¸ stare insieme a tutti i costi¸ sopportare la fatica dello stare insieme diventa per lui e lei¸ che si sforzano di stare insieme nonostante tutto¸ diventa il segno di questa vocazione universale a superare ogni dissidio¸ a superare ogni difficoltà perché si crei unione perché il regno di Dio è tutti uniti nell’unico corpo che è Cristo¸ allora il matrimonio diventa… Allora¸ capite¸ non è una legge di natura¸ è un vangelo cioè è una proposta di miglioramento del mondo¸ una proposta di cammino verso il futuro la fedeltà coniugale. Per questo i cristiani sono chiamati a non tradirla mai. Per gli altri¸ con tutti si può sempre essere indulgenti¸ il diritto dovrebbe poter essere indulgente. La cultura¸ il simbolo¸ l’interiore volontà deve essere invece fermamente decisa e rigorosa. Ogni matrimonio che si scioglie è un segno negativo perché mette in dubbio la possibilità degli uomini di stare insieme tutti nella pace. Ogni matrimonio che resiste nel tempo a costo di sacrifici è un segno che laddove si vuole l’unitภla si può ricostruire. Una società che vuole accogliere l’ospite straniero ma scioglie matrimoni è una società schizofrenica che vede la necessità dell’unità in un settore¸ e per fortuna¸ è bene che lo veda¸ ma non è capace di sostenere il simbolo creatore che permette di riuscire in tutti gli altri settori. Ecco perché alla luce dell’insieme del N.T. il rigore¸ direi¸ gelido di Gesù nel dire no acquista un significato che altri testi nel N.T. ci fanno capire: “Non ha voluto spiegarlo lui¸ ha lasciato che lo capissero altri cristiani¸ autori di altri testi¸ ma questa era la sua idea”. Al principio non fu cosí perché al principio questo fu creato come il propulsore dell’unità universale e se voi mi rovinate l’elemento propulsore mi rovinate tutto. Rovinare il matrimonio significa togliere un segno¸ non è meccanica evidentemente la conseguenza¸ però togliere un segno che è destinato a salvaguardare e promuovere l’unità di tutti. Il terzo tema era quello dei bambini ma¸ per fortuna vostra¸ non c’è più tempo.